Il secondo Ottocento – L'autore: Giovanni Verga

LABORATORIO verso l'esame

 TIPOLOGIA A  
 analisi del testo  

La morte di Luca

I Malavoglia, cap. 9


Con il naufragio della Provvidenza e la perdita in mare del carico di lupini, i Malavoglia si ritrovano in gravi difficoltà perché non sono in grado di saldare il debito contratto con zio Crocifisso. Ma le disgrazie non sono finite: ben presto giunge la notizia della morte di Luca, partito soldato per la leva militare.

Coll’andare dei giorni però, nessuno parlava più di quello che era successo,1 ma
come la Longa non vedeva spuntare la lettera,2 non aveva testa né di lavorare né
di stare in casa: era sempre in giro a chiacchierare di porta in porta, quasi andasse
cercando quel che voleva sapere. «Avete visto una gatta quando ha perso i suoi
5 gattini?» dicevano le vicine. La lettera non veniva però. Anche padron ’Ntoni non
s’imbarcava più e stava sempre attaccato alle gonnelle della nuora come un cagnolino.
Alcuni gli dicevano: «Andate a Catania, che è paese grosso, e qualcosa
sapranno dirvi».
Nel paese grosso il povero vecchio si sentiva perso peggio che a trovarsi in mare
10 di notte, e senza sapere dove drizzare il timone. Infine gli fecero la carità di dirgli
che andasse dal capitano del porto, giacché le notizie doveva saperle lui. Colà,
dopo averlo rimandato per un pezzo da Erode a Pilato,3 si misero a sfogliare certi
libracci e a cercare col dito sulla lista dei morti. Allorché arrivarono ad un nome, la
Longa che non aveva ben udito, perché le fischiavano gli orecchi, e ascoltava bianca
15 come quelle cartacce, sdrucciolò pian piano per terra, mezzo morta.
«Son più di quaranta giorni», conchiuse l’impiegato, chiudendo il registro. «Fu
a Lissa; che non lo sapevate ancora?».
La Longa la portarono a casa su di un carro, e fu malata per alcuni giorni. D’allora
in poi fu presa di una gran devozione per l’Addolorata che c’è sull’altare della
20 chiesetta, e le pareva che quel corpo lungo e disteso sulle ginocchia della madre,
colle costole nere e i ginocchi rossi di sangue, fosse il ritratto del suo Luca, e si sentiva
fitte nel cuore tutte quelle spade d’argento che ci aveva la Madonna. Ogni sera
le donnicciuole, quando andavano a prendersi la benedizione, e compare Cirino
faceva risuonare le chiavi prima di chiudere, la vedevano sempre lì, a quel posto,
25 accasciata sui ginocchi, e la chiamavano anche lei la madre addolorata.
«Ha ragione» dicevano nel paese. «Luca sarebbe tornato fra breve, e i suoi trenta
soldi al giorno se li sarebbe guadagnati. “A nave rotta ogni vento è contrario”».
«Avete visto padron ’Ntoni?» aggiungeva Piedipapera; «dopo la disgrazia di suo
nipote sembra un gufo tale e quale. Adesso la casa del nespolo fa acqua davvero da
30 tutte le parti, come una scarpa rotta, e ogni galantuomo bisogna che pensi ai suoi
interessi».
La Zuppidda era sempre con tanto di muso, e borbottava che ora tutta la famiglia
rimaneva sulle braccia di ’Ntoni! Questa volta una ragazza ci penserà prima di
pigliarselo per marito.

 >> pag. 263 

35 «Cosa ci hai con quel povero giovane?» domandava mastro Turi.
«Voi tacete, ché non sapete nulla»; gli gridava la moglie. «I pasticci non mi piacciono!
Andate a lavorare che non sono affari vostri»: e lo mandava fuori dell’uscio
colle braccia penzoloni e quella malabestia di dieci rotoli4 in mano.
Barbara, seduta sul parapetto del terrazzo, a strappare le foglioline secche dei
40 garofani, colla bocca stretta anche lei, faceva cascare nel discorso che «maritati e
muli vogliono star soli» e che «fra suocera e nuora ci si sta in malora».
«Quando Mena si sarà maritata», rispondeva ’Ntoni, «il nonno ci darà la camera
di sopra».
«Io non ci sono avvezza a star nella camera di sopra, come i colombi!» tagliava
45 corto la Barbara; tanto che suo padre, ch’era suo padre! diceva a ’Ntoni, guardandosi
attorno, mentre se ne andavano per la straduccia: «Verrà tutta sua madre, la Barbara;
pensa a non farti mettere il basto5 da principio, se no ti succede come a me».
Però comare Venera aveva dichiarato: «Prima che mia figlia vada a dormire
nella stanza dei colombi bisogna sapere a chi resta la casa, e voglio stare a vedere
50 dove finisce questo affare dei lupini».
Andava a finire che Piedipapera stavolta voleva essere pagato, santo diavolone!
San Giovanni era arrivato, e i Malavoglia tornavano a parlare di dare degli acconti,
perché non avevano tutti i denari, e speravano di raggranellare la somma alla raccolta
delle ulive. Lui se l’era levati di bocca quei soldi, e non aveva pane da mangiare,
55 com’è vero Dio! non poteva campare di vento sino alla raccolta delle ulive.
«A me mi dispiace, padron ‘Ntoni»; gli aveva detto: «ma che volete? Bisogna
che pensi ai miei interessi. San Giuseppe prima fece la sua barba e poi quella di
tutti gli altri».6

