Il secondo Ottocento – L'autore: Giovanni Pascoli

LABORATORIO verso l'esame

 TIPOLOGIA A  
 analisi del testo  

La civetta

Myricae

        Stavano neri al lume della luna
        gli erti cipressi, guglie di basalto,
        quando tra l’ombre svolò rapida una
        ombra dall’alto:

5     orma sognata d’un volar di piume,
        orma d’un soffio molle di velluto,
        che passò l’ombre e scivolò nel lume
        pallido e muto;

        ed i cipressi sul deserto lido
10   stavano come un nero colonnato,
        rigidi, ognuno con tra i rami un nido
        addormentato.

        E sopra tanta vita addormentata
        dentro i cipressi, in mezzo la brughiera,
15   sonare, ecco, una stridula risata
        di fattucchiera:

        una minaccia stridula seguita,
        forse, da brevi pigolii sommessi,
        dal palpitar di tutta quella vita
20   dentro i cipressi.

        Morte, che passi per il ciel profondo,
        passi con ali molli come fiato,
        con gli occhi aperti sopra il triste mondo
        addormentato;

25   Morte, lo squillo acuto del tuo riso
        unico muove l’ombra che ci occulta
        silenziosa, e, desta all’improvviso
        squillo, sussulta;

        e quando taci, e par che tutto dorma
30   nel cipresseto, trema ancora il nido
        d’ogni vivente: ancor, nell’aria, l’orma
        c’è del tuo grido.

 >> pag. 472 

COMPRENSIONE

1 Riassumi in poche righe il contenuto della lirica.


2 Il titolo indica una presenza animale: in quale verso essa si palesa?


3 In che modo si preannuncia la civetta, prima ancora della sua apparizione?

ANALISI

4 Descrivi la struttura strofica, metrica e rimica della lirica.


5 Si possono evidenziare degli iperbati? Se sì, quali?


6 Analizza e commenta i rapporti fra metrica e sintassi (enjambement, pause interne ai versi ecc.).


7 Individua le metafore presenti nel testo.


8 Rintraccia tutti i termini che fanno riferimento al motivo funebre.


9 Trova i termini che fanno riferimento ai diversi sensi, quindi commentane la frequenza e le conseguenze sul piano espressivo.


10 Evidenzia i termini che ricorrono più volte nel testo, quindi analizzane la posizione e infine commenta l’effetto semantico di queste ripetizioni.


11 Individua eventuali espressioni fonosimboliche e commentane l’uso che ne fa l’autore.

INTERPRETAZIONE COMPLESSIVA E APPROFONDIMENTI

12 Il motivo della morte è presente anche in altre liriche di Pascoli. Come viene affrontato dall’autore?


13 Scegli una lirica di Pascoli letta in precedenza e confrontala con La civetta, evidenziando gli elementi in comune e le differenze.

 TIPOLOGIA B  
 saggio breve  

ARGOMENTO

LA VISIONE DELLA NATURA NEI SECOLI: LE TESTIMONIANZE DEGLI SCRITTORI

Sviluppa l’argomento in forma di saggio breve utilizzando i documenti forniti. Nella tua argomentazione fai riferimento a ciò che hai studiato e alle tue conoscenze.

Documento 1

In questo canto delle Georgiche, il poeta latino Virgilio (70-19 a.C.) descrive la campagna, illustrando come le cure attente e la fatica del lavoro la possono rendere fertile.


        Le piante che crescono spontanee negli spazi della luce
        certo sono infeconde, ma sorgono rigogliose e forti:
        la natura sottende il terreno con la sua forza. Tuttavia anch’esse,
        se le innesti, o trapiantandole le affidi a fosse ben scavate,
5     si spoglieranno dell’umore selvatico, e a curarle assiduamente,
        ti seguiranno in qualunque forma tu voglia chiamarle.
        Anche quella che sorge sterile dalle profonde radici,
        farà altrettanto, se sia distribuita per liberi campi:
        ora la ombreggiano le alte fronde e i rami materni
10   precludono la crescita del frutto e soffocano la pianta che li reca.
        L’albero poi che cresce da una gittata di semi
        cresce lentamente e farà ombra ai lontani nipoti,
        i frutti tralignano dimentichi del sapore primitivo,
        e la vite offre in preda agli uccelli miseri grappoli.
15   Davvero tutte le piante richiedono fatica: bisogna
        costringerle tutte nel solco e domarle a gran prezzo.


