Scienza e fede

Il Seicento – L'autore: Galileo Galilei

 T3 

L’invenzione del cannocchiale

Lettera a Leonardo Donato, Padova, 24 agosto 1609


In questa lettera lo scienziato presenta il telescopio al doge di Venezia, chiedendogli il permesso di commercializzarlo.

Ser.mo Principe,1
Galileo Galilei, humilissimo servo della Ser.à V.a,2 invigilando3 assiduamente et
con ogni spirito4 per potere non solamente satisfare al carico5 che tiene della lettura6
di Matematica nello Studio di Padova, ma con qualche utile et segnalato trovato7
5 apportare straordinario benefizio alla S.tà V.a, compare al presente avanti di
quella 8 con un nuovo artifizio di un occhiale cavato dalle più recondite speculazioni
di prospettiva,9 il quale conduce gl’oggetti visibili così vicini all’occhio, et così
grandi et distinti gli10 rappresenta, che quello che è distante, v. g.,11 nove miglia,
ci apparisce come se fusse lontano un miglio solo: cosa che per ogni negozio12 et
10 impresa marittima o terrestre può esser di giovamento inestimabile; potendosi in
mare in assai maggior lontananza del consueto scoprire legni et vele dell’inimico,13
sì che per due hore et più di tempo possiamo prima scoprir lui che egli scuopra
noi, et distinguendo il numero et la qualità de i vasselli,14 giudicare le sue forze,
per allestirsi alla caccia,15 al combattimento o alla fuga; et parimente potendosi in
15 terra scoprire dentro alle piazze,16 alloggiamenti et ripari dell’inimico da qualche
eminenza17 benché lontana, o pure anco nella campagna aperta vedere et particolarmente
distinguere, con nostro grandissimo vantaggio, ogni suo moto et preparamento;
oltre a molte altre utilità, chiaramente note ad ogni persona giudiziosa.18
Et pertanto, giudicandolo degno di essere dalla S. V.19 ricevuto et come utilissimo
20 stimato, ha determinato20 di presentarglielo et sotto l’arbitrio suo rimettere il determinare
circa questo ritrovamento,21 ordinando et provedendo che, secondo che
parerà oportuno alla sua prudenza,22 ne siano o non siano fabricati.
Et questo presenta con ogni affetto il detto Galilei alla S. V., come uno de i frutti
della scienza che esso, già 17 anni compiti,23 professa nello Studio di Padova, con
25 speranza di essere alla giornata per presentargliene de i maggiori, se piacerà al S.
Dio et alla S. V. che egli, secondo il suo desiderio, passi il resto della vita sua al servizio
di V. S.24 Alla quale humilmente si inchina, et da Sua Divina Maestà gli prega25
il colmo di tutte le felicità.

 >> pag. 82 

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I contenuti tematici

In questa breve epistola, Galileo mette in luce i vantaggi di carattere strategico della sua invenzione, che consistono nella possibilità di scorgere un nemico prima di essere visti da lui, in modo da disporre un’adeguata difesa o da programmare un attacco. Per lo scienziato è di fondamentale importanza riuscire a convincere il doge della bontà del suo ritrovato: se il cannocchiale riscuoterà successo, dalla sua commercializzazione Galileo otterrà grandi vantaggi materiali.

Sebbene affermi che il cannocchiale sia stato cavato dalle più recondite speculazioni di prospettiva (rr. 6-7), in realtà Galileo non disponeva di grandi conoscenze in questo campo. Aveva sentito parlare di quello strano oggetto e aveva capito che per costruirlo avrebbe dovuto fissare una lente concava e una convessa alle due estremità di un tubo, ma non sapeva bene come. Tuttavia, provando e riprovando, alla fine era riuscito a ottenere il risultato sperato.
Anche in questo caso l’esperienza diretta e il metodo sperimentale sono alla base delle conquiste galileiane, fondate su tentativi, errori e nuovi tentativi, guidati da osservazioni empiriche e teorie elaborate in base al calcolo e all’esperienza. Da questo momento in poi la scienza inizia a valersi in modo determinante dell’ausilio della tecnica per rivestire un ruolo nuovo: non più quello di rivelare astruse verità o di disputare intorno alle opinioni degli auctores, ma quello di investigare direttamente la realtà sensibile.

Vale la pena, infine, rilevare un dato inerente la biografia galileiana: parlando di sé in terza persona, lo scienziato si descrive come un devoto servitore della Repubblica di Venezia, disposto a rimanere alle sue dipendenze per tutta la vita. Ma le cose non andranno così: di lì a poco egli tornerà in Toscana.

