La sorte di Malpelo non è individuale. Accanto a lui compaiono nella novella altri personaggi che condividono la stessa condizione di esclusione. Mastro Misciu, Ranocchio e l’asino grigio sono anch’essi dei reietti, destinati a trovare prevedibilmente la morte nell’indifferenza generale. Il narratore, che fa da portavoce della mentalità paesana, assegna loro, non a caso, lo stesso epiteto: sono, infatti, rispettivamente un povero diavolaccio (rr. 32-33), un povero ragazzetto (rr. 116-117) e una povera bestia (r. 98). Invece Rosso Malpelo non è gratificato dalla stessa compassione: perché? La risposta sta nella sua natura e nel possesso di qualità che gli altri vinti non hanno: l’orgoglio, la rabbia e la consapevolezza. Egli, brutto ceffo, torvo, ringhioso, e selvatico (r. 14), respinge la pietà del mondo (compresa la nostra), non intende suscitare compassione e non lancia patetici appelli ai buoni sentimenti.
Mai sfiorato dalla tentazione del vittimismo, Malpelo ha acquisito una visione disincantata e impietosa della realtà: animali, persone, perfino le cose (come la rena traditora, r. 144) combattono tra loro per esercitare la violenza del più forte. L’indifferenza che gli manifestano la madre e la sorella, le quali lo considerano come una bestia da fatica, e la perdita del padre, il solo che era capace di dedicargli attenzioni, lo hanno indotto a credere di non meritare l’amore degli altri. Egli si è perfino convinto di essere cattivo come tutti pensano e di dover ricoprire l’unico ruolo che il prossimo gli ha riservato, sia pure negativo (Sapendo che era malpelo, ei si acconciava ad esserlo il peggio che fosse
possibile, rr. 102-103). Ciò spiega perché, nonostante la generosa protezione che cerca di garantire a Ranocchio (comportamento che il coro paesano interpreta come un malvagio esercizio di superiorità: le sue attenzioni sarebbero solo un modo per prendersi il
gusto di tiranneggiarlo, rr. 122-123), sceglie di infierire sui più deboli con lo stesso spirito di sopraffazione che subisce lui stesso, in modo da insegnare le dure regole della vita (Se ti accade di dar delle busse, procura di darle più forte che puoi; così coloro su cui cadranno
ti terranno per da più di loro, rr. 139-140).