COMPRENSIONE

1 Fai un riassunto del brano di circa 10 righe.


2 Dividi il testo in sequenze e dai a ciascuna di esse un titolo.

ANALISI

3 Fai l’analisi del periodo del secondo paragrafo (rr. 9-15).


4 Spiega i seguenti proverbi, contestualizzandoli all’interno della narrazione: A nave rotta ogni vento è contrario (r. 27); maritati e muli vogliono star soli (rr. 40-41); fra suocera e nuora ci si sta in malora (r. 41).


5 Rintraccia nel brano esempi di discorso indiretto libero.


6 Con quali mezzi espressivi si manifesta la dimensione corale?


7 Individua le parole e le espressioni tipiche di un registro linguistico popolare e dialettale.


8 Fai un breve confronto tra i personaggi del brano. Quali valori rappresentano? Ci sono analogie e differenze tra loro?

INTERPRETAZIONE COMPLESSIVA E APPROFONDIMENTI

9 Individua i temi principali presenti nel testo, evidenziandone l’importanza nella trama complessiva del romanzo.


10 Confronta questo brano con altri testi dei narratori del Naturalismo europeo che conosci. Evidenzia gli elementi in comune e le differenze sul piano contenutistico e su quello stilistico.

 >> pag. 264 
 TIPOLOGIA B  
 saggio breve  

ARGOMENTO

DAL VILLAGGIO COMUNITARIO DEI MALAVOGLIA AL VILLAGGIO GLOBALE DEI SOCIAL NETWORK: COME È CAMBIATA LA SOCIALITÀ NEGLI ULTIMI DUE SECOLI

Sviluppa l’argomento in forma di saggio breve utilizzando i documenti forniti. Nella tua argomentazione fai riferimento a ciò che hai studiato e alle tue conoscenze.

Documento 1

In questo brano, tratto dal capitolo 7 dei Malavoglia, Giovanni Verga insiste sulla dimensione corale del villaggio.


Nel villaggio successe una casa del diavolo1 quando volevano mettere il dazio sulla
pece. La Zuppidda, colla schiuma alla bocca, salì sul ballatoio, e si mise a predicare
ch’era un’altra bricconata di don Silvestro, il quale voleva rovinare il paese, perché
non l’avevano voluto per marito: non lo volevano nemmeno per compagno alla
5 processione, quel cristiano, né lei né sua figlia! Comare Venera, quando parlava
del marito che doveva prendere sua figlia, pareva che la sposa fosse lei. Mastro Turi
avrebbe chiuso bottega, diceva, ma voleva vedere poi come avrebbe fatto la gente
a mettere le barche in mare, che si sarebbero mangiati per pane gli uni cogli altri.2
Allora le comari si affacciarono sull’uscio colle conocchie3 in mano a sbraitare che
10 volevano ammazzarli tutti, quelli delle tasse, e volevano dar fuoco alle loro cartacce,
e alla casa dove le tenevano. Gli uomini, come tornavano dal mare, lasciavano
gli arnesi ad asciugare, e stavano a guardare dalla finestra la rivoluzione che facevano
le mogli.
[…]
Il vino buono faceva vociare, e il vociare metteva sete, intanto che non avevano
15 aumentato il dazio sul vino; e quelli che avevano bevuto levavano i pugni in aria,
colle maniche della camicia rimboccate, e se la prendevano persin colle mosche
che volavano.
«Questa è come una festa per Santuzza!» dicevano. Il figlio della Locca, il quale
non aveva denari per bere, gridava lì fuori dell’uscio che voleva farsi ammazzare
20 piuttosto, ora che lo zio Crocifisso non lo voleva più nemmeno a mezza paga, per
quel suo fratello Menico che s’era annegato coi lupini. Vanni Pizzuto aveva anche
chiuso la bottega, perché nessuno andava più a farsi radere, e portava il rasoio in
tasca, e vomitava improperi da lontano, e sputava addosso a coloro che se ne andavano
pei fatti loro, coi remi in collo, stringendosi nelle spalle.
25 «Quelli sono carogne, che non gli importa un corno della patria!» sbraitava
don Franco, tirando il fumo della pipa come se volesse mangiarsela. «Gente che
non muoverebbe un dito pel suo paese».
«Tu lasciali dire!» diceva padron ’Ntoni a suo nipote, il quale voleva rompere il
remo sulla testa a chi gli dava della carogna: «colle loro chiacchiere non ci danno
30 pane, né ci levano un soldo di debito dalle spalle».