Le scelte stilistiche

Galileo si mostra molto ossequioso e sottomesso all’autorità del doge: usa uno stile alto dal punto di vista lessicale (invigilando, r. 2, in luogo di “vigilando”; eminenza, r. 16, in luogo di “altura” ecc.), ma allo stesso tempo umile quanto ai toni, ben lontani da quelli polemici presenti in molti suoi scritti, fino a sfiorare – così diremmo in base alla nostra sensibilità – il servilismo (humilissimo servo, r. 2; humilmente si inchina, r. 27). Tuttavia sarebbe un errore vedere in tali accenti l’espressione di un carattere fiaccato dalla sudditanza nei confronti del potere, poiché essi rispondono, in realtà, a una precisa convenzione di genere, quella dello stile epistolare.

Il genere epistolare, del resto, esalta felicemente l’originalità della prosa di Galileo, sempre efficace, vivace ed espressiva. Poiché all’autore sta a cuore convincere il doge dell’utilità pratica della sua invenzione, non gli interessa tanto esibirsi nella costruzione di periodi retoricamente sostenuti, ma piuttosto andare direttamente al cuore delle questioni che intende sottolineare. Qui, per esempio, lo fa attraverso una struttura sintattica spezzata in modo quasi schematico: si noti, dopo i due punti alla r. 9, l’elenco dei diversi usi possibili del cannocchiale, reso attraverso una serie di frasi separate dal punto e virgola (rr. 9-18). In tal modo il genere epistolare viene piegato da Galileo al suo obiettivo di diffusione delle nuove conoscenze, coniugando la piacevolezza espositiva con il rigore logico-argomentativo.

 >> pag. 83 

      Verso le competenze

COMPRENDERE

1 Quali sono i vantaggi offerti dal cannocchiale in campo militare?


2 Perché Venezia può essere molto interessata all’acquisto del cannocchiale?

ANALIZZARE

3 Individua le parole e le espressioni più significative che si riferiscono all’ambito tecnico e scientifico.

INTERPRETARE

4 Qual è il fine di questa epistola?


Scienza e fede

Galileo è credente, quindi pensa che la Bibbia non possa in alcun modo affermare cose false. Per lui sia le Scritture sia la natura promanano da Dio, e quindi la fede e la scienza, che derivano necessariamente dal Creatore, sono entrambe veritiere e non possono contraddirsi a vicenda; qualora sembrassero farlo, ciò sarebbe dovuto unicamente a un errore umano nell’interpretazione dei testi sacri. In altre parole, non può esistere un contrasto tra verità di ragione ed esperienza (cioè le verità scientifiche) e verità rivelate dalla Bibbia: eventuali discordanze tra le scoperte scientifiche e le posizioni dei teologi si verificano soltanto a causa di un fraintendimento, da parte di questi ultimi, del vero significato dello specifico passo biblico, perché i teologi non sono tutti ispirati da Dio e quindi possono anche sbagliare.

A differenza della teologia, che è soggetta all’arbitrio degli interpreti della Bibbia, la scienza deve attenersi meticolosamente alle rigide leggi imposte da Dio alla natura, e quindi, se condotta secondo i princìpi che regolano quest’ultima, può essere ancora più affidabile delle Scritture, o meglio delle loro interpretazioni, per quanto riguarda la descrizione e lo studio della realtà fisica. Infatti, mentre «la Scrittura in molti luoghi è non solamente capace, ma necessariamente bisognosa d’esposizioni diverse dall’apparente significato delle parole», la natura è una «osservantissima esecutrice de gli ordini di Dio» (Lettera a Benedetto Castelli, 21 dicembre 1613), e quindi è più direttamente intelligibile, in quanto per comprenderla pienamente, se si conoscono le leggi che la governano, non c’è bisogno di alcuna ulteriore interpretazione.

D’altra parte, per potersi rivolgere a tutti gli uomini la Bibbia si serve di immagini, semplificazioni e metafore che, se non adeguatamente decodificate, possono ingannare i più ingenui e sprovveduti, alimentando in essi false credenze. Proprio una lettura superficiale e distorta della Bibbia costituisce, secondo Galileo, il motivo principale del rifiuto della dottrina copernicana. Si tratta di un brevissimo passo del Libro di Giosuè (10, 12-13), in cui è scritto che Dio fermò il Sole per allungare il giorno e dare agli israeliti il tempo sufficiente a sterminare il popolo degli amorrei. Secondo i teologi, questi versetti biblici forniscono la dimostrazione che il Sole gira intorno alla Terra; infatti, se il Sole non fosse stato in movimento, Dio non avrebbe potuto fermarlo.

