Il secondo Ottocento – L'opera

I Malavoglia

Punto di arrivo di un lungo itinerario composto da bozzetti e materiali preparatori, il romanzo I Malavoglia, primo libro del Ciclo dei Vinti, viene definito da Luigi Capuana «un terribile e salutare corrosivo nella nostra bislacca letteratura». Con la sua struttura dinamica, i suoi personaggi e le sue vicende intrecciate e corali, il capolavoro di Verga racconta, in una narrazione che si svolge nell’arco di circa dodici anni, la caduta e la faticosa risalita economica di una famiglia, dei cui membri l’autore annota minuziosamente i tratti psicologici, gli ideali e la mentalità. In un’inconfondibile tonalità epica viene evocato lo scontro di una cultura arcaica con la brutale legge economica, che travolgerà i codici etici tradizionali e i valori della famiglia, del lavoro e dell’onore: miti destinati a scomparire in una civiltà irrimediabilmente avviata al tramonto.

1 Genesi e composizione

Verga comincia a concepire l’opera nel periodo compreso tra il 1876 e il 1880, anche se già nel 1875, in una lettera all’editore Treves, l’autore annuncia di aver composto alcune pagine di un «bozzetto marinaresco» dal titolo Padron ’Ntoni. Il nucleo del futuro capolavoro si individua però in una novella di Vita dei campi, Fantasticheria, pubblicata in rivista nel 1879: qui troviamo l’ambientazione e alcuni temi e personaggi del romanzo, che esce nel 1881.

Il lavoro che Verga compie sui Malavoglia è lungo ed estenuante, e passa attraverso un processo di drastici rifacimenti e varie fasi di stesura. Le tracce di tale percorso compositivo sono presenti nell’epistolario dello scrittore, che mostra una sua costante ricerca tesa a un perfezionamento sia sul piano contenutistico sia su quello stilistico.
La sua preoccupazione è quella di «riuscire più semplice, breve ed efficace» e, per raggiungere tale scopo, nel tempo non esiterà a sacrificare tutto ciò che si discosta dal suo disegno, come egli stesso confessa a Luigi Capuana in una lettera del 17 maggio 1878 (nella quale compare per la prima volta quello che sarà il titolo definitivo del libro, I Malavoglia): «Io sono contento del mio sacrificio incruento, che mi lascia meglio soddisfatto del mio lavoro e mi fa sperare che riesca quale l’ho vagheggiato in immaginazione».

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Capuana non è un interlocutore casuale, essendo il principale sostenitore della linea verista, poiché l’elaborazione letteraria di Verga è ormai, a questo punto della sua carriera, tutta nella direzione del Verismo, verso soluzioni compositive ed esiti ideologici decisamente nuovi rispetto a quelli propri della narrativa del realismo romantico. Egli sa «che la “sincerità dell’arte” potrà essere raggiunta solo lasciandosi dietro le spalle l’ottica dall’alto dello scrittore mondano» (Guarracino): come Verga scrive al critico Felice Cameroni in una lettera del 1881, il suo scopo è mettersi «fin da principio in mezzo ai suoi personaggi», al centro del coro dei paesani, raccolti intorno agli attori principali della vicenda, i Malavoglia.

