L’interesse per la classicità

Il secondo Ottocento – L'autore: Giovanni Pascoli

L’interesse per la classicità

Alla base della formazione culturale di Pascoli c’è il classicismo retorico e puristico appreso presso i padri Scolopi: un modello educativo imperniato sullo studio della versificazione greca e latina e sull’interesse costante per il mondo antico.
Questo retroterra scolastico viene a mano a mano arricchito dalla lettura dei moderni e dall’incontro con le letterature straniere, attraverso le quali Pascoli recupera e affina un immaginario romantico che appaga «il suo bisogno di fare i conti con il lato notturno e ossessivo dell’esistenza, in lui già precedentemente risvegliato dalla sua storia familiare» (Nava).

L’ispirazione legata al mondo antico, però, non si traduce in un raffinato gioco di erudizione. È senz’altro vero che l’amore per la classicità si riverbera in molte soluzioni stilistiche e formali adottate dal poeta, come le scelte metriche o l’impiego di termini preziosi di derivazione latina e greca. Tuttavia, ciò che è veramente rilevante è il processo di identificazione che Pascoli pone in essere con figure, atmosfere ed esperienze del passato, rivissute e attualizzate mediante la stessa vocazione espressiva e gli stessi procedimenti simbolici che caratterizzano il resto della sua produzione. In questo senso si può dire che egli trasferisca in un tempo remoto le angosce personali, proiettando la propria biografia e la propria psicologia in un mondo apparentemente perduto, riletto alla luce di una sensibilità decadente.

Questo procedimento spiega un aspetto davvero originale del rapporto di Pascoli con l’antichità, età della Storia che nella letteratura italiana siamo abituati a vedere idealizzata come un modello irraggiungibile, un regno dominato dall’armonia, dalla moralità e dalla perfezione estetica, da rimpiangere dunque con nostalgia, specialmente se confrontato con la gretta meschinità dei tempi correnti (basti pensare a Carducci). Per Pascoli la classicità è piuttosto lo specchio della propria interiorità, un luogo archetipico, primigenio, sovrastorico, dove è possibile rintracciare i caratteri costanti, immutabili nel tempo, della vita umana.
I personaggi del mondo greco che popolano i versi dei Poemi conviviali e quelli del mondo romano che troviamo nei Carmina sono infatti emblemi di una dimensione dell’esistenza tutt’altro che consolatoria. Achille, Ulisse, Solone, Alessandro Magno, Giugurta e tanti altri protagonisti della Storia e del mito conoscono la paura della morte, vivono gli incubi del dissolvimento di sé, sono consumati dalla nostalgia, si interrogano senza risposta sulla propria identità e sul senso da dare alla vita: «Ditemi almeno chi sono io! chi ero!», supplica Ulisse, rivolgendosi invano alle Sirene nell’Ultimo viaggio.

Al cuore della letteratura - volume 5
Al cuore della letteratura - volume 5
Il secondo Ottocento