Galileo contesta questa interpretazione e cerca di volgere a proprio favore l’argomento utilizzato contro di lui. Secondo lo scienziato, l’autore del testo biblico nel descrivere il miracolo dell’allungamento del giorno ha voluto esprimersi usando termini comprensibili a tutti, anche se non conformi alla realtà dei moti celesti. Del resto, anche qualora si volesse ritenere che quel passo sia la dimostrazione del moto del Sole, esso sarebbe comunque in contrasto con la cosmografia tolemaica, accettata dalla Chiesa, perché nel sistema di Tolomeo la lunghezza del giorno non dipende dal movimento del Sole, ma da quello del “primo mobile” (uno dei cieli della cosmografia tradizionale).

 >> pag. 84 

Quindi, se per adeguare il testo delle Scritture alla cosmografia tradizionale è necessario interpretarle in un senso diverso da quello letterale, allora è dimostrato che la Bibbia non va seguita alla lettera, ma, appunto, interpretata, specialmente quando essa tratta questioni legate alla descrizione del mondo naturale. In tal modo, si potrà capire che la Bibbia non contraddice i risultati della scienza e che quest’ultima può quindi svilupparsi in piena autonomia senza per questo mettersi in conflitto con la Chiesa.

 T4 

Come va il cielo e come si va al cielo

Lettera a Madama Cristina di Lorena Granduchessa di Toscana


In questa celebre epistola, scritta tra il febbraio e l’estate del 1615, Galileo espone con precisione il proprio pensiero in merito al rapporto tra fede e scienza.

Il motivo, dunque, che loro1 producono per condennar l’opinione della mobilità
della Terra e stabilità del Sole, è, che leggendosi nelle Sacre lettere, in molti luoghi,
che il Sole si muove e che la Terra sta ferma, né potendo la Scrittura mai mentire o
errare, ne séguita per necessaria conseguenza2 che erronea e dannanda sia3 la sentenza
5 di chi volesse asserire, il Sole esser per se stesso immobile, e mobile la Terra.
Sopra questa ragione parmi4 primieramente da considerare, essere e santissimamente
detto e prudentissimamente stabilito, non poter mai la Sacra Scrittura
mentire, tutta volta che5 si sia penetrato il suo vero sentimento; il qual non credo
che si possa negare essere molte volte recondito e molto diverso da quello che suona
10 il puro significato delle parole.6 Dal che ne séguita, che qualunque volta alcuno,
nell’esporla, volesse fermarsi sempre nel nudo suono literale,7 potrebbe, errando
esso,8 far apparir nelle Scritture non solo contradizioni e proposizioni remote9 dal
vero, ma gravi eresie e bestemmie ancora: poi che sarebbe necessario dare a Iddio

 >> pag. 85 

e piedi e mani e occhi, non meno affetti corporali ed umani, come d’ira, di pentimento,
15 d’odio, ed anco tal volta10 la dimenticanza delle cose passate e l’ignoranza
delle future; le quali proposizioni, sì come, dettante lo Spirito Santo, furono in tal
guisa11 profferite da gli scrittori sacri per accomodarsi alla capacità del vulgo12 assai
rozzo e indisciplinato, così per quelli che meritano d’esser separati dalla plebe13 è
necessario che i saggi espositori14 ne produchino15 i veri sensi, e n’additino le ragioni
20 particolari per che e’16 siano sotto cotali parole profferiti […].
Di qui mi par di poter assai ragionevolmente dedurre, che la medesima Sacra Scrittura,
qualunque volta gli è occorso di pronunziare alcuna conclusione naturale,17 e
massime18 delle più recondite e difficili ad esser capite, ella non abbia pretermesso
questo medesimo avviso,19 per non aggiugnere confusione nelle menti di quel medesimo
25 popolo e renderlo più contumace20 contro a i dogmi di più alto misterio. […]
Stante, dunque, ciò, mi par che nelle dispute di problemi naturali non si dovrebbe
cominciare dalle autorità di luoghi21 delle Scritture, ma dalle sensate esperienze
e dalle dimostrazioni necessarie: perché, procedendo di pari22 dal Verbo divino la
Scrittura Sacra e la natura, quella23 come dettatura dello Spirito Santo, e questa24
30 come osservantissima25 essecutrice de gli ordini di Dio;26 ed essendo, di più, convenuto27
nelle Scritture, per accomodarsi all’intendimento dell’universale,28 dir molte
cose diverse, in aspetto e quanto al nudo significato delle parole, dal vero assoluto;
ma, all’incontro,29 essendo la natura inesorabile ed immutabile, e mai non trascendente
i termini delle leggi impostegli, come quella che nulla cura30 che le sue recondite
35 ragioni e modi d’operare sieno o non sieno esposti alla capacità degli uomini;
pare che quello degli effetti naturali che o la sensata esperienza ci pone dinanzi a gli
occhi o le necessarie dimostrazioni ci concludono, non debba in conto alcuno esser
revocato in dubbio, non che31 condennato, per luoghi della Scrittura che avessero
nelle parole diverso sembiante; poi che non ogni detto della Scrittura è legato a obblighi
40 così severi com’ogni effetto di natura,32 né meno eccelentemente ci si scuopre
Iddio negli effetti di natura che ne’ sacri detti delle Scritture33 […].
Non avendo voluto lo Spirito Santo insegnarci se il cielo si muova o stia fermo,
né la sua figura sia in forma di sfera o di disco o distesa in piano, né se la Terra sia
contenuta nel centro di esso o da una banda,34 non avrà manco avuto intenzione
45 di renderci certi di altre conclusioni dell’istesso genere, e collegate in maniera con
le pur ora nominate, che senza la determinazion di esse non se ne può asserire
questa o quella parte;35 quali sono il determinar del moto e della quiete di essa
Terra e del Sole.

