Al cuore della letteratura - volume 5

Il secondo Ottocento – L'autore: Giovanni Pascoli

 T3 

Il gelsomino notturno

Canti di Castelvecchio


Composta in soli tre giorni, tra il 16 e il 19 luglio del 1901, questa poesia appartiene a un sottogenere lirico che i greci chiamavano epitalamio: una sorta di “serenata” cantata presso la stanza nuziale la sera del matrimonio. Il componimento nasce infatti da un motivo occasionale, le nozze di un amico del poeta, Gabriele Briganti, e reca la seguente dedica: «A me pensi Gabriele Briganti risentendo l’odor del fiore che olezza nell’ombra e nel silenzio: l’odore del “gelsomino notturno”. In quelle ore gli sbocciò un fiorellino […] voglio dire, gli nacque Dante Gabriele Giovanni». Queste parole sono un’utile traccia per comprendere il senso profondo della lirica, nella quale la consueta trama di significati simbolici e allusivi rimanda alla realtà di un atto d’amore da cui nasce una nuova vita.


METRO Sei quartine di novenari a rima alternata (ABAB, CDCD ecc.). Il verso 21 è sdrucciolo (la rima è peta[li]/segreta).

        E s’aprono i fiori notturni,
        nell’ora che penso a’ miei cari.
        Sono apparse in mezzo ai viburni
        le farfalle crepuscolari.

5     Da un pezzo si tacquero i gridi:
        là sola una casa bisbiglia.
        Sotto l’ali dormono i nidi,
        come gli occhi sotto le ciglia.

        Dai calici aperti si esala
10   l’odore di fragole rosse.
        Splende un lume là nella sala.
        Nasce l’erba sopra le fosse.

        Un’ape tardiva sussurra
        trovando già prese le celle.
15   La Chioccetta per l’aia azzurra
        va col suo pigolìo di stelle.

 >> pag. 404 

        Per tutta la notte s’esala
        l’odore che passa col vento.
        Passa il lume su per la scala;
20   brilla al primo piano: s’è spento…

        È l’alba: si chiudono i petali
        un poco gualciti; si cova,
        dentro l’urna molle e segreta,
        non so che felicità nuova.

      Dentro il testo

I contenuti tematici

Possiamo ricostruire in un racconto il contenuto della poesia? Evidentemente no, dal momento che qui, come in molti componimenti di Pascoli, la dimensione narrativa e i nessi logici sono quasi del tutto annullati, per lasciare posto a un flusso di impressioni colte nella loro immediatezza e depositate in una serie di immagini e suoni carichi di mistero.
Limitandoci alla lettera del testo, è il momento in cui scende la sera, i gelsomini notturni si aprono e nel silenzio si ode solo il soffuso mormorio proveniente da una casa, prima che anche questo leggero rumore si spenga insieme con le luci. Poi, quando spunta l’alba, i petali del fiore tornano a chiudersi per custodire, dentro il loro calice, un nuovo fremito vitale.

Tuttavia le manifestazioni della natura nella poesia rappresentano allegoricamente l’atto d’amore che si consuma nella casa e che la sensibilità poetica e umana di Pascoli richiama solo per allusione, in modo reticente: non è un caso che i veri protagonisti, l’uomo e la donna, non compaiano se non attraverso cenni velati.
Del resto il concepimento non viene celebrato come una festa della vita, ma come un evento inquietante. C’è infatti nella lirica tutto il groviglio di pulsioni, fisiche e psichiche, che tormenta il poeta: la contemplazione della carne, la tremante morbosità, una fantasia eccitata che guarda a distanza l’eros con un misto di fascinazione e disgusto.

Più Pascoli cerca qui di tacitare e sfumare il proprio turbamento, più esso si manifesta attraverso una serie di emergenze. D’altra parte, è il contenuto stesso della poesia a insistere sulla medesima, inconfessabile ossessione, intrecciando nello stesso arco di tempo, che va dalla sera alla mattina, due vicende richiamate per analogia*: il ciclo della fecondazione dei fiori, che culmina nell’odore di fragole rosse (v. 10: si badi, “odore”, non il più immediato “profumo”) e si conclude con l’immagine simbolica dei petali / un poco gualciti (vv. 21-22); e la storia parallela che avviene all’interno della casa, dove l’unione dei due sposi è preparata dai bisbigli e dal lume che si spegne.

Mentre si svolge l’incontro d’amore e si forma una nuova vita, si consuma per contrasto l’esperienza solitaria del poeta che descrive gli altri rimanendo vincolato al solo ricordo dei morti (nell’ora che penso a’ miei cari, v. 2; come gli occhi sotto le ciglia, v. 8; Nasce l’erba sopra le fosse, v. 12), escluso come l’ape che, giunta tardi e isolata dalle compagne, rimane a vagabondare fuori dall’alveare (vv. 13-14).
L’osservazione o, meglio, l’immaginazione del rito di fecondazione avviene dall’esterno; ma si tratta di una vista nascosta, quasi proibita, come se il poeta stesse spiando una situazione che non potrà mai vivere in prima persona. Egli, incapace di amare, vive nella notte, nel silenzio e nel pensiero della morte; gli sposi-amanti, invece, sono insieme nel chiarore di un lume, nel bisbiglio che li fa complici.

