Il Settecento – L'autore: Vittorio Alfieri

LABORATORIO verso l'esame

 TIPOLOGIA A  
 analisi del testo  

Da Marsiglia a Parigi

Vita, Epoca terza, cap. 4


Alfieri inizia a viaggiare da adolescente e, nel giro di due anni, visita tutti i più importanti Stati d’Europa. Soggiorna anche in Francia: in questa famosa descrizione di Marsiglia, dove il poeta guarda l’infinito del mare, si avverte il suo gusto per i paesaggi liberi e sterminati.

Oltre il teatro, era anche uno de’ miei divertimenti in Marsiglia il bagnarmi quasi
ogni sera nel mare. Mi era venuto trovato1 un luoghetto graziosissimo ad una certa
punta di terra2 posta a man dritta3 fuori del porto, dove sedendomi su la rena4 con
le spalle addossate a uno scoglio ben altetto5 che mi toglieva ogni vista della terra
5 da tergo, innanzi ed intorno a me non vedeva altro che mare e cielo; e così fra quelle
due immensità abbellite anche molto dai raggi del sole che si tuffava nell’onde,
io mi passava un’ora di delizie fantasticando; e quivi avrei composte molte poesie,
se io avessi saputo scrivere o in rima o in prosa in una lingua qual che si fosse.
Ma tediatomi pure anche del soggiorno di Marsiglia, perché ogni cosa presto
10 tedia gli oziosi; ed incalzato ferocemente dalla frenesia6 di Parigi; partii verso il 10
d’agosto, e più come fuggitivo che come viaggiatore,7 andai notte e giorno senza
posarmi8 sino a Lione. Non Aix9 col suo magnifico e ridente passeggio; non Avignone,
già sede papale,10 e tomba della celebre Laura;11 non Valchiusa, stanza già
sì gran tempo del nostro divino Petrarca; nulla mi potea distornare12 dall’andar
15 dritto a guisa di saetta13 in verso Parigi. In Lione la stanchezza mi fece trattenere
due notti e un giorno; e ripartitone con lo stesso furore, in meno di tre giorni per
la via della Borgogna mi condussi in Parigi.

COMPRENSIONE

1 Riassumi il contenuto del brano in circa 5 righe.


2 Che cosa rende piacevole il soggiorno di Alfieri a Marsiglia?


3 Quali sentimenti dominano nella descrizione dei luoghi?


4 Che cosa apprezza di più Alfieri della visita alla città di Avignone? Perché?

ANALISI

5 Quale ragione spinge l’autore a viaggiare come se stesse fuggendo? Da quali punti del testo si evince il suo stato d’animo?


6 Analizza il lessico del brano. Come potremmo definirlo? Motiva la tua risposta facendo esempi opportuni.


7 Sul piano sintattico, prevalgono le coordinate o le subordinate? A che cosa è dovuta questa scelta?

INTERPRETAZIONE COMPLESSIVA E APPROFONDIMENTI

8 Approfondisci, con riferimento ad altri testi di Alfieri che conosci, il sentimento della noia e il desiderio di infinito che lo scrittore descrive in questo brano.

9 Scrivere di sé e della propria vita è una delle modalità letterarie più diffuse ed efficaci: prima di Alfieri quali altri esempi di scrittura autobiografica conosci nella letteratura italiana (ma non solo)? Quali analogie e differenze noti con il capolavoro alfieriano?

 >> pag. 497 
 TIPOLOGIA B  
 saggio breve  

ARGOMENTO

ACCIDIA, NOIA, DEPRESSIONE: DAGLI ANTICHI AI MODERNI

Sviluppa l’argomento in forma di saggio breve utilizzando i documenti forniti. Nella tua argomentazione fai riferimento a ciò che hai studiato e alle tue conoscenze.

Documento 1

Tra i primi a riflettere sull’uomo e sulla noia che lo contraddistingue troviamo il poeta latino Tito Lucrezio Caro (I sec. a.C.), autore del poema filosofico Della natura.


