Antologia della Divina Commedia

Divina Commedia della realtà diversamente da quanto avviene per le forme simboliche e allegoriche; cosicché figura e compimento si corrispondono senza però che il significato di ciascuna ne escluda la realtà; un avvenimento di significato figurale conserva il suo significato letterale e storico, non diventa un puro simbolo, rimane avvenimento. Già i Padri della Chiesa, specialmente Tertulliano, Girolamo e Agostino, hanno difeso vittoriosamente il realismo figurale, cioè la conservazione del carattere storico e reale delle figure contro correnti spiritualistico-allegoriche. Tali correnti che, per così dire, svuotano il carattere reale dell accadere e in esso vedono soltanto simboli e significati extrastorici, hanno defluito dalla tarda antichità anche nel Medioevo; il simbolismo e l allegorismo medievale sono spesso, come si sa, oltremodo astratti, e anche nella Commedia se ne trovano molte tracce. Ma di gran lunga prevalente nella vita cristiana dell alto Medioevo è il realismo figurale, che s incontra nella sua più piena fioritura nelle prediche, nella pittura, nella scultura e nei misteri sacri, ed esso domina anche la concezione di Dante. L aldilà è, come già abbiamo detto più sopra, l atto realizzato del piano divino; in rapporto a esso i fenomeni terreni sono figurali, potenziali e bisognosi di compimento. Ciò vale anche per le singole anime dei defunti; soltanto nell aldilà esse conquistano il compimento, la vera realtà della loro persona; il loro apparire sulla terra fu soltanto la figura di questo compimento, e nel compimento stesso esse trovano castigo, espiazione o premio. Erich Auerbach, Mimesis. Il realismo nella letteratura occidentale, trad. di A. Romagnoli e H. Hinterh user, Einaudi, Torino 1956 Il plurilinguismo dantesco di Bruno Migliorini Il plurilinguismo dantesco per il critico Gianfranco Contini (1912-1990) non è dato solo dall uso affiancato di latino e volgare, ma soprattutto dalla «poliglottia degli stili e [ ] dei generi letterar e dall adozione dei tratti fonomorfologici e morfosintattici del fiorentino di fine Duecento-inizio Trecento, con un apertura a forme non fiorentine attinte direttamente o per via letteraria. Bruno Migliorini (1896-1975), nella sua Storia della lingua italiana, offre uno spaccato della grande varietà linguistica che caratterizza i versi danteschi. L uso dantesco è, in confronto con l uso «naturale del fiorentino del suo tempo, molto più ricco di doppioni. [...] Dante non si fa scrupolo di adoperare nella Commedia voci fiorentine d ogni strato sociale, anche plebee. Il riscontro d altri testi o la testimonianza di altri dialetti toscani ha spesso consentito d interpretare con puntuale precisione vocaboli danteschi prima intesi approssimativamente. [P. es. bastare nel senso di «durare (Purg., XXV, v. 136) trova riscontro nel Pulci e nel proverbio «Tanto bastasse la mala vicina quanto basta la neve marzolina ; burlare per «buttar via, sparpagliare (Inf., VII, v. 30) è nell onomastica (Burlafave di Montepulciano, soldato a Firenze nel 1290) e nel Pucci; piovorno fu sentito dal Giuliani in Val di Nievole (e rubecchio nella montagna pistoiese); potere nel senso di «esser capace di portare (Par., XVI, v. 96) è ancora vivo in Toscana (e altrove) in locuzioni come lo puoi?; punga (Inf., IX, v. 7) ha molti esempi trecenteschi e quattrocenteschi «scomparsi per buona parte dalle stampe, per le troppe amorevoli cure degli editori (Parodi); ecc.]. Qualche volta la scel- 354

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