Al cuore della letteratura - volume 5

Il secondo Ottocento – L'autore: Giosuè Carducci

 T4 

San Martino

Rime nuove, 58


La lirica, datata 8 dicembre 1883 e inizialmente intitolata Autunno, è ispirata alla festività di San Martino, che cade l’11 novembre. In questo giorno, nelle campagne toscane, era tradizione estrarre il vino novello dai tini e versarlo nelle botti, una volta ultimata la fermentazione, per separarlo dalle parti solide (vinacce e schiume). Al tempo stesso, questa pratica, detta “svinatura”, sanciva per i contadini la fine del lavoro nei campi e l’inizio del riposo agricolo invernale.


METRO Ode anacreontica in quartine di settenari (l’ultimo dei quali tronco) con schema di rime ABBC.

        La nebbia a gl’irti colli
        piovigginando sale,
        e sotto il maestrale
        urla e biancheggia il mar;

5     ma per le vie del borgo
        dal ribollir de’ tini
        va l’aspro odor de i vini
        l’anime a rallegrar.

        Gira su’ ceppi accesi
10   lo spiedo scoppiettando:
        sta il cacciator fischiando
        su l’uscio a rimirar

        tra le rossastre nubi
        stormi d’uccelli neri,
15   com’esuli pensieri,
        nel vespero migrar.

      Dentro il testo

I contenuti tematici

I contrasti vita-morte e luce-ombra, tipici della poesia carducciana, si esprimono qui attraverso la contrapposizione tra la prima e l’ultima quartina da una parte, con la cattiva stagione incipiente, le sue grigie tonalità e i suoi tristi presagi, e la seconda e la terza dall’altra, incentrate sulla letizia paesana del borgo e sul calore del focolare.
La natura – la classica immagine della Toscana di Carducci, scontrosa e assorta, morsa dalla tempesta e dalla malinconia – riflette, come spesso accade nelle sue liriche, lo stato d’animo del poeta, diviso tra il vagheggiamento della vita intima della terra natale (trasfigurata dai ricordi della fanciullezza e ora rievocata nella gioia che precede la svinatura) e l’esistenza cittadina (espressa per un’analogia sottintesa attraverso le sfumate atmosfere della nebbia, della pioggerella battente e del tramonto). Dall’epistolario sappiamo infatti che il poeta aveva trascorso i giorni precedenti alla stesura del componimento a Roma: «Una grande malinconia», aveva scritto a un amico, «m’ha invaso a questi giorni. Non più la Roma antica mi attrae nei sogni eroici […]. Il mio cuore ha preso la febbre putrida. Non c’è più sole: c’è la pioggia, lo scirocco e Depretis [l’allora presidente del Consiglio, detestato dall’autore per il suo trasformismo]». Le immagini e gli odori aspri della terra natale costituiscono pertanto il simbolo sensoriale della serena schiettezza paesana da contrapporre alla noia e all’artificiosità del mondo urbano.

 >> pag. 65 

Solo una figura pare isolata, sostando sull’uscio di casa, nell’animosa vivacità della folla paesana: il cacciatore (un alter ego del poeta?), il quale pare abbandonarsi, in contrasto con la vivace attività della sua gente, alla lentezza e a una pensosa contemplazione. Immaginiamo che egli stia pregustando la cena che lo attende nel calore domestico. Eppure il suo atteggiamento – apparentemente noncurante e indefinito, come il suo fischiare distratto e sovrappensiero – è insidiato dall’apparizione di stormi d’uccelli migratori, simbolo inquietante e sfuggente (tanto più perché discordante cromaticamente con le rossastre nubi) di pensieri strani ed enigmatici, destinati a perdersi nella quiete del tramonto.