 >> pag. 86 

E se l’istesso Spirito Santo a bello studio36 ha pretermesso37 d’insegnarci simili proposizioni,
50 come nulla attenenti alla sua intenzione, ciò è alla nostra salute,38 come si
potrà adesso affermare, che il tener di esse questa parte, e non quella, sia tanto necessario
che l’una sia de Fide, e l’altra erronea?39 Potrà, dunque essere un’opinione eretica, e
nulla concernente alla salute dell’anime? o potrà dirsi, aver lo Spirito Santo voluto non
insegnarci cosa concernente alla salute? Io qui direi che quello che intesi da persona
55 ecclesiastica costituita in eminentissimo grado, ciò è l’intenzione dello Spirito Santo
essere d’insegnarci come si vadia40 al cielo, e non come vadia il cielo.

      Dentro il testo

I contenuti tematici

Galileo nota che la Bibbia dà lezioni etiche, non scientifiche; quindi le Sacre Scritture non insegnano come funzionano i corpi celesti (come vadia il cielo, r. 56), ma come salvare la propria anima (come si vadia al cielo, r. 56). Per questo motivo in esse non si trovano disquisizioni astronomiche, ma piuttosto vengono trattati problemi di ordine morale. Quando i testi sacri accennano a fenomeni astronomici o naturali in genere, non pretendono di avere validità scientifica.

Chi ha scritto i vari libri sacri si rivolgeva a un pubblico molto vasto, comprendente anche persone ignoranti. Pertanto i riferimenti alla natura contenuti nella Bibbia non dovevano essere per forza veritieri, ma piuttosto semplici e alla portata di tutti. Perciò nel trattare questioni naturali gli autori dei testi sacri hanno adottato il punto di vista del volgo, assai rozzo e indisciplinato (rr. 17-18).
Se nella Bibbia troviamo un riferimento al moto del Sole, ciò non deriva dal fatto che il Sole si muova davvero, bensì dalla volontà di accordarsi alla visione della realtà propria dell’uomo comune, secondo il quale, appunto, è il Sole a muoversi, mentre la Terra sta ferma: in questo modo i lettori della Bibbia hanno trovato in essa una descrizione della realtà confacente al loro punto di vista. Lo stesso argomento viene usato da Giordano Bruno (1548-1600) nel dialogo Cena de le ceneri (1584) che però Galileo, per prudenza, non cita mai: Bruno era stato infatti condannato per eresia e mandato al rogo dall’Inquisizione romana.

      Verso le competenze

COMPRENDERE

1 Riassumi il contenuto della lettera a Cristina di Lorena in circa 5 righe.


2 Spiega questo passo: Io qui direi che quello che intesi da persona ecclesiastica costituita in eminentissimo grado, ciò è l’intenzione dello Spirito Santo essere d’insegnarci come si vadia al cielo, e non come vadia il cielo (rr. 54-56).

ANALIZZARE

3 Rintraccia i termini e le espressioni a tuo giudizio più significativi che riguardano l’area semantica del ragionamento e dell’argomentazione.

INTERPRETARE

4 Spiega il motivo per cui non ogni detto della Scrittura è legato a obblighi così severi com’ogni effetto di natura (rr. 39-40).


Al cuore della letteratura - volume 3
Al cuore della letteratura - volume 3
Il Seicento e il Settecento