3 - I temi

Il secondo Ottocento – L'opera: I Malavoglia

PER APPROFONDIRE

Nomi, cognomi e soprannomi nei Malavoglia

I personaggi che compaiono nel romanzo sono identificati in modi vari:
attraverso il semplice nome di battesimo (per esempio Lia);
con il nome di battesimo accompagnato da un titolo, come quello di “padron”, che qualifica i personaggi come proprietari di barche (per esempio padron ’Ntoni; padron Fortunato Cipolla);
con un soprannome (per esempio la Longa e Piedipapera);
tramite un legame di parentela, senza mai indicare il nome proprio (per esempio «il fratello di Menico della Locca»).
L’uso dei soprannomi è legato alle caratteristiche, fisiche o morali, dei personaggi in questione. Per esempio la Vespa è chiamata così perché è una donna maligna e pungente; Mena è detta Sant’Agata per il carattere schivo e per la devozione religiosa; zio Crocifisso (l’usuraio del villaggio) è detto Campana di legno perché spesso finge di non comprendere ciò che gli si chiede; Piedipapera è chiamato così perché zoppica.
In altri casi, come spesso capita nell’uso popolare, il soprannome ha carattere antifrastico, cioè fa riferimento a caratteristiche opposte a quelle possedute dai personaggi: i Toscano sono detti Malavoglia perché sono lavoratori indefessi; Maruzza è detta la Longa perché è piccola di statura; l’ostessa Mariangela è chiamata Santuzza o Suor Mariangela per il fatto che il suo comportamento non è per nulla castigato.

3 I temi

Verga dipinge un mondo nel quale non compaiono alternative all’esistente, in cui, cioè, è forte la convinzione fatalistica che la realtà sia sostanzialmente immodificabile, anche quando siano evidenti i suoi lati negativi. In tale visione, la concatenazione di sofferenze e sopraffazioni che domina la società è vista come un dato di natura, come una legge che si riproduce uguale a sé stessa in ogni tempo e in ogni luogo.
Tentare di sottrarsi a questo destino è non solo inutile, ma controproducente, come emerge dal contrasto che domina tutto il romanzo: quello tra le figure di padron ’Ntoni, custode di una concezione esistenziale dominata dal sacrificio, dall’attaccamento al passato e dal radicamento nella propria terra d’origine, e di ’Ntoni, rapito dal desiderio di cambiare e di progredire, dall’ambizione del guadagno e dall’ansia di evadere e vedere il mondo, rinnegando tutto ciò che appartiene al passato.
Entrano così in conflitto non solo due personaggi, ma due filosofie di vita antitetiche: una fedele alla tradizione, l’altra proiettata verso il futuro nell’illusione di raggiungere una felicità impossibile. Secondo Verga le «irrequietudini del benessere» e la «vaga bramosia dell’ignoto» portano infatti l’individuo solo a smarrirsi: l’epilogo del romanzo suggella non a caso la fuga definitiva di ’Ntoni dal villaggio natio, una fuga che simboleggia un’estraneità e uno sradicamento ormai irrimediabili.

D’altro canto, anche quel remoto angolo del pianeta che è Aci Trezza non è impermeabile alle “brutali” forze del progresso. Nella realtà primitiva del mondo rurale irrompono la modernità e il dominio della legge economica: i personaggi sono continuamente protesi a misurare l’impatto delle azioni dei singoli e degli eventi naturali sul piano dell’interesse, del guadagno o della perdita. La stessa morte di Bastianazzo è considerata una tragedia non tanto (o non solo) per la fine di una vita umana, quanto per le conseguenze negative che tale scomparsa avrà sulla stabilità patrimoniale della sua famiglia.
Anche l’amore è destinato a essere sacrificato per il denaro: quando si parla di prospettive matrimoniali, non lo si fa mai in riferimento alla dimensione sentimentale, ma sempre intendendo lo sposalizio come un affare economico.

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A sconvolgere gli equilibri e le tradizioni del mondo arcaico dei Malavoglia sono i contraccolpi negativi della Storia. La vicenda ha infatti inizio nel 1863, quindi due anni dopo l’unificazione politica della penisola. Tale tempo storico si innesta su quello che potremmo chiamare “tempo naturale” (o astorico), tipico di un universo sociale immobile nella struttura dei rapporti interni (lo sottolineano espressioni come «da che mondo era mondo» e in generale le continue citazioni dei proverbi, che rimandano alla saggezza dei padri), che ora però viene interessato da un grande cambiamento collettivo.
Il nuovo Stato unitario – rappresentato dal sindaco, dal segretario comunale don Silvestro, dal brigadiere delle guardie doganali don Michele – viene visto negativamente in quanto esoso: pretende il pagamento di tasse elevate e costringe i maschi al servizio militare (di ben cinque anni), sottraendo così forza lavoro alle famiglie. Le conseguenze dell’Unità d’Italia sulla famiglia dei Malavoglia sono tutte avverse: ’Ntoni durante la “leva di mare” perde l’ancoraggio alla propria terra e, tornato ad Aci Trezza, non sarà più quello di prima; Luca, a sua volta arruolato, muore nella battaglia di Lissa.

L’unica realtà che rappresenta un appiglio nella tempesta della vita è la famiglia, un istituto quasi sacro, che nel romanzo ha il suo tempio nella casa del nespolo e il suo sacerdote in padron ’Ntoni. L’attaccamento al focolare domestico è la sola difesa per i singoli contro l’avidità del mondo. Bisogna però che ciascuno si accontenti di ciò che ha e che non sviluppi desideri di fuga. In tal senso la famiglia non è affatto un luogo idilliaco, ma un’istituzione che esercita un controllo sociale e morale che può essere (come nel caso dell’irrequieta Lia e del sognatore ’Ntoni) percepito come oppressivo.

Al cuore della letteratura - volume 5
Al cuore della letteratura - volume 5
Il secondo Ottocento