Le scelte stilistiche

Vivacità e malinconia si fondono in questo quadretto paesaggistico, in cui Carducci, più che raffigurare la realtà, ne dà una rapida pennellata, posando il suo sguardo, che coglie e dipinge, come un pittore impressionista, le immagini selezionate, e al tempo stesso insistendo su annotazioni simboliche di suoni e di colori.
Le strofe centrali trasmettono un senso di fresca baldanza grazie alle onomatopee* (ribollir, rallegrar, scoppiettando, fischiando, vv. 6-11) e alle sensazioni olfattive (l’aspro odor de i vini, v. 7); anche la ripetizione del suono r (borgo, ribollir, aspro, odor, rallegrar, vv. 5-8) pare studiata apposta per conferire alla scena campestre l’istintiva allegria che domina nella vita semplice del paese.
Diverso è l’effetto provocato dalla prima e dall’ultima strofa della lirica. Piuttosto che l’immediatezza dei suoni e degli odori, possiamo cogliere qui un’atmosfera sfumata, indizio di un’indecifrabile malinconia: nebbia (v. 1), piovigginando (v. 2), vespero (v. 16), il rumore del mare umanizzato in un urlo (v. 4) sono immagini che esprimono un sentimento di sospesa tristezza (la congiunzione avversativa ma, v. 5, esprime con grande rilievo il cambiamento dell’umore). Anche le pennellate cromatiche suggeriscono tutt’altro che un’idea di spensieratezza: biancheggia (v. 4), rossastre (v. 13) e soprattutto neri (v. 14) sono altre tracce dell’“interpretazione” soggettiva del paesaggio, su cui si stende la triste nota del tramonto che prepara la sera e della migrazione autunnale che preannuncia l’inverno.

Come spesso accade in Carducci, la sensibilità del poeta trasfigura, adattandole alla propria personalità, immagini e visioni tratte dalla tradizione lirica. In questo caso, lo studioso Dante Isella ha colto precisi riferimenti a due esercizi poetici di Ippolito Nievo, celebre autore in prosa (la sua fama è legata soprattutto al romanzo Le confessioni di un italiano), ma anche autore di un piccolo canzoniere dal titolo Le lucciole, pubblicato nel 1858 e nuovamente edito, seppure parzialmente, nel 1883, anno di composizione di San Martino. In effetti, due poesie di Nievo (due odi unite sotto il comune titolo Gli amori in servitù) descrivono le stesse atmosfere, perfino con i medesimi termini.

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      Verso le competenze

COMPRENDERE

1 Collega il contenuto alla relativa quartina:

  • la vita del borgo                                                  A             1       I quartina
  • le immagini di una natura ostile                     B             2       II quartina
  • la malinconia dei pensieri al tramonto         C              3       III quartina
  • la lieta scena della casa                                    D             4       IV quartina

ANALIZZARE

2 Le scene raffigurate non sono affatto immobili, anzi sono caratterizzate da continui movimenti: quali?


3 Nella costruzione del periodo dal v. 5 al v. 8 la sequenza delle parole inverte l’ordine comune. Di quale figura retorica si tratta?

  •   A   Iperbato.
  •     Iperbole.
  •     Chiasmo.
  •     Prosopopea.

4 Trascrivi nella tabella seguente i termini che possono essere ricondotti al campo semantico della malinconia e a quello dell’allegria.


Malinconia
Allegria










INTERPRETARE

5 La poesia si conclude con una similitudine. Spiegane il significato.


6 Il primo titolo della poesia era Autunno e solo in un secondo momento Carducci lo mutò in San Martino. Come spieghi questo cambiamento? Può essere considerato l’indizio di un diverso significato da dare al testo?

PRODURRE

7 Questo testo è stato spesso definito “impressionistico” e accostato alla pittura dei Macchiaioli toscani. Dopo aver osservato i quadri di questi artisti riprodotti alle pp. 442-443, prova a individuare i punti di contatto con la poesia di Carducci.


Una scena autunnale

Il pittore Giovanni Costa, detto Nino, attivo tra Roma e Firenze nella seconda metà dell’Ottocento, è vicino ai Macchiaioli ed è un profondo conoscitore delle novità francesi e inglesi. Attivista politico, nel 1870 prende parte alla presa di Roma, che pone fine al governo romano dello stato pontificio.
In questa tela, una donna, che veste abiti popolari e ha in testa un fazzoletto rosso e dorato, è intenta a potare una vigna, per preparare la pianta alla produzione di grappoli d’uva e alla vendemmia. Il corpo e il viso sono in ombra, quasi protetti dalle frasche, ma un raggio di sole illumina la foglia di vite e si riflette, con rapide pennellate, sul volto concentrato.

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