Le passioni di un mondo arcaico

Il secondo Ottocento – L'autore: Giovanni Verga

Le passioni di un mondo arcaico

Nella prefazione alla novella L’amante di Gramigna, Verga riconosce il proprio interesse per «il misterioso processo per cui le passioni si annodano, si intrecciano, maturano, si svolgono nel loro cammino sotterraneo nei loro andirivieni che spesso sembrano contradditori» ( ► T1, p. 182). Sentimenti e desideri sono al centro della sua attenzione proprio per la loro componente irrazionale, senza che l’autore però si proponga di svelarne le dinamiche: i meccanismi che regolano le azioni umane rimangono infatti impenetrabili.
Non a caso i personaggi verghiani, più che parlare o spiegare, “fanno”: sono protagonisti, cioè, di atti e azioni che nascono da impulsi irresistibili, di cui è impossibile spiegare le oscure motivazioni. Tali impulsi non vengono analizzati, ma soltanto descritti nelle loro conseguenze, che l’autore non interviene mai a commentare.

Scosse da impeti quasi animaleschi, le figure verghiane non hanno ombre interiori né il loro pensiero manifesta oscillazioni complesse, esasperano invece nei loro gesti la violenza che regola i rapporti della società in cui vivono. Sono, per molti aspetti, assimilabili ai personaggi della tragedia greca, spesso drammaticamente votati all’autodistruzione: secondo lo scrittore inglese David H. Lawrence (1885-1930), «i siciliani [di Verga] sono quanto di più vicino ai greci antichi esista oggi» (così nella prefazione a un’edizione inglese da lui tradotta di Mastro-don Gesualdo, uscita nel 1922).

Nell’inesorabile fatalità a cui sono condannati, i comportamenti di personaggi quali Rosso Malpelo e la Lupa, pur eccezionali, non sottintendono però una ribellione tesa al riscatto. Essi, piuttosto, agiscono come vittime che scelgono non di mutare la propria sorte, ma di diventarne in qualche modo esecutori. Essi sono esclusi e “diversi”, in conflitto permanente con la collettività che li rifiuta e li espelle: “anormali” e “deviati”, il loro destino è sempre tragico, poiché li animano un anticonformismo e un coraggio che non possono avere esiti positivi. La loro dannazione si consuma attraverso tradimenti, duelli (come in Cavalleria rusticana), amori maledetti e gelosie, gesti inconsulti e una violenza che esplode repentina e selvaggia.

D’altro canto, la presenza ricorrente dell’amore-passione indica il persistere di un atteggiamento ancora romantico: per esempio il tono di alcune novelle di Vita dei campi è a metà tra l’epico e il lirico, il paesaggio incontaminato corrisponde spesso agli stati d’animo “naturali” dei personaggi, l’autenticità degli affetti e delle emozioni rimanda a un’esistenza schietta e semplice, antitetica rispetto all’artificiosità della moderna vita urbana. Ma questi aspetti ancora positivi della civiltà contadina si corromperanno presto, come si vede nella seconda parte della produzione verista verghiana – le Novelle rusticane e, soprattutto, Mastro-don Gesualdo – a contatto con la logica dell’interesse e dell’agire economico, destinata a soffocare ogni sentimento umano e ogni moto generoso dell’anima.

Al cuore della letteratura - volume 5
Al cuore della letteratura - volume 5
Il secondo Ottocento