Antologia della Divina Commedia

CANTO XIII Inferno 63 che dal secreto suo quasi ogn uom tolsi; fede portai al glor oso offizio, tanto ch i ne perde li sonni e polsi. [61-63] che dalla sua confidenza (secreto suo) allontanai (tolsi) quasi tutti (ogn uom); fui fedele (fede portai) a questo compito (offizio) così importante (glor oso), tanto che ci persi il sonno e la vita (polsi = il battito cardiaco). 66 La meretrice che mai da l ospizio di Cesare non torse li occhi putti, morte comune e de le corti vizio, [64-66] La prostituta (meretrice) che non distolse mai gli occhi malevoli (putti) dalla dimora (ospizio) di Cesare, rovina (morte) comune [dell umanità] e vizio delle corti, 69 infiammò contra me li animi tutti; e li nfiammati infiammar sì Augusto, che lieti onor tornaro in tristi lutti. [67-69] infiammò gli animi di tutti contro di me; e [gli animi] infiammati infiammarono a tal punto (sì) l imperatore (Augusto), che gli onori che mi avevano fatto gioire (lieti onor) si trasformarono (tornaro) in dolorose sofferenze (tristi lutti). 72 L animo mio, per disdegnoso gusto, credendo col morir fuggir disdegno, ingiusto fece me contra me giusto. [70-72] Il mio animo, per il gusto di esprimere indignazione (disdegnoso gusto), credendo di sfuggire con la morte al disprezzo (disdegno), mi rese colpevole (ingiusto fece me) contro me stesso innocente (contra me giusto). 75 Per le nove radici d esto legno vi giuro che già mai non ruppi fede al mio segnor, che fu d onor sì degno. [73-75] Per le recenti (nove) radici di questa pianta (esto legno), vi giuro che non tradii mai la fiducia (già mai non ruppi fede) del mio signore (segnor), che fu tanto (sì) degno di onore. 78 E se di voi alcun nel mondo riede, conforti la memoria mia, che giace ancor del colpo che nvidia le diede . [76-78] E se qualcuno di voi ritornerà (riede) nel mondo, restauri (conforti) la mia fama (memoria), che è ancora abbattuta (giace) per il colpo che le diede l invidia . 81 Un poco attese, e poi «Da ch el si tace , disse l poeta a me, «non perder l ora; ma parla, e chiedi a lui, se più ti piace . [79-81] Attese un poco, e poi: «Dal momento che (Da ch ) tace , mi disse il poeta [Virgilio], «non perder tempo (l ora), ma parla, e fagli domande (chiedi a lui), se lo desideri (se più ti piace) . dere il suo cuore come fosse un forziere accogliendo (aprendo) o rifiutando (chiudendo) le richieste degli altri sudditi. Si noti la paronomasia* (accostamento di parole simili) dell espressione serrando e diserrando (che è anche figura etimologica* perché le due parole condividono la stessa radice). 62. fede portai: ancora una dislocazione* a sinistra di un sostantivo chiave: fede, fedeltà . Dall Inferno, Pier delle Vigne ribadisce la sua totale fedeltà all imperatore. 64-66. meretrice ... vizio: Pier delle Vigne vuole dire che fu rovinato dall invidia, il peggiore vizio degli uomini, soprattutto di quelli che vivono nelle corti. Per esprimere questo concetto elabora una frase di estrema raffinatezza formale: l invidia è presentata attraverso la metafora* di una meretrice che abita a corte, a sua volta descritta con una perifrasi* la dimora di Cesare in cui il nome di Cesare, secondo un uso proprio già della lingua latina, indica genericamente l imperatore. 67-69. infiammò ... lutti: dopo quello del verso 25 (Cred o ch ei credette ch io credesse) compare qui un nuovo poliptoto*, stavolta espresso dalla voce di Pier delle Vigne: infiammò... nfiammati infiammar. Si noti anche l isocolo* lieti onor... tristi lutti (aggettivo + sostantivo). Lo stile elevato conferma sia la generale impressione di raffinatezza retorica del canto, sia il senso di tale scelta formale da parte di Dante-autore: rendere omaggio al personaggio centrale dell episodio, che del resto risponde a tono in tutto il suo discorso. 68. Augusto: gli imperatori del Sacro Romano Impero si ritenevano eredi degli imperatori romani, che a partire da Ottaviano, fondatore dell Impero, venivano appellati con il titolo onorifico di Augusto (letteralmente l accrescitore , cioè colui che migliora la situazione dello Stato ). 70-72. per disdegnoso gusto ... giusto: nel racconto del proprio suicidio Pier delle Vigne raggiunge i vertici della sua tecnica retorica, in una terzina costruita su una doppia coppia: alla figura etimologica* di disdegnoso- disdegno (le due parole hanno la stessa radice) corrisponde quella di ingiusto-giusto (qui in antitesi: i due concetti giusto/ingiusto sono opposti) espressa in chiasmo* con il pronome me secondo lo schema A-B, B-A (ingiusto me, me giusto). Ma la raffinatezza retorica dello spirito rivela anche la sua alta coscienza morale: egli ammette di aver compiuto un gesto peccaminoso (ingiusto fece me), cioè il suicidio, pur ribadendo la propria innocenza (me giusto) e dichiarando di averlo fatto per amore della propria rispettabilità (per disdegnoso gusto), ossia per il gusto di esprimere il proprio disprezzo nei confronti di coloro che lo avevano fatto passare per un traditore. 75. d onor sì degno: attraverso la voce di Pier delle Vigne, Dante-autore esprime la propria ammirazione per Federico II, nemico del papato e protettore di artisti e poeti. Secondo Dante era stato uno degli ultimi imperatori a porsi l obiettivo di restaurare il potere politico e militare imperiale sull Italia, imponendo alle città la pace e il rispetto delle leggi. 79

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