 >> pag. 265 

Documento 2

Il critico Luigi Russo (1892-1961) riflette sulla quotidianità della vita nel villaggio dei Malavoglia.


«Ma il primo di tutti a incominciare la sua giornata è stato Rocco Spatu». Paiono
parole stupide e insignificanti, e invero lo stupore impassibile del protagonista
non può meglio effondersi, che fermandosi su un particolare insignificante e assai
secondario. Avviene quello stesso, quando, tormentati da una grande pena, noi ci
5 balocchiamo a ripetere un ritornello qualsiasi, una qualunque frase convenzionale
o insensata, sulla quale sentiamo di riposare e di distrarre un poco il nostro dolore.
Si osservi ancora che il ritorno di tutte quelle piccole cose, secondo il ritmo di
un’abitudine quotidiana, finisce con l’avere la solennità del Tempo, che trascorre
impassibile, eterno e sempre eguale a sé medesimo. La vita di Acitrezza torna a
10 essere la medesima di ieri, e quella di oggi sarà la vita di domani. Vanni Pizzuto
accende il lumicino nella sua bottega, lo zio Santoro presto si accoccolerà davanti
all’osteria a incominciare la sua giornata anche lui. Rocco Spatu si scatarra da
uomo vinoso e sfaccendato, tutti gli usci tornano ad aprirsi; e quelle umili cose
sono come avvicinate e ingrandite da quel cielo, in cui la vita torna, anche lassù,
15 la medesima.


Luigi Russo, Giovanni Verga, Ricciardi, Napoli 1919

Documento 3

In Metropolis (1916-1917) il pittore George Grosz (1893-1959) raffigura il caos infernale della città e l’incomunicabilità tra i suoi abitanti.


 >> pag. 266 

Documento 4

Il poeta statunitense Carl Sandburg (1878-1967) tratteggia le caratteristiche negative di una delle più grandi metropoli al mondo, Chicago.


Tu che Scanni Maiali per il Mondo
E Fabbrichi Utensili e Ammassi Frumento
E Giochi con le Ferrovie e Manovri i Treni Merci della Nazione;
Tempestosa, rauca e rumoreggiante,
5 Città dalle Grandi Spalle:

Mi dicono che sei malvagia e io credo loro, perché ho visto le tue donne dipinte sotto i lampioni a
gas adescare i ragazzi di campagna.
E mi dicono che sei disonesta e io rispondo: Sì, è vero, ho visto il gangster uccidere e andarsene in
giro libero ancora d’uccidere.
E mi dicono che sei brutale e la mia risposta è: Sui visi di donne e bambini ho visto i segni di una
fame sfrenata.


Carl Sandburg, Chicago Poems, 1914

Documento 5

Il grande giornalista polacco Ryszard Kapuściński (1932-2007) si interroga sull’odierna difficoltà di socializzare.