         Se gli uomini come sentono il peso che li stanca
         almeno potessero di tanto male scoprire la causa
         avrebbero forse una vita migliore.
         E così li vediamo
5      incerti non saper cosa vogliono: li vediamo
         cercare inquieti altre sedi,
         un luogo diverso dal solito
         dove pure quel peso depongano:
         questo, annoiato delle sue stanze, esce
10    dal suo ricco palazzo e vi torna: ha visto
         che fuori non c’è niente di meglio;
         quest’altro spinge i cavalli alla villa campestre,
         li sferza precìpite come a spegnere i tetti
         dalle fiamme, e già sulla porta sbadiglia:
15    discende nel sonno e il grave affanno interrompe
         oppure rientra in città e le solite strade rivede.
         Ognuno vorrebbe staccarsi da sé, fuggirsi lontano
         e non può, anzi sempre più a se stesso
         costretto si attacca e intanto si odia:
20    malato non sa come il male gli viene,
         non vede la causa del male. Ché se mai la vedesse
         lascerebbe andare ogni cosa per tentare
         di aprire dal fondo questo sordo segreto
         della materia: dove non è un’ora che scorre
25    o un giorno soltanto, ma il tempo eterno,
         l’età che ci prepara la morte.


Tito Lucrezio Caro, Della natura, III, 1051-1074

 >> pag. 498 

Documento 2

Nel Secretum Francesco Petrarca (1304-1374) dialoga con sant’Agostino a proposito del sentimento devastante che lo tormenta: l’accidia.


AGOSTINO Ti domina una funesta malattia dell’animo, che i moderni hanno chiamato
accidia e gli antichi aegritudo.
FRANCESCO Il nome solo di essa mi fa inorridire.
AGOSTINO Non me ne meraviglio, poiché ne sei tormentato a lungo e gravemente.
5 FRANCESCO È vero; e a ciò s’aggiunge che mentre in tutte quante le passioni da cui
sono oppresso è commisto un che di dolcezza, sia pur falsa, in questa tristezza
invece tutto è aspro, doloroso e orrendo; e c’è aperta sempre la via alla disperazione
e a tutto ciò che sospinge le anime infelici alla rovina. Aggiungi che delle
altre passioni soffro tanto frequenti quanto brevi e momentanei gli assalti; questo
10 male invece mi prende talvolta così tenacemente, da tormentarmi nelle sue
strette giorno e notte; e allora la mia giornata non ha più per me luce né vita,
ma è come notte d’inferno e acerbissima morte. E tanto di lagrime e di dolori
mi pasco con non so quale atra voluttà,1 che a malincuore (e questo si può ben
dire il supremo colmo delle miserie!) me ne stacco.
15 AGOSTINO Conosci benissimo il tuo male; tosto ne conoscerai la cagione. Di’ dunque:
che è che ti contrista tanto? il trascorrere dei beni temporali, o i dolori fisici
o qualche offesa della troppo avversa fortuna?
FRANCESCO Un solo qualsiasi di questi motivi non sarebbe per sé abbastanza valido.
Se fossi messo alla prova in un cimento singolo, resisterei certamente; ma ora
20 sono travolto da tutto un loro esercito.


Francesco Petrarca, Secretum, II

Documento 3

I Pensieri del filosofo francese Blaise Pascal (1623-1662) contengono numerose e originali riflessioni sulla fragilità della natura umana.


Quelle volte in cui mi sono messo a considerare le diverse forme d’inquietudine
degli uomini, i pericoli e i dolori a cui si espongono, a corte, in guerra, e da cui
sorgono tante liti, passioni, imprese audaci e spesso malvagie, mi sono detto che
tutta l’infelicità degli uomini viene da una sola cosa, non sapersene stare in pace in
5 una camera. Un uomo che abbia abbastanza da vivere, se provasse piacere a restare
in casa, non ne uscirebbe certo per andare in mare o all’assedio di una cittadella;
e se non trovasse insopportabile rimanere in città, mai più si comprerebbe a caro
prezzo una carica nell’esercito; e si cercano le conversazioni e gli svaghi del gioco
perché non si sa rimanere piacevolmente a casa.
10 Ma quando, avendoci riflettuto maggiormente, ho trovato la causa di tutte le
nostre disgrazie, ho pensato che ce n’è una davvero autentica, che consiste nell’infelicità
naturale della nostra condizione debole, mortale e così miserabile che
niente ci può consolare quando ci pensiamo seriamente.


Blaise Pascal, Pensieri, 126

 >> pag. 499 

Documento 4

Il testo è un appunto del 1775 tratto dai Giornali, una sorta di diario tenuto da Alfieri per alleviare i propri conflitti interiori, prima che l’autore cominciasse a oggettivarli nei personaggi del suo teatro.