Virgilio, Georgiche, II, vv. 47-62

 >> pag. 473 

Documento 2

Petrarca traccia un parallelismo tra i fenomeni del mondo naturale e i moti interiori che Laura suscita in lui.


        Quando ’l pianeta che distingue l’ore
        ad albergar col Tauro si ritorna,
        cade vertù da l’infiammate corna
4     che veste il mondo di novel colore;

        et non pur quel che s’apre a noi di fore,
        le rive e i colli, di fioretti adorna,
        ma dentro dove già mai non s’aggiorna
8     gravido fa di sé il terrestro humore,

        onde tal fructo et simile si colga:
        così costei, ch’è tra le donne un sole,
11   in me movendo de’ begli occhi i rai

        crïa d’amor pensieri, atti et parole;
        ma come ch’ella gli governi o volga,
14   primavera per me pur non è mai.


Francesco Petrarca, Canzoniere, 9

Documento 3

Leopardi riflette sulla presenza inevitabile della morte nella natura.


La natura è madre benignissima del tutto, ed anche de’ particolari generi e specie
che in esso si contengono, ma non degl’individui. Questi servono sovente a loro
spese al bene del genere, della specie, o del tutto, al quale serve pure talvolta con
proprio danno la specie e il genere stesso. È già notato che la morte serve alla vita, e
5 che l’ordine naturale, è un cerchio1 di distruzione, e riproduzione, e di cangiamenti2
regolari e costanti quanto al tutto, ma non quanto alle parti, le quali accidentalmente
servono agli stessi fini ora in un modo ora in un altro. Quella quantità
di uccelli che muore nella campagna coperta di neve, per mancanza di alimenti, la
natura non l’ignora, ma ha i suoi fini in questa medesima distruzione, sebben ella
10 non serva immediatamente a nessuno. Per lo contrario la distruzione degli animali
che fanno gli uomini o altri animali alla caccia, serve immediatamente ai cacciatori,
ed è un inconveniente accidentale,3 e una disgrazia per quei poveri animali;
ma inconveniente relativo, e voluto dalla natura, che gli ha destinati per cibo ec.
ad altri viventi più forti.


Giacomo Leopardi, Zibaldone, 20 agosto 1821

 >> pag. 474 

Documento 4

In questa poesia (tratta dalla raccolta Myricae) Pascoli tratteggia una natura crudele.


        Come tetra la sizza che combatte
        gli alberi brulli e fa schioccar le rame
        secche, e sottile fischia tra le fratte!

        Sur una fratta (o forse è un biancor d’ale?)
5     un corredino ride in quel marame:
        fascie, bavagli, un piccolo guanciale.

        Ad ogni soffio del rovaio, che romba,
        le fascie si disvincolano lente;
        e da un tugurio triste come tomba
10   giunge una nenia, lunga, paziente.


Giovanni Pascoli, Il piccolo bucato, in Myricae

Documento 5

Lo scrittore statunitense Henry David Thoreau (1817-1862) nel suo romanzo Walden. Vita nel bosco (1854) descrive un soggiorno nella natura incontaminata del Nord America.


