Al cuore della letteratura - volume 5

Il secondo Ottocento – L'opera: I Malavoglia

 T9 

Il commiato definitivo di ’Ntoni

Cap. 15


Lasciata la famiglia per il sogno di facili guadagni, ’Ntoni si era dato al contrabbando e una notte, per sfuggire all’arresto, aveva accoltellato, pur senza ucciderlo, don Michele, il brigadiere della guardia doganale. Condannato, aveva scontato la pena nel carcere di Favignana. Riportiamo le pagine conclusive del romanzo, nelle quali, cinque anni dopo la sua partenza, ’Ntoni torna temporaneamente presso la famiglia, per poi allontanarsene per sempre. I familiari sono attoniti di fronte a questa visita inattesa e un senso di doloroso imbarazzo pervade l’incontro.

Una sera, tardi, il cane si mise ad abbaiare dietro l’uscio del cortile, e lo stesso
Alessi, che andò ad aprire, non riconobbe ’Ntoni il quale tornava colla sporta
sotto il braccio, tanto era mutato, coperto di polvere, e colla barba lunga. Come
fu entrato e si fu messo a sedere in un cantuccio, non osavano quasi fargli festa.
5 Ei non sembrava più quello, e andava guardando in giro le pareti, come non le
avesse mai viste; fino il cane gli abbaiava, ché non l’aveva conosciuto mai. Gli
misero fra le gambe la scodella, perché aveva fame e sete, ed egli mangiò in silenzio
la minestra che gli diedero, come non avesse visto grazia di Dio da otto
giorni, col naso nel piatto; ma gli altri non avevano fame, tanto avevano il cuore
10 serrato.1 Poi ’Ntoni, quando si fu sfamato e riposato alquanto, prese la sua sporta
e si alzò per andarsene.
Alessi non osava dirgli nulla, tanto suo fratello era mutato. Ma al vedergli riprendere
la sporta, si sentì balzare il cuore dal petto, e Mena gli disse tutta smarrita:
«Te ne vai?».
15 «Sì!», rispose ’Ntoni.
«E dove vai?», chiese Alessi.
«Non lo so. Venni per vedervi. Ma dacché son qui la minestra mi è andata tutta
in veleno. Per altro qui non posso starci, ché tutti mi conoscono, e perciò son
venuto di sera. Andrò lontano, dove troverò da buscarmi2 il pane, e nessuno saprà
20 chi sono».
Gli altri non osavano fiatare, perché ci avevano il cuore stretto in una morsa, e
capivano che egli faceva bene a dir così. ’Ntoni continuava a guardare dappertutto,
e stava sulla porta, e non sapeva risolversi ad andarsene. «Ve lo farò sapere dove
sarò», disse infine, e come fu nel cortile, sotto il nespolo, che era scuro, disse anche:
25 «E il nonno?».3
Alessi non rispose; ’Ntoni tacque anche lui, e dopo un pezzetto: «E la Lia, che
non l’ho vista?».
E siccome aspettava inutilmente la risposta, aggiunse colla voce tremante, quasi
avesse freddo: «È morta anche lei?».
30 Alessi non rispose nemmeno;4 allora ’Ntoni che era sotto il nespolo, colla sporta

