Il Seicento – L'autore: William Shakespeare

la sintesi

LA VITA

Nasce a Stratford-upon-Avon nel 1564, terzogenito di otto figli: il padre, John, è guantaio e commerciante di lana; la madre, Mary Arden, è figlia di un possidente di campagna. Studia alla grammar school di Stratford, dove si insegnano grammatica e retorica latine. Nel 1582 sposa Anne Hathaway, figlia di contadini benestanti; l’anno dopo nasce Susannah, e in seguito due gemelli, Hamnet (l’unico figlio maschio della coppia, che morirà appena undicenne) e Judith. Nel 1588 o 1589 Shakespeare si stabilisce da solo a Londra, dove si dedica al teatro, intraprendendo la professione di attore; nel 1592 è già un artista affermato, anche come autore di opere teatrali, e si procura lauti guadagni. Legatosi agli ambienti della corte, ottiene la protezione di Elisabetta I e in seguito di Giacomo I Stuart. La sua compagnia occupa per diversi anni il palcoscenico del Globe Theatre, per poi eleggere il teatro coperto di Blackfriars a sede degli spettacoli invernali. Nel 1611, ormai ricco, Shakespeare si ritira a Stratford, dove muore nel 1616.

LE OPERE

Su gran parte della produzione di Shakespeare non esistono dati certi. Una delle fonti principali per la datazione dei suoi drammi è il First Folio, pubblicato nel 1623, che suddivide le opere in tragedie, commedie e drammi storici. Il corpus delle opere shakespeariane è composto da 37 drammi, 2 poemetti narrativi e 154 sonetti costruiti in modo originale sul modello petrarchesco, dominante nel Rinascimento inglese. La scrittura per il teatro si suddivide in quattro fasi. Nella prima, considerata il periodo di apprendistato (tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta del Cinquecento), elabora gli elementi truculenti delle tragedie latine di Seneca e porta in scena le cronache sulla storia inglese; con la presenza del soprannaturale e il superamento delle unità aristoteliche, Shakespeare non propone rappresentazioni impostate su criteri di realismo. Nella seconda fase (gli ultimi anni del Cinquecento e i primi del Seicento) scrive Romeo e Giulietta; alla terza fase (corrispondente all’incirca al primo decennio del Seicento) risalgono i drammi romani, le grandi tragedie (Amleto, Otello, Macbeth, Re Lear, tutte in versi e in prosa) e le dark comedies. Nell’ultima fase (tra la fine del primo e l’inizio del secondo decennio del Seicento) compone i drammi romanzeschi, nei quali il motivo del perdono subentra alla soluzione tragica. La scrittura shakespeariana si caratterizza per la compresenza di elementi tragici e comici. Romeo e Giulietta è composto in versi (per lo più endecasillabi) e in prosa; lo stile è a tratti molto ricercato e ricco di concetti e immagini raffinate, attinte dal repertorio della poesia cortese e petrarchista; l’amore è descritto come un sentimento totalizzante, reso in termini di esaltazione emotiva e di acceso erotismo. Otello è la tragedia della gelosia; il protagonista e Iago sono due personaggi opposti (l’uomo tradito e il suo ingannatore) ma anche complementari (il generale e il suo uomo di fiducia). Macbeth è la tragedia del potere e del sangue: il protagonista si contraddistingue per la sua violenza omicida, sempre più spietata. Storia di crudeltà e violenza, Re Lear è la tragedia del tradimento: i protagonisti assurgono ad allegoria della condizione umana, e le loro dolorose vicende presentano al pubblico la lotta tra il bene e il male.

I GRANDI TEMI

I temi fondamentali nell’opera di Shakespeare sono l’amore e il potere. Nelle tragedie l’amore è dipinto come un sentimento irriducibile, una forza capace di vincere le convenzioni, gli interessi economici e le esigenze del potere; nelle commedie appare invece più lieve e spensierato, diventando sensuale e gioioso e spesso strumento di inganni ed equivoci. Nei Sonetti l’amore è proposto in tutte le sue declinazioni, dal tragico al comico.
Il tema del potere è trattato in ogni aspetto (la sua conquista, la sua conservazione, il modo di esercitarlo, i motivi per cui lo si perde) in tutte le tragedie shakespeariane; è forse il motore principale delle azioni umane. L’autore concilia la visione di un potere superiore che governa il destino (residuo del mondo medievale) con la rappresentazione del potere come mezzo per la realizzazione delle pulsioni individuali (mentalità moderna).

AMLETO

È la tragedia della debolezza e del dubbio, in cui crisi e insicurezza rappresentano tratti essenziali della condizione umana. Amleto è un personaggio malinconico, protagonista di una vicenda interamente declinata su un piano interiore: il pensiero corrode la volontà e dunque l’azione. La follia del protagonista (che appare inizialmente una finzione ma diventa a poco a poco reale) è un riflesso della perdita di equilibrio politico e morale che caratterizza il regno di Danimarca. La lotta tra bene e male è esplicitata da una serie di opposizioni e contrasti: reale e irreale, essere e non essere, sostanza e apparenza. Amleto possiede inoltre una dimensione metateatrale: il teatro appare uno strumento di conoscenza parziale che non prova nulla, se non la stessa impossibilità di una conoscenza certa. Del resto, il dramma può essere definito proprio una tragedia della conoscenza, perché il protagonista sembra aver paura di sapere quale sia la verità.

Al cuore della letteratura - volume 3
Al cuore della letteratura - volume 3
Il Seicento e il Settecento