Ci sono poche giornate nella mia vita in cui io sia stato più stupido e più ridicolo
che in questa. Dapprima alzandomi dal letto avevo qualche idea per la mia tragedia,1
ma per pigrizia mentale differii fino alla sera a scriverla e affrettandomi a
uscire, come se avessi saputo dove andare, mi vestii in furia. Passai dal mio amico
5 che avevo visto alla finestra senza stivali; ero sicuro che non sarebbe montato a cavallo;
e tuttavia salii per domandarglielo, unicamente perché non sapevo che fare
e perché quando una inutilità esce di casa, bisogna proprio che vada a spacciare
altre inutilità da un altro.
Dopo esserci rimasto un momento, annoiato di star lì, discesi le scale, montai
10 un cavallo sul quale mi misi a seguire la Guardia; ero seccato che il mio cavallo non
si spaventasse del tamburo, e avrei desiderato che facesse qualche salto, per avere
l’occasione di far ammirare la mia destrezza nel guidarlo. C’era per altro qualche
contrasto in me perché non avrei assolutamente voluto esser troppo notato, avendo
la barba lunga, e non ritenendomi in forma. Passai per tutta via Po al grandissimo
15 trotto, e benché dica che io trotto così per la salute, quando nessuno mi vede, vado al
passo o al piccolo galoppo. Montai poi tre cavalli, che ho castigato spesso a sproposito,
servendomi dispoticamente e ingiustamente dell’autorità che quelle bestie mi
hanno lasciato usurpare su di loro.
Tornai poi in via Po. Una ridicola debolezza mi ci fa passare spessissimo; so che
20 una signora che di solito passeggia per quella via, mi fa delle moine, io non me ne
curo, ma sarei seccato se non me ne facesse; se la incontro qualche volta faccio finta
di non vederla e poi mi rivolto per vedere se mi ha guardato; io dico continuamente
che nessuna donna potrebbe lusingare il mio amor proprio; tuttavia, lo confesserò
con mia grande confusione, quella che non stimo e che non amo, non manca di
25 lusingarlo un po’. Eccomi alfine di ritorno; mi vesto, mi metto a leggere: ho la testa
piena di centomila vanità cosicché presto poca attenzione a quel che leggo; mi propongo
di lavorare la sera; dico che farò a meno del ballo e che questi piaceri non
mi divertono, e non è vero; ho grande voglia di andarci e so già in anticipo che non
scriverò niente e che andrò al ballo.
30 Arriva un maestro di ballo, poi un musicista per pranzare con me; ciò mi fa
piacere, per quanto la compagnia non sia molto divertente, poiché potrò sfuggire
un po’ me stesso e così mi troverò meno umiliato.2


Vittorio Alfieri, Giornali, 17 febbraio 1775

 >> pag. 500 

Documento 5

Giacomo Leopardi (1798-1837) consegna alle Operette morali le sue più profonde riflessioni sull’uomo, tra le quali non può mancare quella sulla noia, affidata a Torquato Tasso (1544-1595), poeta dall’animo tormentato.


GENIO Che cosa è la noia?
TASSO Qui l’esperienza non mi manca, da soddisfare alla tua domanda. A me pare
che la noia sia della natura dell’aria: la quale riempie tutti gli spazi interposti
alle altre cose materiali, e tutti i vani1 contenuti in ciascuna di loro; e donde un
5 corpo si parte, e altro non gli sottentra2 quivi ella succede3 immediatamente.
Così tutti gl’intervalli della vita umana frapposti ai piaceri e ai dispiaceri, sono
occupati dalla noia. E però, come nel mondo materiale, secondo i Peripatetici,4
non si dà vóto5 alcuno; così nella vita nostra non si dà vóto; se non quando la
mente per qualsivoglia causa intermette6 l’uso del pensiero. Per tutto il resto del
10 tempo, l’animo, considerato anche in se proprio e come disgiunto dal corpo, si
trova contenere qualche passione; come quello a cui l’essere vacuo da ogni piacere
e dispiacere, importa7 essere pieno di noia; la quale anco è passione, non
altrimenti che il dolore e il diletto.
GENIO E da poi che tutti i vostri diletti sono di materia simile ai ragnateli; tenuissima,
15 radissima e trasparente; perciò come l’aria in questi, così la noia penetra
in quelli da ogni parte, e li riempie. Veramente per la noia non credo si debba
intendere altro che il desiderio puro della felicità; non soddisfatto dal piacere, e
non offeso apertamente dal dispiacere. Il buon desiderio, come dicevamo poco
innanzi, non è mai soddisfatto; e il piacere propriamente non si trova. Sicché la
20 vita umana, per modo di dire, è composta e intessuta, parte di dolore, parte di
noia; dall’una delle quali passioni non ha riposo se non cadendo nell’altra. E
questo non è tuo destino particolare, ma comune di tutti gli uomini.
TASSO Che rimedio potrebbe giovare contro la noia?
GENIO Il sonno, l’oppio, e il dolore. E questo è il più potente di tutti: perché l’uomo
25 mentre patisce, non si annoia per niuna maniera.