Andai nei boschi perché desideravo vivere deliberatamente, affrontare solo i fatti
essenziali della vita, e vedere se potessi imparare cosa avesse da insegnare, senza
scoprire, giunto alla morte, di non aver vissuto. Non desideravo vivere ciò che non
era una vita, per quanto caro mi sia il vivere; né desideravo praticare la rassegnazione,
5 a meno che non fosse necessaria. Volevo vivere in profondità, e succhiare
tutto il midollo della vita, vivere in modo così risoluto e spartano da sbaragliare
tutto quanto non fosse vita; da aprirmi con la falce un varco ampio e raso terra,
da spingere nell’angolo la vita e ridurla ai minimi termini; e, se si fosse dimostrata
essere meschina, da arrivare, perché no?, alla sua completa e genuina meschinità,
10 rendendola pubblica al mondo; o se fosse stata sublime, da conoscerla per esperienza;
e da essere in grado di darne un resoconto sincero nella mia successiva
escursione letteraria. […] Eppure viviamo meschinamente come formiche, anche
se la favola ci racconta che tanto tempo fa fummo trasformati in uomini; come
pigmei combattiamo con le gru; accumuliamo errore su errore, e colpo su colpo, e
15 la migliore delle nostre virtù è occasionata da uno squallore superfluo ed evitabile.
La nostra vita è spezzettata in minuzie. Un uomo onesto non ha bisogno di contare
oltre le dieci dita delle mani, aggiungendo in casi estremi quelle dei piedi, e fare un
mucchio del resto. Semplicità, semplicità, semplicità! dico io.


Henry David Thoreau, Walden. Vita nel bosco

 >> pag. 475 

Documento 6

Nel suo saggio L’invenzione della natura selvaggia lo studioso Franco Brevini (n. 1951) studia la nascita e lo sviluppo dell’idea di “natura selvaggia” nella cultura occidentale.


Probabilmente nessuna epoca ha mai posseduto una conoscenza della natura approfondita,
organica e accessibile come la nostra. Anche i meno avventurosi tra
noi, senza muoversi da casa, possono puntare l’occhio indiscreto di Google Earth
su qualsiasi regione remota del pianeta o scorrere una serie di immagini dell’infinitamente
5 piccolo svelate dal microscopio. Eppure nella fruizione della natura
c’è in gioco qualcosa che va oltre la meraviglia enciclopedica delle sue parti e la
vertiginosa perfezione della res extensa [mondo esteso]. Ciò che ci affascina sono il
segreto, il mistero delle grandi apparizioni della natura, quello che per gli uomini
del Rinascimento e poi per i seguaci della Naturphilosophie [filosofia della natura]
10 erano i sensi profondi ovvero la forza demoniaca della natura. Goethe diceva che
la natura è «la veste vivente della divinità». Per coloro i quali la natura non è solo
motivo di allarme o materia di studio, bensì anche oggetto di frequentazione per
ragioni di diporto, sono questi aspetti a balzare in primo piano. Qualche tempo fa
discutevo proprio di questo problema con Simone Moro, l’alpinista himalayano
15 che rappresenta oggi l’erede di Reinhold Messner. «Che senso ha – si chiedeva Simone
– affrontare fatiche e rischi per recarsi di persona in luoghi che posso vedere
sullo schermo del computer? Per me la risposta è chiarissima: il tipo di conoscenza
che ti viene dal computer non è epidermica, non è olfattiva, non è tattile. E io ho
bisogno dei miei sensi. Come posso rimanere a casa, se so che ci sono al mondo
20 posti che nessuno ha ancora toccato?».


Franco Brevini, L’invenzione della natura selvaggia, Bollati Boringhieri, Torino 2013

Guida alla stesura

  • Dopo un’attenta lettura dei documenti, fai una breve sintesi di ognuno: descrizione oggettiva e distaccata della natura (doc. 1); la natura come proiezione dei propri sentimenti (doc. 2); la natura è indifferente agli uomini (doc. 3); la natura condivide le inquietudini di chi la abita (doc. 4); attrazione per la natura incontaminata, la cosiddetta wilderness (doc. 5); interesse attuale per la natura (doc. 6). Ciò ti permetterà di avere un’idea complessiva.
  • Individua le parole chiave presenti in ogni documento e raggruppale in una serie di temi omogenei: indifferenza della natura (docc. 1, 3); corrispondenze psicologiche (docc. 2, 4); fascino esercitato dalla natura sugli uomini (docc. 5, 6).
  • Individua i punti di contatto e quelli di divergenza tra i diversi temi. Mettili a confronto, spiegando come si sono sviluppati, modificati, e perché.
  • Ogni tua affermazione deve essere sempre argomentata.
  • Usa un linguaggio chiaro e preciso, e, dove necessario, tecnico.

Al cuore della letteratura - volume 5
Al cuore della letteratura - volume 5
Il secondo Ottocento