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in mano, fece per sedersi, poiché le gambe gli tremavano, ma si rizzò di botto,
balbettando: «Addio! addio! Lo vedete che devo andarmene?».
Prima d’andarsene voleva fare un giro per la casa, onde vedere se ogni cosa fosse
al suo posto come prima; ma adesso, a lui che gli era bastato l’animo di lasciarla
35 e di dare una coltellata a don Michele, e di starsene nei guai,5 non gli bastava l’animo6
di passare da una camera all’altra se non glielo dicevano. Alessi che gli vide
negli occhi il desiderio, lo fece entrare nella stalla, col pretesto del vitello che aveva
comperato la Nunziata, ed era grasso e lucente; e in un canto c’era pure la chioccia
coi pulcini; poi lo condusse in cucina, dove avevano fatto il forno nuovo, e nella
40 camera accanto, che vi dormiva la Mena coi bambini della Nunziata, e pareva che
li avesse fatti lei. ’Ntoni guardava ogni cosa, e approvava col capo, e diceva: «Qui
pure il nonno avrebbe voluto metterci il vitello; qui c’erano le chiocce, e qui dormivano
le ragazze, quando c’era anche quell’altra…». Ma allora non aggiunse altro,
e stette zitto a guardare intorno, cogli occhi lustri. In quel momento passava la
45 Mangiacarrubbe,7 che andava sgridando Brasi Cipolla per la strada, e ’Ntoni disse:
«Questa qui l’ha trovato il marito; ed ora, quando avranno finito di quistionare,8
andranno a dormire nella loro casa».
Gli altri stettero zitti, e per tutto il paese era un gran silenzio, soltanto si udiva
sbattere ancora qualche porta che si chiudeva; e Alessi a quelle parole si fece coraggio
50 per dirgli: «Se volessi anche tu ci hai la tua casa. Di là c’è apposta il letto per te».
«No!», rispose ’Ntoni. «Io devo andarmene. Là c’era il letto della mamma, che
lei inzuppava tutto di lagrime quando volevo andarmene. Ti rammenti le belle
chiacchierate che si facevano la sera, mentre si salavano le acciughe? e la Nunziata
che spiegava gli indovinelli? e la mamma, e la Lia, tutti lì, al chiaro di luna, che si
55 sentiva chiacchierare per tutto il paese, come fossimo tutti una famiglia? Anch’io
allora non sapevo nulla, e qui non volevo starci, ma ora che so ogni cosa devo
andarmene».
In quel momento parlava cogli occhi fissi a terra, e il capo rannicchiato nelle
spalle. Allora Alessi gli buttò le braccia al collo.
60 «Addio», ripeté ’Ntoni. Vedi che avevo ragione d’andarmene! qui non posso
starci. Addio, perdonatemi tutti».
E se ne andò colla sua sporta sotto il braccio; poi, quando fu lontano, in mezzo
alla piazza scura e deserta, che tutti gli usci erano chiusi, si fermò ad ascoltare
se chiudessero la porta della casa del nespolo, mentre il cane gli abbaiava dietro,
65 e gli diceva col suo abbaiare che era solo in mezzo al paese. Soltanto il mare gli
brontolava la solita storia lì sotto, in mezzo ai fariglioni,9 perché il mare non ha
paese nemmeno lui, ed è di tutti quelli che lo stanno ad ascoltare, di qua e di là
dove nasce e muore il sole, anzi ad Aci Trezza ha un modo tutto suo di brontolare,
e si riconosce subito al gorgogliare che fa tra quegli scogli nei quali si rompe, e par
70 la voce di un amico.
Allora ’Ntoni si fermò in mezzo alla strada a guardare il paese tutto nero,10
come non gli bastasse il cuore di staccarsene, adesso che sapeva ogni cosa, e sedette
sul muricciuolo della vigna di massaro Filippo.

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Così stette un gran pezzo pensando a tante cose, guardando il paese nero, e
75 ascoltando il mare che gli brontolava lì sotto. E ci stette fin quando cominciarono
ad udirsi certi rumori ch’ei conosceva, e delle voci che si chiamavano dietro gli usci,
e sbatter d’imposte, e dei passi per le strade buie. Sulla riva, in fondo alla piazza,
cominciavano a formicolare dei lumi. Egli levò il capo a guardare i Tre Re che luccicavano,
e la Puddara11 che annunziava l’alba, come l’aveva vista tante volte. Allora
80 tornò a chinare il capo sul petto, e a pensare a tutta la sua storia. A poco a poco il
mare cominciò a farsi bianco, e i Tre Re ad impallidire, e le case spuntavano ad una
ad una nelle vie scure, cogli usci chiusi, che si conoscevano tutte, e solo davanti alla
bottega di Pizzuto12 c’era il lumicino, e Rocco Spatu13 colle mani nelle tasche che
tossiva e sputacchiava. «Fra poco lo zio Santoro14 aprirà la porta», pensò ’Ntoni, «e
85 si accoccolerà sull’uscio a cominciare la sua giornata anche lui». Tornò a guardare il
mare, che s’era fatto amaranto,15 tutto seminato di barche che avevano cominciato
la loro giornata anche loro, riprese la sua sporta, e disse: «Ora è tempo d’andarsene,
perché fra poco comincierà a passar gente. Ma il primo di tutti a cominciar la sua
giornata è stato Rocco Spatu».