Giacomo Leopardi, Dialogo di Torquato Tasso e del suo genio familiare, in Operette morali

Documento 6

Lo scrittore Alberto Moravia (1907-1990) ha saputo trasformare la noia in drammatica narrazione romanzesca, in linea con la più moderna sensibilità novecentesca.


Penso che, a questo punto, sarà forse opportuno che io spenda qualche parola
sulla noia, un sentimento di cui mi accadrà di parlare spesso in queste pagine.
Dunque, per quanto io mi spinga indietro negli anni con la memoria, ricordo di
aver sempre sofferto della noia. Ma bisogna intendersi su questa parola. Per molti
5 la noia è il contrario del divertimento; e divertimento è distrazione, dimenticanza.

 >> pag. 501 

Per me, invece, la noia non è il contrario del divertimento; potrei dire, anzi, addirittura,
che per certi aspetti essa rassomiglia al divertimento in quanto, appunto, provoca
distrazione e dimenticanza, sia pure di un genere molto particolare. La noia,
per me, è propriamente una specie di insufficienza o inadeguatezza o scarsità della
10 realtà. Per adoperare una metafora, la realtà, quando mi annoio, mi ha sempre fatto
l’effetto sconcertante che fa una coperta troppo corta, ad un dormiente, in una
notte d’inverno: la tira sui piedi e ha freddo al petto, la tira sul petto e ha freddo ai
piedi; e così non riesce mai a prender sonno veramente. Oppure, altro paragone,
la mia noia rassomiglia all’interruzione frequente e misteriosa della corrente elettrica
15 in una casa: un momento tutto è chiaro ed evidente, qui sono le poltrone, lì i
divani, più in là gli armadi, le consolle, i quadri, i tendaggi, i tappeti, le finestre, le
porte; un momento dopo non c’è più che buio e vuoto. Oppure, terzo paragone,
la mia noia potrebbe essere definita una malattia degli oggetti, consistente in un
avvizzimento o perdita di vitalità quasi repentina; come a vedere in pochi secondi,
20 per trasformazioni successive e rapidissime, un fiore passare dal boccio
all’appassimento e alla polvere.


Alberto Moravia, La noia, 1960

Documento 7

Nello scrittore “ribelle” Pier Vittorio Tondelli (1955-1991) la noia diventa una malattia dei tempi moderni, molto vicina all’ansia, e assume un nuovo nome.


Lacrime lacrime non ce n’è mai abbastanza quando vien su la scoglionatura, inutile
dire cuore mio spaccati a mezzo come un uovo e manda via il vischioso male,
quando ti prende lei la bestia non c’è da fare proprio nulla solo stare ad aspettare
un giorno appresso all’altro. E quando viene comincia ad attaccarti la bassa pancia,
5 quindi sale su allo stomaco e lo agita in tremolio di frullatore e dopo diventa ansia
che è come un sospiro trattenuto che dice vengo su eppoi non viene mai.


Pier Vittorio Tondelli, Autobahn, in Altri libertini, 1980

Guida alla stesura

  • Dopo un’attenta lettura di tutti i documenti, fai una breve sintesi di ognuno: non si conoscono le cause della noia (doc. 1); l’accidia petrarchesca è una vera e propria malattia (doc. 2); alla base dell’infelicità umana c’è la noia (doc. 3); per vincere la noia l’uomo si dedica alle attività più disparate (doc. 4); la noia è determinata dal desiderio di felicità (doc. 5); la noia moderna è una specie di stato di sospensione emotiva (doc. 6); il volto nuovo della noia ai nostri giorni è l’ansia (doc. 7). Ciò ti permetterà di avere un’idea complessiva dell’argomento da trattare.
  • Individua le parole chiave presenti in ogni documento e raggruppale in una serie di temi omogenei: la noia intesa come malattia (docc. 2, 7); intesa come infelicità (docc. 3, 5); intesa come perenne inquietudine (docc. 1, 4, 6).
  • Individua i punti di contatto e quelli di divergenza tra i diversi temi. Mettili a confronto, spiegando come si sono sviluppati, modificati, e perché.
  • Ogni tua affermazione deve essere sempre argomentata.
  • Usa un linguaggio chiaro e preciso e, dove necessario, tecnico.

Al cuore della letteratura - volume 3
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Il Seicento e il Settecento