2 Una vicenda corale

Il romanzo, composto di 15 capitoli, copre complessivamente un arco cronologico di 12 anni, dal 1863 al 1875, e narra le vicende dei componenti della famiglia Toscano, detti i Malavoglia, che vivono ad Aci Trezza, un villaggio nei pressi di Catania. Contrariamente a quanto allude il loro soprannome, sono pescatori molto laboriosi, che vivono dignitosamente possedendo una casa, detta «casa del nespolo», e una barca, la Provvidenza. Il capofamiglia, il vecchio padron ’Ntoni, è il patriarca; suo figlio Bastianazzo, sposato con Maruzza, detta la Longa, ha cinque figli: il giovane ’Ntoni, Luca, Mena (Filomena), Alessi e Lia (Rosalia).
Dal momento in cui si verifica l’allontanamento, forzato o spontaneo, di alcuni membri della famiglia, questa è colpita da numerose disgrazie. La partenza di ’Ntoni per la leva militare nel 1863 – anno della prima chiamata alle armi da parte del neonato Regno d’Italia – li priva di una preziosa forza lavoro: per cercare di incrementare i magri guadagni, i Malavoglia tentano la via del commercio acquistando da zio Crocifisso, l’usuraio del paese, un carico di lupini da rivendere. Durante il trasporto, però, una tempesta fa naufragare la Provvidenza: Bastianazzo muore e i lupini si perdono in fondo al mare.
A tragedia si aggiunge tragedia, poiché Maruzza muore di colera. ’Ntoni torna dalla leva militare ma è tormentato dal desiderio di allontanarsi nuovamente e fare fortuna altrove. Si darà al contrabbando e sconterà in carcere cinque anni per aver tentato di uccidere il doganiere don Michele, mentre la sorella Lia, amante del doganiere, scappa dal paese e diventa una prostituta. Il risultato di questa somma di eventi è che la famiglia è costretta a vendere l’amata casa del nespolo e a trasferirsi. Successivamente, la morte di Luca, marinaio nella battaglia di Lissa combattuta contro l’Austria nel 1866 – un altro tributo pagato dai Malavoglia alla causa, per loro incomprensibile, del Regno d’Italia – aumenta ulteriormente il dissesto economico familiare. Il vecchio padron ’Ntoni muore in ospedale, solo e disperato per aver assistito alla disgregazione della sua famiglia.
Da questo punto in poi, lo sforzo congiunto di coloro che restano e che abbracciano il sistema dei valori tradizionali consente di riacquistare la casa del nespolo e così di riunire e salvare la famiglia, seppure in parte dispersa. Alessi riesce a riscattare la casa del nespolo, ma il finale è comunque amaro: ’Ntoni, uscito di prigione, torna ad Aci Trezza ma ormai sradicato dagli affetti più intimi, riparte per una destinazione ignota, contemplando da lontano un’ultima volta il villaggio in cui è iniziata la sua vita.

 >> pag. 229 

Nel romanzo è assente la figura di un protagonista, mentre le pagine sono affollate da una vasta schiera di personaggi, la cui somma (di persone, voci, punti di vista) rende efficacemente il senso di una comunità, di una coralità che rispecchia un’organizzazione sociale semplice ed elementare: come ha scritto il critico Luigi Russo, «non si può dire dove finisca la vita malavogliesca che si svolge tra le pareti della casa del nespolo, e dove incominci quella del villaggio». La narrazione è continuamente dominata, più che da un vero e proprio resoconto di eventi, dalle parole, dai discorsi e dai commenti delle persone che chiacchierano, criticano, sparlano e solo raramente partecipano emotivamente ai drammi altrui.

Le principali figure del romanzo simboleggiano ciascuna una particolare disposizione d’animo o di carattere, positiva o negativa ai fini della sopravvivenza della famiglia Toscano. Per esempio, padron ’Ntoni è il vecchio di casa, saggio ed equilibrato: la sua filosofia consiste nell’accontentarsi di ciò che si possiede, restando fedeli alle proprie radici. Al contrario, il giovane ’Ntoni, il figlio maggiore di Bastianazzo e di Maruzza, rappresenta l’ansia del nuovo, il desiderio di sottrarsi alle misere condizioni di vita della famiglia. Durante il servizio militare ha conosciuto la realtà urbana e, tornato al paese, non sopporta più le regole e i valori a cui da sempre si conforma l’esistenza della piccola comunità: non è più disposto ad accettare la fatica del lavoro, e sarà destinato a perdersi come la sorella Lia, sorta di controparte femminile dello stesso atteggiamento, disposta a tutto pur di fuggire dalla miseria e dallo sguardo giudicante dei compaesani. Viceversa, Alessi, che continuerà il lavoro del nonno e alla fine riuscirà a riscattare la casa del nespolo, simboleggia la possibilità di preservare, attraverso un impegno sofferto, i valori fondanti della famiglia.
Un altro personaggio, zio Crocifisso, l’uomo più ricco del paese, è colui che vende a credito ai Malavoglia il carico dei lupini. Ma quando il carico è perduto nel naufragio della Provvidenza, non pensa neanche per un istante a condonare il debito alla povera famiglia, che in quella disgrazia, peraltro, ha perso Bastianazzo. Egli rappresenta l’inesorabilità e la spietatezza della legge economica. Don Giammaria invece, il vicario di Aci Trezza, un prete reazionario e antiliberale, incarna l’ostilità al nuovo Regno d’Italia.

Al cuore della letteratura - volume 5
Al cuore della letteratura - volume 5
Il secondo Ottocento