Le scelte stilistiche
Il succedersi continuo dei motivi presenti nella poesia trova riscontro, a livello espressivo, nell’alternarsi dei registri stilistici, che conferiscono di volta in volta un tono ora elegiaco, ora dimesso e familiare, ora satirico. Vale la pena di segnalare qualche esempio, nella parte iniziale del dialogo tra i cipressi e il poeta. Già al principio del discorso dei primi, dal v. 5 al v. 16, a fianco di espressioni liriche e sentimentali (Fresca è la
sera e a te noto il cammino, v. 8; Nidi portiamo ancor di rusignoli, v. 13; Le passere la sera
intreccian voli, v. 15), compaiono forme più colorite e prosaiche, non prive di umorismo (come quando si fa cenno alle sassate giovanili, vv. 11-12), e domande ed esclamazioni di timbro realistico e quotidiano (deh perché fuggi rapido così?, v. 14; Oh resta
qui, v. 16). La risposta del poeta rimane sullo stesso binario dell’intima colloquialità, come si vede nell’iterazione del termine cipressetti (due volte nel v. 17, poi ancora nei vv. 21 e 27) e dall’anafora* delle congiunzioni avversative e coordinative (ma, vv. 21 e 24; e, vv. 25, 26 e 28).
Più avanti, mentre i cipressi descrivono i luoghi dell’adolescenza del poeta, rilanciando immagini ricche di suggestioni liriche (vv. 43-47), l’interlocutore risponde ancora abbassando il livello comunicativo su un piano immediato: il riferimento agli impegni domestici (m’aspetta / la Tittì, vv. 65-66), alla difficoltà del vivere (la figlia
non ha penne per il suo vestire, v. 68) e alla bassezza delle polemiche letterarie (né
io sono per anche un manzoniano, v. 70) comunica con efficacia il senso di un’esistenza amara e sofferta.