Al cuore della letteratura - volume 5

Il secondo Ottocento – L'opera: Alcyone

 T9 

Stabat nuda Aestas


Il titolo (letteralmente, “L’Estate stava nuda”) è tratto da un verso delle Metamorfosi del poeta latino Ovidio, una delle principali fonti d’ispirazione di Alcyone. La lirica, di incerta datazione, celebra l’estate, qui personificata in una divinità femminile.


METRO 3 strofe di 8 endecasillabi sciolti con assonanze irregolari.

        Primamente intravidi il suo piè stretto
        scorrere su per gli aghi arsi dei pini
        ove estuava l’aere con grande
        tremito, quasi bianca vampa effusa.
5     Le cicale si tacquero. Più rochi
        si fecero i ruscelli. Copiosa
        la resina gemette giù pe’ fusti.
        Riconobbi il colùbro dal sentore.

        Nel bosco degli ulivi la raggiunsi.
10   Scorsi l’ombre cerulee dei rami
        su la schiena falcata, e i capei fulvi
        nell’argento pallàdio trasvolare
        senza suono. Più lungi, nella stoppia,
        l’allodola balzò dal solco raso,
15   la chiamò, la chiamò per nome in cielo.
        Allora anch’io per nome la chiamai.

        Tra i leandri la vidi che si volse.
        Come in bronzea mèsse nel falasco
        entrò, che richiudeasi strepitoso.
20   Più lungi, verso il lido, tra la paglia
        marina il piede le si torse in fallo.
        Distesa cadde tra le sabbie e l’acque.
        Il ponente schiumò ne’ sui capegli.
        Immensa apparve, immensa nudità.

 >> pag. 538 

      Dentro il testo

I contenuti tematici

Il titolo e il motivo prendono spunto da un verso di Ovidio: stabat nuda Aestas et spicea serta gerebat (Metamorfosi, II, 28, “L’Estate stava nuda e portava ghirlande di spighe”). Tuttavia l’ispirazione si ferma in superficie, poiché il poeta latino con un’immagine di pura decorazione rappresenta l’Estate accanto al trono del Sole, in un atteggiamento ieratico e solenne. D’Annunzio invece la vede correre in mezzo a un bosco di ulivi, la insegue, la raggiunge prima che essa si dilegui nuovamente, infine la chiama e la rivede, tra le alghe, nuda e con i capelli immersi nella schiuma delle onde del mare.

Sarebbe forse inutile cercare di stabilire se la protagonista del componimento, personificazione* della stagione estiva, sia una fanciulla reale oppure una trasfigurazione sognante, il fantasma di una creatura mitica (forse una ninfa o una dea), oppure ancora se il poeta abbia volutamente confuso i ricchi elementi del paesaggio con le belle fattezze di una donna, immersa nella natura lussureggiante fino a dissolversi totalmente in essa. D’altra parte, proprio l’ambiguità è la caratteristica del prodigio: dall’improvvisa apparizione della donna-Estate (Primamente intravidi, v. 1) allo stupore silenzioso di tutti gli spettatori naturali (Le cicale si tacquero. Più rochi / si fecero i ruscelli. Copiosa / la resina gemette giù pe’ fusti, vv. 5-7), dal suo misterioso trasvolare / senza suono (vv. 12-13) fino alla dissoluzione finale, nella grandiosa scena della sua nudità, che il poeta è tentato di saggiare «in una sorta di amplesso cosmico» (Roncoroni).

Le scelte stilistiche

Ammirata di spalle dal poeta, che ne ha progressivamente svelato la bellezza (dal piè stretto, v. 1, alla schiena falcata, v. 11, fino ai capegli, v. 23), la natura si svela così nella sua perturbante femminilità, al termine di un inseguimento sottolineato anche dal piano ritmico del testo. Dopo i versi rallentati e quasi immobili che chiudono la prima strofa, la seconda invece accompagna la tensione della fuga con un crescendo, prima suggerito dall’enjambement* tra i vv. 12 e 13 e poi culminante con l’anadiplosi* del v. 15 (la chiamò, la chiamò) e il successivo chiasmo* (la chiamò per nome… per nome la chiamai, vv. 15-16).

Soggetto umano e natura si scambiano ruoli e fattezze: la donna, in particolare, si trasforma in paesaggio, tanto che d’Annunzio ne avverte la presenza attraverso sensazioni uditive (lo scalpiccio sugli aghi arsi dei pini, v. 2; il silenzio delle cicale, v. 5; il sordo rumore dei ruscelli, vv. 5-6; il crepitìo del falasco, vv. 18-19), termiche (il grande / tremito dell’aria, vv. 3-4) e cromatiche (la bianca vampa, v. 4). È infatti un’allodola ad aiutare il poeta a comprendere il fenomeno e a spingerlo a consacrarsi senza timore a una comunione panica e divina con la natura (l’allodola […] la chiamò per nome in cielo. / Allora anch’io per nome la chiamai, vv. 14-16).

