Il Settecento – L'autore: Carlo Goldoni

la sintesi

LA VITA

Carlo Goldoni nasce a Venezia nel 1707. Studia dapprima a Venezia, poi materie umanistiche e retorica a Perugia. Il padre, medico, lo avvia agli studi di medicina, a Rimini, ma da qui il giovane fugge con una compagnia di commedianti. Si laurea in Giurisprudenza a Padova ed esercita l’avvocatura a Venezia, Milano, Crema e in altre città dell’Italia settentrionale. Non abbandona la professione anche dopo l’incontro, nel 1733, con Giuseppe Imer, capocomico di una compagnia teatrale, che sarà cruciale per il suo destino di commediografo. Imer gli commissiona degli intermezzi (brevi composizioni comiche accompagnate da musica rappresentate fra un atto e l’altro di tragedie e melodrammi) che vengono molto apprezzati dal pubblico. Tra il 1737 e il 1741 Goldoni dirige il teatro veneziano San Crisostomo e scrive Momolo cortesan e, poco più tardi, La donna di garbo, opere con cui dà inizio a una radicale riforma della commedia. Superando la consuetudine della commedia dell’arte, basata su canovacci che definivano solo lo sviluppo generale dell’intreccio e lasciavano all’estro degli attori l’invenzione delle battute di dialogo, Goldoni scrive tutte le parti del copione e introduce la caratterizzazione dei personaggi, sottraendo le maschere ai cliché della tradizione e rendendo più verosimili le figure che compaiono in scena. Nel 1745 scrive per l’attore Antonio Sacchi, famoso interprete di Arlecchino, una commedia che riscuote grande successo: Arlecchino servitore di due padroni. Due anni dopo a Livorno avviene l’incontro, decisivo per la sua carriera, con il capocomico Girolamo Medebach, per il quale si impegna a produrre otto commedie all’anno da mettere in scena al teatro Sant’Angelo di Venezia. Abbandona allora definitivamente la professione di avvocato. Sono di questo periodo lavori che gli daranno fama duratura, come La famiglia dell’antiquario, La bottega del caffè, I pettegolezzi delle donne. Nel 1753, incrinatosi il rapporto con Medebach, stipula un contratto con il nobile Antonio Vendramin, proprietario del teatro San Luca, che gli offre condizioni di lavoro migliori quanto a libertà d’azione e compensi. Nonostante la depressione che a intervalli lo perseguita, e l’aggressiva competitività di concorrenti e avversari come Pietro Chiari e Carlo Gozzi, le sue commedie continuano a riscuotere entusiastici consensi. Sono di questi anni capolavori come Il campiello, I rusteghi, Le baruffe chiozzotte. Nel 1762 è invitato a Parigi dalla Comédie Italienne a rinnovare il repertorio della compagnia. Grazie al prestigio acquisito anche in Francia, viene chiamato a Versailles come insegnante di italiano delle figlie del re Luigi XV, incarico che ricopre fino 1770. Muore a Parigi nel 1793.

LE OPERE

Il superamento della commedia dell’arte è attuato da Goldoni in nome della sobrietà, dell’autenticità e del realismo. Le sue fonti di ispirazione sono il «libro del Mondo» (l’esperienza della vita) e il «libro del Teatro» (l’esperienza del lavoro teatrale). Le sue opere sono ambientate in luoghi familiari e comuni; i personaggi sono ispirati alla realtà quotidiana, sono dotati di psicologia individuale e parlano in dialetto veneziano o in un nuovo “italiano” costituito da termini toscani, lombardi, veneti e da francesismi; la semplicità delle loro battute e delle loro reazioni è fonte di immediata comicità. Nella produzione teatrale di Goldoni si possono distinguere diverse fasi. Alla prima appartengono le opere d’esordio, che introducono la sua riforma: Momolo cortesan, La donna di garbo, La vedova scaltra, Arlecchino servitore di due padroni, La putta onorata. Alla seconda le commedie scritte per il teatro Sant’Angelo di Venezia a partire dal 1750, in cui egli realizza pienamente la sua riforma: Il teatro comico, La bottega del caffè, I pettegolezzi delle donne, La locandiera. Alla terza quelle scritte per il teatro San Luca a partire dalla stagione teatrale del 1753-1754, fra cui Il campiello, La casa nova, La trilogia della villeggiatura, I rusteghi, Sior Todero brontolon, Le baruffe chiozzotte. Una quarta e ultima fase è quella delle opere prodotte in Francia negli anni Sessanta e Settanta, come Il burbero benefico e L’avaro fastoso, riscritte poi in italiano. Negli anni Ottanta scrive i Mémoires, un’autobiografia in cui, fra omissioni e deformazioni, ricostruisce la propria attività di commediografo, ritrovandone la conferma di una predestinazione.

LA BOTTEGA DEL CAFFÈ

Elaborazione di un intermezzo scritto nel 1736, la prima versione della Bottega del caffè, del 1750, ha come protagonisti due maschere della commedia dell’arte che parlano in veneziano: Brighella e Arlecchino. Ma nel 1753 esse acquistano caratteri individuali e nuovi nomi: Ridolfo e Trappola. Goldoni li fa ora parlare in un italiano modellato sul toscano, per rendere l’opera «universale». L’azione è ambientata in una piazzetta di Venezia su cui si affacciano una caffetteria, un negozio di parrucchiere e una bisca. Protagonista della scena è, attraverso la figura di Ridolfo, la piccola e media borghesia veneziana, laboriosa e onesta. Gli altri personaggi borghesi sono invece ritratti come individui deboli (Eugenio), o avidi e profittatori (Flaminio e Pandolfo). Centrale è anche la figura di Don Marzio, un nobile presuntuoso e saccente, rappresentante di un ceto ozioso e parassitario. I personaggi femminili (Placida e Vittoria) presentano infine doti di praticità, determinazione e pazienza cui è affidata la ricomposizione finale delle concitate vicende messe in scena.

Al cuore della letteratura - volume 3
Al cuore della letteratura - volume 3
Il Seicento e il Settecento