Un hidalgo in giro per il mondo
La prima trasposizione dall’avvento del sonoro è di Georg Wilhelm Pabst. Boemo trasferitosi in Germania per dedicarsi al cinema, dopo alcuni film di successo Pabst si “esilia” volontariamente in Francia; qui nel 1933 realizza un adattamento estetizzante di Don Chisciotte, con cui rappresenta la lotta della libertà intellettuale contro l’oppressione. Il film è girato in Provenza e l’hidalgo è interpretato dal cantante russo Fëdor Šaljapin, che si esibisce anche in cinque romanze. Con il suo piglio anarchico, Pabst reinventa il finale: vittime del rogo, i libri di cavalleria si ricompongono dalle loro ceneri come l’araba fenice, a simboleggiare l’immortalità della cultura (il riferimento è anche alla Germania hitleriana, in cui proprio nel 1933 si bruciano i libri disapprovati dall’ideologia nazista).
Nel 1957 esce Le avventure di Don Chisciotte di Grigorij Kozincev, che ritrova in Crimea le terre aride degli altopiani spagnoli. Il regista sovietico rilegge il romanzo secondo una visione storica marxista, facendo emergere i rapporti di classe, e – alludendo ai metodi di Stalin, morto nel 1953 – satireggia l’arroganza del potere.
In Don Chisciotte e Sancio Panza (1968) di Gianni Grimaldi, Ciccio Ingrassia veste i panni del protagonista e Franco Franchi è il fido scudiero. È una farsa di modesto valore, ma riscattata in parte dall’originale interpretazione della nota coppia comica siciliana.
Tratto da un musical di Broadway, L’uomo della Mancha (1972) del canadese Arthur Hiller è ambientato ai tempi dell’Inquisizione spagnola. Cervantes viene imprigionato perché i suoi romanzi sono considerati blasfemi; per riscattarsi, lo scrittore inscena una commedia basata su Don Chisciotte. In questa rivisitazione musicale recitano Peter O’Toole (nella doppia veste di Cervantes e di don Chisciotte) e Sofia Loren (Dulcinea).
Nel 1984, in Don Chisciotte di Maurizio Scaparro le avventure dell’hidalgo avvengono in un teatro abbandonato, trasformandosi in un viaggio mentale. La contrapposizione fra il tragicomico idealismo del protagonista e l’ingratitudine della realtà è interpretata dal regista come metafora della sopravvissuta speranza in un mondo più giusto nonostante il crollo delle ideologie: l’immaginazione può ancora trionfare, almeno a teatro.
Don Chisciotte e… (2006) di Bruno Bigoni è una riscrittura contemporanea nell’ambiente dei diseredati, dove il protagonista, esaltato dalle pagine di Cervantes, fugge da una casa-famiglia e vaga per Milano allo scopo di rimediare alle ingiustizie e raddrizzare i torti, ma nessuno accetta i suoi servigi.