 >> pag. 539 

      Verso le competenze

COMPRENDERE

1 Dai un titolo a ciascuna strofa e riassumine il contenuto.


2 Descrivi l’aspetto fisico della donna-dea sulla base delle immagini usate dal poeta.

ANALIZZARE

3 La lirica è ricca di immagini che coinvolgono diverse sfere sensoriali. Trascrivile qui sotto:

  • tatto ..............................................................................................................................................
  • vista ..............................................................................................................................................
  • udito .............................................................................................................................................
  • olfatto ..........................................................................................................................................

4 I vv. 15-16 contengono tre figure retoriche: quali?


5 Individua i termini che, normalmente attribuiti al comportamento umano, si riferiscono qui a elementi della natura. Quale risultato ottiene il poeta con questo procedimento?

INTERPRETARE

6 Come definiresti il registro lessicale adoperato da d’Annunzio? Rispondi facendo riferimento al testo con opportuni esempi.

PRODURRE

7 Dopo aver letto altre liriche di Alcyone proposte in questa Unità, rifletti sulle particolarità nello sviluppo del motivo del panismo in Stabat nuda Aestas. Scrivi un testo espositivo di circa 20 righe.


 T10 

Implorazione


Sotto il titolo di Madrigali dell’estate troviamo una serie di undici brevi liriche, di cui ignoriamo la data di composizione, che affrontano il tema della lenta agonia dell’estate. Qui di seguito ne presentiamo tre, simili sia sotto l’aspetto tematico sia sotto quello metrico-stilistico.


METRO Madrigale formato da 2 terzine a rima replicata ABC, ABC e da 2 distici a rima baciata DD, EE.

        Estate, Estate mia, non declinare!
        Fa che prima nel petto il cor mi scoppi
        come pomo granato a troppo ardore.

        Estate, Estate, indugia a maturare
5     i grappoli dei tralci su per gli oppi.
        Fa che il colchico dia più tardo il fiore.

        Forte comprimi sul tuo sen rubesto
        il fin Settembre, che non sia sì lesto.

        Sòffoca, Estate, fra le tue mammelle
10   il fabro di canestre e di tinelle.

 >> pag. 540 

 T11 

Le lampade marine


La quiete notturna del mare pare annullare ogni sensazione.


METRO Madrigale formato da 2 terzine a rima replicata ABC, ABC e da un distico assonante.

        Lucono le meduse come stanche
        lampade sul cammin della Sirena
        sparso d’ulve e di pallide radici.

        Bonaccia spira su le rive bianche
5     ove il nascente plenilunio appena
        segna l’ombra alle amare tamerici.

        Sugger di labbra fievole fa l’acqua
        ch’empie l’orma del piè tuo delicata.

 T12 

Nella belletta


In questo madrigale compare un motivo caro alla poetica dannunziana: l’ossessione della decadenza.


METRO Madrigale formato da 2 terzine a rima replicata ABC, ABC e da un distico assonante.

        Nella belletta i giunchi hanno l’odore
        delle persiche mézze e delle rose
        passe, del miele guasto e della morte.

        Or tutta la palude è come un fiore
5     lutulento che il sol d’agosto cuoce,
        con non so che dolcigna afa di morte.

        Ammutisce la rana, se m’appresso.
        Le bolle d’aria salgono in silenzio.

 >> pag. 541 

      Dentro il testo

I contenuti tematici

La stagione estiva sta per finire e il poeta registra i segni di questo inevitabile tramonto. La piena esperienza della vitalità della natura e del corpo, che l’estate ha portato con sé, comincia ora a lasciare spazio alla consapevolezza dell’avvicinarsi dell’autunno, stagione in cui il sole declina e viene meno l’esuberanza giovanile. I Madrigali dell’estate costituiscono una successione omogenea di liriche che trasmettono proprio la percezione di un imminente distacco: il mito di una totale fusione con la natura, alimentato nell’animo dalla “grande estate”, si spegne in questo sentire malinconico, che saluta una stagione breve dell’esistenza e l’illusione della felicità e dell’amore.

La prima lirica dei Madrigali può essere interpretata come l’epigrafe o l’introduzione dell’intera sezione. D’Annunzio implora l’estate di fermarsi, di aspettare a far maturare i grappoli nelle vigne e di rimandare l’arrivo di settembre: il tono languido, l’invocazione iniziale (poi ripresa in anafora* al v. 4) e gli imperativi successivi sottolineano lo struggimento del poeta.