E ai nostri tempi? Arroganza degli uni verso le culture e le religioni degli altri, arcipelaghi
di ghetti e di lager sparsi su tutto il pianeta, muri, barriere, fossati, reticolati…
Quanti ce ne sono, in tutti i continenti! I progressi nelle comunicazioni verificatisi
in questi ultimi decenni sono diventati una specie di sfida: da un lato avvicinano gli
5 uomini tra di loro ma, dall’altro, siamo proprio certi che li avvicinino veramente? Tra
uomo e uomo, tra l’io e l’altro si è inserito un intermediario tecnico: una scintilla
elettrica, un impulso elettronico, una rete, un collegamento, un satellite. […] L’io comunicava
con l’altro non solo attraverso la parola, ma anche attraverso la vicinanza
diretta, attraverso lo stare insieme. Un’esperienza che niente è in grado di sostituire.
10 E il paradosso di questa situazione continua ad aumentare. Da un lato aumenta
la globalizzazione dei media, ma dall’altro ne aumentano anche la piattezza,
l’inadeguatezza, il caos. Più uno ha a che fare con i media, più si lamenta di sentirsi
solo e smarrito. Già agli inizi degli anni Settanta, quando la televisione era ancora
in fasce, Marshall McLuhan1 usò la definizione di “villaggio globale”. McLuhan,
15 che era un cattolico dotato di forte passione missionaria, immaginava che il nuovo
medium ci avrebbe resi tutti fratelli, accomunati da una medesima fede. La definizione
di McLuhan, oggi ripetuta senza riflettere, si è rivelata uno dei massimi
errori della cultura contemporanea. L’essenza del villaggio consiste nel fatto che i
suoi abitanti si conoscono intimamente, si frequentano e condividono un destino
20 comune. Cosa impossibile da dirsi della società del nostro pianeta, che fa piuttosto
pensare alla folla anonima di un grande aeroporto: una folla di persone frettolose,
sconosciute tra loro e perfettamente indifferenti le une alle altre.


Ryszard Kapuściński, L’altro, Feltrinelli, Milano 2007

 >> pag. 267 

Documento 6

Secondo il sociologo spagnolo Manuel Castells (n. 1942), una nuova socialità si sta facendo strada in Internet, tra speranze e pericoli.


Questi network online diventano forme di “comunità specializzata”, vale a dire
forme di socialità costruite intorno a interessi specifici. Dato che le persone possono
far parte senza problemi di numerosi network, gli individui tendono a sviluppare
i loro “portafogli di socialità” investendo in maniera differenziata, in momenti
5 diversi, in un certo numero di reti con basse barriere d’ingresso e bassi costi di
opportunità. Ne consegue, da un lato, un’estrema flessibilità nell’espressione della
socialità, mentre gli individui costruiscono e ricostruiscono le loro forme d’interazione
sociale. Dall’altro, il livello relativamente basso d’impegno può indurre
una certa fragilità delle forme di relazione. Mentre alcuni osservatori celebrano diversità,
10 pluralità e scelta, Putnam1 teme la “cyberbalcanizzazione” come modo di
accentuare la dissoluzione delle istituzioni sociali e il declino dell’impegno civico.
I nuovi sviluppi tecnologici sembrano accrescere le possibilità che l’individualismo
in rete diventi la forma dominante di socialità. La crescente teoria di studi
sugli usi dei telefoni mobili pare indicare che la telefonia cellulare soddisfi un modello
15 sociale organizzato intorno a “comunità di scelta” e interazione individualizzata,
basate sulla selezione di tempo, luogo e compagni dell’interazione […]. Lo
sviluppo progettato di Internet wireless aumenta la possibilità di un networking
personalizzato per un’ampia gamma di situazioni sociali, migliorando in questo
modo la capacità degli individui di ricostruire dal basso strutture di socialità.
20 Queste tendenze equivalgono al trionfo dell’individuo, anche se i costi per la
società non sono ancora chiari. A meno che non si ritenga che, in realtà, gli individui
stiano ricostruendo, attraverso le nuove disponibilità tecnologiche, il loro modello
d’interazione sociale, per creare una nuova forma di società: la società in rete.


Manuel Castells, Galassia Internet, Feltrinelli, Milano 2002

Guida alla stesura

  • Dopo un’attenta lettura di tutti i documenti, fai una breve sintesi di ognuno: il paese dei Malavoglia come comunità collettiva (doc. 1); la vita semplice e sempre uguale del villaggio verghiano (doc. 2); la città moderna come una realtà alienante (doc. 3); l’esempio di Chicago (doc. 4); le difficoltà di comunicare nella società contemporanea (doc. 5); Internet come possibilità di una nuova socialità (doc. 6). Ciò ti permetterà di avere un’idea complessiva.
  • Individua le parole chiave presenti in ogni documento e raggruppale in una serie di temi omogenei: il villaggio di fine Ottocento (docc. 1, 2); la città moderna e asociale (docc. 3, 4); i cambiamenti della socialità dalla televisione a Internet (docc. 5, 6).
  • Individua i punti di contatto e quelli di divergenza tra i diversi temi. Mettili a confronto, spiegando come si sono sviluppati e modificati, e perché.
  • Ogni tua affermazione deve essere sempre argomentata.
  • Usa un linguaggio chiaro e preciso e, dove necessario, tecnico.

Al cuore della letteratura - volume 5
Al cuore della letteratura - volume 5
Il secondo Ottocento