 >> pag. 405 

Al tempo stesso la pulsione sessuale innesca, come per un’arcana e occulta corrispondenza, la presenza simbolica della morte. Il tema della fecondazione e della nascita, infatti, pare agitare l’intero universo con una nuova vitalità (Dai calici aperti si esala / l’odore di fragole rosse, vv. 9-10; Per tutta la notte s’esala / l’odore che passa col vento, vv. 17-18), che però si stempera a contrasto con l’ombra silenziosa, ma onnipresente, della morte e con il fondo oscuro delle fosse (v. 12): da esse nasce l’erba e i petali, schiusi per il concepimento, appaiono un poco gualciti (v. 22), mentre l’ovario del fiore, simbolo del grembo materno fecondato, viene definito urna (v. 23), un termine ambiguo che evoca suggestioni al tempo stesso funebri e sacrali.

Tuttavia il poeta tenta stavolta di reprimere lo sgomento, abbandonandosi all’immensità dello spazio notturno, che appare dolce, familiare e amichevole (La Chioccetta per l’aia azzurra / va col suo pigolìo di stelle, vv. 15-16). Come ha scritto Giacomo Debenedetti, l’universo, per una volta rasserenato in una tenera concordia con l’animo del poeta, «sta narrando una specie di grande fiaba azzurra: l’uomo ha concluso, grazie alla felicità d’amore e al senso di vita facile e piena che gliene deriva, una tregua con le difficoltà e coi problemi, ricupera la credulità infantile, per la quale il mondo, anche nelle sue manifestazioni misteriose, è meravigliosa, benevola fiaba».
Bloccato in una condizione infantile e irreale, di cui ha bisogno e in cui si sente protetto, il poeta può così dare il proprio consenso alla trasgressione dell’amore, anche se la felicità nuova covata dentro l’urna molle e segreta del fiore (e della donna) rimane per lui sconosciuta (non so che, v. 24) e almeno in parte persino repellente (si noti l’effetto sgradevole della continua allitterazione* della l nell’ultima strofa: È l’alba; i petali; gualciti; l’urna molle).

Le scelte stilistiche

Abolito ogni rapporto di tipo logico con la realtà, Pascoli non ha interesse a descrivere avvenimenti o fenomeni: lo scopo che si prefigge è creare la suggestione grazie all’analogia, giustapponendo sensazioni e impressioni di diverso tipo per evocare l’atmosfera misteriosa di una notte in cui si mescolano carnalità e turbamento. Proprio per questo prevale uno stile nominale, fatto di sostantivi, aggettivi, immagini riprodotte fonicamente (i vocaboli onomatopeici* dei vv. 6 e 13: bisbiglia; sussurra), contaminazioni di sfere sensoriali diverse (le sinestesie* dei vv. 10 e 16: odore di fragole rosse; pigolìo di stelle) che enfatizzano il valore della percezione.

Le libere associazioni dell’io lirico tendono a creare una situazione indefinita: a bisbigliare non sono le persone ma la casa, in una metonimia* al v. 6; non dormono gli uccellini ma i nidi (v. 7); la sacralità violata dell’urna molle e segreta (v. 23) non è detta in termini chiari ma vaghi e reticenti (non so che felicità nuova, v. 24). Su tutto questo repertorio di immagini si posa lo sguardo selettivo del poeta, che trasferisce su innocenti e neutrali elementi della natura la propria voce e i propri pensieri.

 >> pag. 406 

      Verso le competenze

COMPRENDERE

1 Indica le coordinate spaziali e temporali entro le quali si svolge l’azione evocata nella poesia.


2 A che cosa allude la strofa finale?

ANALIZZARE

3 Il tema della casa è ricorrente nella poesia di Pascoli: individua in questo testo le espressioni che vi si riferiscono.


4 In questo componimento compare, tra le diverse figure retoriche, anche una similitudine. Rintracciala e spiegane il significato.


5 Nella seconda strofa sono presenti due metonimie. Individuale e precisa il loro significato.


6 Quale funzione sintattica svolgono i due che presenti nei seguenti versi: E s’aprono i fiori notturni, / nell’ora che penso a’ miei cari (vv. 1-2) e Per tutta la notte s’esala / l’odore che passa col vento (vv. 17-18)?


7 Elenca le parole che rimandano, direttamente o indirettamente, alla vita e alla morte.


8 La lirica è intessuta di percezioni olfattive, acustiche e tattili. Trascrivi nella tabella i versi nei quali sono espresse tali percezioni.


Percezioni
Versi
olfattive

acustiche

tattili

INTERPRETARE

9 Quale funzione hanno i puntini di sospensione che chiudono il v. 20?

PRODURRE

La tua esperienza

10 Mentre il rapporto di Pascoli con la natura è quasi totalizzante, per noi oggi, nella società postindustriale, è difficile avere con essa un rapporto simbiotico. Non si può dire che abbiamo perso interesse per la natura, come documenta la nostra attenzione all’ecologia e ai rischi che l’ambiente corre. Tuttavia, anche quando proviamo a vivere nel verde, tendiamo a farlo in forme, in un certo senso, artificiali, magari per un’esigenza effimera o contingente o per una semplice motivazione turistica. Insomma, il paesaggio può “servirci” per distrarci o per evadere dalla nostra quotidianità, dalla quale esso appare però espunto o, almeno, marginalizzato. Rifletti su tali realtà, scrivendo un testo argomentativo di circa 30 righe in cui proponi considerazioni personali facendo riferimento alla tua esperienza.


Al cuore della letteratura - volume 5
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Il secondo Ottocento