Anche nelle Lampade marine lo stato d’animo dell’io lirico è debole e spossato nel cogliere il progressivo disfarsi della bellezza dei luoghi e delle cose e nel fissarsi su impressioni evanescenti: la luce fioca delle meduse sul mare piatto, le ombre del plenilunio sulla spiaggia, il sussurro delle onde che a fatica arrivano sulla battigia. Le sensazioni sono tutte smorzate, come se annunciassero la propria imminente fine, in un pallido accenno cromatico che sottintende anche una delicata ma insinuante sensualità.

Nell’ultimo madrigale, Nella belletta, la fine della stagione si traduce nell’avvio di un processo di disfacimento o di decomposizione della natura, che trasmette una vaga fascinazione di morte: il violento calore di agosto, a contatto con la palude riarsa e marcescente, diffonde un odore dolciastro di putrefazione.
La sensazione di una maturità sfatta, appassita e prossima alla morte contagia proprio le cose e i frutti solitamente più ricchi, freschi e vitali: le persiche mézze (v. 2), le rose / passe (vv. 2-3), il miele guasto (v. 3), che nel cuore trionfante dell’estate avevano rappresentato la voluttà dei profumi (le pesche), il godimento dell’amore (le rose), la dolcezza della passione (il miele). Rimane un unico segnale di vita, il gracidare della rana nello stagno, ma anch’esso scompare all’avvicinarsi del poeta, sostituito dall’immagine delle bolle d’aria (v. 8) che emergono dal fondo della palude.

Le scelte stilistiche

La struttura metrica qui adottata permette a d’Annunzio di calibrare perfettamente le varie parti del discorso poetico, esprimendo con immediatezza le diverse impressioni suscitate in lui dalla realtà naturale. Al contempo, sul piano lessicale, i madrigali adottano un linguaggio realistico e descrittivo, pur senza rinunciare a suggestive sfumature metaforiche* o analogiche* (nelle Lampade marine, le meduse Lucono… come stanche / lampade, vv. 1-2; i fondali del mare sono il cammin della Sirena, v. 2; l’acqua produce un rumore lieve come un Sugger di labbra fievole, v. 7): ciò spiega il ricorso a un linguaggio tecnico che a prima vista potrebbe apparire esasperato (si pensi alla precisione dei termini botanici: oppi, colchico, ulve, tamerici), ma che risponde di fatto all’esigenza di una netta e quasi oggettiva essenzialità, in contrasto con ogni eccesso o compiacimento verbale.

 >> pag. 542 

      Verso le competenze

COMPRENDERE

1 Che cosa accomuna le diverse liriche qui antologizzate?

ANALIZZARE

2 Collega a ciascuna delle seguenti immagini presenti nelle Lampade marine l’aggettivo che il poeta ha scelto per qualificarne il carattere o l’essenza:

  •   A   le lampade                                 a   fievole
  •     le radici                                       b   pallide
  •     le rive                                           c   bianche
  •     il plenilunio                                d   delicata
  •     il rumore dell’acqua                 e   stanche
  •     l’orma del piede                         f   nascente

3 Quale figura retorica riconosci al v. 6 di Implorazione?

  •   A   Metafora.
  •     Anadiplosi.
  •     Endiadi.
  •     Anastrofe.

4 Individua le sensazioni olfattive, visive e uditive descritte da d’Annunzio in Nella belletta per suggerire l’idea della natura in decomposizione.


5 Che cosa intende d’Annunzio nei versi Sòffoca, Estate, fra le tue mammelle / il fabro di canestre e di tinelle (Implorazione, vv. 9-10)?

INTERPRETARE

6 Quali stati d’animo tipici della poesia decadente vengono interiorizzati in Nella belletta?


Acqua e morte

Opposte forze di amore e morte, dramma e pace percorrono il dipinto del pittore simbolista Odilon Redon: vicino al mondo della letteratura, Redon racconta nei suoi dipinti miti e storie sfruttando una gamma di colori fantastici e quasi surreali, in cui le tonalità accese dello sfondo azzurro e delle macchie colorate dei fiori sembrano stemperare il dramma incombente. Il pittore dedica una serie di tele a Ofelia, la protagonista femminile dell’Amleto di Shakespeare: secondo la narrazione del poeta inglese, la donna, incautamente appesa a un ramo di salice che vorrebbe adornare di ghirlande di fiori, scivola in un gorgo d’acqua e muore. In questo dipinto Ofelia, come una ninfa o una creatura marina, sembra abbandonarsi alle onde che stanno per ucciderla e già chiude gli occhi ad accettare il suo destino di morte.

Al cuore della letteratura - volume 5
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Il secondo Ottocento