      Dentro il testo

I contenuti tematici

Inatteso e quasi irriconoscibile, ’Ntoni si ripresenta ad Aci Trezza. La famiglia è tornata ad abitare nella casa del nespolo, riconquistata grazie al lavoro e alla fatica di Alessi. Quello del giovane “figliol prodigo” appare a prima vista come una sorta di nóstos, un ritorno mitico verso il luogo delle radici e della memoria familiare, vale a dire verso la terra e la casa dei padri. Il viaggio a ritroso simboleggia il pentimento per aver sconsacrato il passato e le tradizioni: ora il tentativo di ricostruire il “tempio” della famiglia e degli affetti suggella la sua riconversione e la definitiva scomparsa delle lusinghe di un futuro diverso che lo hanno condotto a scelte sbagliate.
A casa ’Ntoni trova la sorella Mena e il fratello Alessi, che nel frattempo si è sposato con Nunziata, dalla quale ha avuto dei figli. ’Ntoni è profondamente mutato da quel giorno nel quale, cinque anni prima, era partito, non solo fisicamente ma anche interiormente: ora ha compreso che l’unico luogo in cui avrebbe potuto realizzare sé stesso era proprio questo. Tuttavia il suo ravvedimento non lo salva dall’esclusione; egli ormai è consapevole che non può più rimanere, perché ha tradito le proprie origini: allora non sapevo nulla, e qui non volevo starci, ma ora che so ogni cosa devo andarmene (rr. 56-57). Il peso della colpa (il contrabbando, l’accoltellamento di don Michele, il disonore del carcere) lo estromette dalla famiglia e gli rende amaro anche il cibo (dacché son qui la minestra mi è andata tutta in veleno, rr. 17-18). ’Ntoni ha rifiutato l’«ideale dell’ostrica» e anche se adesso prova nostalgia per quel piccolo mondo protettivo dal quale è fuggito, non c’è più nulla da fare. La morale verghiana è chiara e impietosa: recidere le radici porta alla solitudine e alla disperazione.

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Il romanzo si chiude con una frase apparentemente banale e antilirica: Ma il primo di tutti a cominciar la sua giornata è stato Rocco Spatu. Si tratta di uno dei punti di più controversa interpretazione. C’è chi ha ritenuto di poter parlare di una “conversione” di Rocco Spatu: in un paese dove ’Ntoni, al suo ritorno, trova tante cose mutate, anche il più fannullone è cambiato, anzi è diventato un solerte lavoratore, il primo a cominciare la giornata lavorativa. Altri critici propendono invece per una lettura opposta: non essendoci precisi segnali di un ravvedimento di Rocco Spatu, si può pensare che egli abbia trascorso come al solito la notte all’osteria e che all’alba si avvii verso casa per andare a dormire.
Per alcuni, ancora, il senso di questa frase va ricercato nella constatazione del prevalere di una quotidianità che l’esule ’Ntoni si dispera di aver perso: in tal senso Rocco Spatu rappresenterebbe, semplicemente, un elemento emblematico di quella normalità paesana che ’Ntoni è ora costretto a lasciarsi alle spalle. Secondo altri, al contrario, Rocco Spatu, antico compagno di bagordi, sarebbe per ’Ntoni l’emblema negativo di una vita dissipata che egli ora è deciso ad abbandonare per sempre: «Se Rocco Spatu è l’invincibile banalità di Aci Trezza, il portatore di tutta la sua negatività, bisogna aggiungere che ’Ntoni se ne distacca con la stessa energia con cui si era distaccato dalla positività che gli offriva il villaggio, quella dei sacri affetti domestici, della dolce e rassicurante continuità. Nell’una come nell’altra, ’Ntoni lascia per sempre una parte di sé» (Giachery).
Al di là delle differenti interpretazioni, è utile considerare come in un primo momento Verga avesse preparato un altro finale del romanzo, fermandosi al congedo di ’Ntoni dai fratelli (Addio, perdonatemi tutti, r. 61). Si può supporre che però tale epilogo non piacesse all’autore per il suo tono melodrammatico. Al posto di una troppo evidente esibizione dei sentimenti, Verga ha preferito una soluzione opposta a quella patetica: lo sguardo scenografico sul mare di Trezza che circolarmente si collega all’incipit del romanzo, la carrellata dei ricordi di ’Ntoni e infine la chiusa quasi distratta e svagata su un personaggio secondario, che inizia la propria, individuale avventura quotidiana mentre il mondo procede immancabilmente uguale a sé stesso.

Le scelte stilistiche

La conclusione del romanzo non è segnata dalle tonalità tragiche e dal senso di incombente catastrofe che hanno caratterizzato gli episodi precedenti. Qui, piuttosto, tutto rientra in una dimensione di quotidianità, dominata semmai da un tono commosso e malinconico. L’autore sceglie proprio lo stile elegiaco per rappresentare la condizione finale di Mena, la quale, priva di dote e disonorata dalla fuga della sorella, non potrà sposarsi, ma trova una parziale compensazione alla maternità mancata nell’accudire i figli del fratello (la Mena coi bambini della Nunziata, e pareva che li avesse fatti lei, rr. 40-41); ma anche quella di Alessi, consapevole del fatto che ciò che è riuscito a riconquistare (la casa del nespolo, simbolo della famiglia e dei suoi valori) potrà essere mantenuto in futuro soltanto grazie a un impegno duro e costante; e soprattutto quella di ’Ntoni, il quale comprende che nella sua famiglia d’origine non c’è più posto per lui.

Il tono lirico-meditativo è particolarmente evidente nel discorso indiretto libero* di ’Ntoni (Soltanto il mare gli brontolava la solita storia lì sotto…, rr. 65 e ss.), che si intreccia con la descrizione del paesaggio da parte del narratore. Così il flusso dei ricordi del personaggio (con il suo vagheggiamento idilliaco del proprio paese) e la raffigurazione dell’ambiente si fondono alla perfezione: il “canto di addio” di ’Ntoni si conclude quando nel paese la vita ricomincia, mentre per lui è giunto definitivamente il momento di andarsene.

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      Verso le competenze

COMPRENDERE

1 Perché ’Ntoni rientra a casa di notte?


2 Perché inizialmente Alessi stenta a riconoscere ’Ntoni?


3 Qual è lo stato d’animo di ’Ntoni durante la visita ai familiari?


4 Che cosa significa l’espressione, riferita a ’Ntoni, adesso che sapeva ogni cosa (r. 72)?

ANALIZZARE

5 Dopo aver rintracciato nel testo e trascritto le espressioni riferite alle emozioni di ’Ntoni, delinea in poche righe, sulla base di quanto hai trovato, la sua condizione psicologica in questo ritorno ad Aci Trezza.

INTERPRETARE

6 Perché viene detto che i familiari, di fronte all’arrivo di ’Ntoni, hanno il cuore serrato (rr. 9-10) e, più avanti, ci avevano il cuore stretto in una morsa (r. 21)?

PRODURRE

La tua esperienza

7 Ti è mai capitato di rivedere, a distanza di anni, un luogo o una persona che erano stati importanti nella tua infanzia? Quali emozioni hai provato? Quali riflessioni sono maturate in te? Hai sperimentato, come ’Ntoni, un doloroso senso di estraneità e di nostalgia oppure i tuoi ricordi e il tuo stato d’animo sono stati sereni? Scrivi al riguardo un testo espositivo-narrativo di circa 30 righe.


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