Antologia della Divina Commedia

CANTO XXVI Purgatorio quand io odo nomar sé stesso il padre mio e de li altri miei miglior che mai rime d amore usar dolci e leggiadre; [97-99] quando io sento (odo) nominare (nomar) sé stesso il padre mio e degli altri migliori di me che scrissero rime (usar) d amore dolci ed eleganti (leggiadre); 102 e sanza udire e dir pensoso andai lunga f ata rimirando lui, né, per lo foco, in là più m appressai. [100-102] e senza udire e dire nulla camminai (andai) pensoso a lungo (lunga f ata) guardandolo (rimirando lui), né, a causa (per) del fuoco (foco), mi avvicinai (m appressai) di più verso di lui (in là). 105 Poi che di riguardar pasciuto fui, tutto m offersi pronto al suo servigio con l affermar che fa credere altrui. [103-105] Dopo che (poi che) fui sazio (pasciuto) di guardarlo (riguardar), mi misi (m offersi pronto) a sua disposizione (al suo servigio) con quell affermare che spinge gli altri (fa... altrui) a crederti (credere). 108 Ed elli a me: «Tu lasci tal vestigio, per quel ch i odo, in me, e tanto chiaro, che Leté nol può tòrre né far bigio. [106-108] Ed egli (elli) a me [disse]: «Per quel che sento (ch i odo) tu lasci una tale impressione (vestigio) in me, e così chiara, che il Leté non può cancellarla (tòrre) né renderla grigia (bigio) [oscurarla]. 111 Ma se le tue parole or ver giuraro, dimmi che è cagion per che dimostri nel dire e nel guardar d avermi caro . [109-111] Ma se ora le tue parole giurarono (giuraro) il vero, dimmi qual è la ragione (che è cagion) per la quale (per che) tu, nel parlare (dire) e nel guardare, dimostri di avermi caro . 114 E io a lui: «Li dolci detti vostri, che, quanto durerà l uso moderno, faranno cari ancora i loro incostri . [112-114] E io [dissi] a lui: «Le vostre dolci poesie (detti), che, finché durerà l attuale consuetudine (uso moderno), renderanno cari i loro inchiostri (incostri) . 99 zelli, Dante ricorre a una raffinata similitudine* incentrata su un episodio della cultura classica. Nella Tebaide, il poeta latino Stazio racconta la vicenda della schiava Isifile che, incaricata da Licurgo, re di Nemea, di badare al suo figlioletto, aveva perso di vista il bambino che era stato ucciso da un serpente. Licurgo, nella sua disperazione e nella sua rabbia di padre (la tristizia di cui parla Dante), aveva condannato a morte Isifile; i due figli della donna, vedendola, si slanciarono in mezzo ai soldati per correre ad abbracciare la madre. Dante avrebbe lo stesso desiderio di gettarsi tra le braccia di Guinizzelli ma non osa compiere tale gesto, in parte per umiltà, in parte perché lo spirito è avvolto dalle fiamme. 97-98. il padre mio: con questo epiteto, sottolineato dall enjambement*, Dante riconosce Guinizzelli come mentore e precursore della lirica stilnovista, evocando al tempo stesso l esistenza di un gruppo di poeti uniti da stretti vincoli culturali, come aveva già affermato Bonagiunta Orbicciani (Purg., XXIV, vv. 58-59): Io veggio ben come le vostre penne / di retro al dittator sen vanno strette. 98-99. de li altri miei leggiadre: probabilmente Dante, in base a quanto egli stesso scrive nel De Vulgari Eloquentia, si riferisce a Guido Cavalcanti, Cino da Pistoia e Lapo Gianni, il cenacolo dei poeti stilnovisti. Mai non ha valore negativo: deriva dall avverbio latino umquam, che significa qualche volta, talvolta . 100. sanza udire: Dante è talmente concentrato su Guinizzelli che non percepisce le sensazioni uditive e procede in silenzio. 105. l affermar che fa credere altrui: l affermazione con la quale si convincono gli altri a credere a quanto si sta dichiarando, ovvero un giuramento. 106-107. Tu lasci chiaro: è probabile che Guinizzelli si riferisca allo straordinario viaggio di Dante che, vivo, attraversa i tre regni ultraterreni per Grazia divina, piuttosto che alle sue cortesi e omaggianti offerte di servigio. 108. Leté: nella mitologia classica era il fiume che faceva dimenticare a chi vi era immerso la propria vita terrena; nella visione dantesca, invece, il fiume si trova nel Paradiso terrestre, in cima al Purgatorio, e con le sue acque elimina il ricordo dei peccati commessi. Dal momento che il Leté può cancellare qualunque memoria, l espressione di Guinizzelli è un iperbole*, cioè un esagerazione utilizzata per rendere più efficace la propria affermazione. 112. Li dolci detti vostri: sono le poesie d amore. Nell italiano antico, che riprendeva il francese, la parola detto indicava un componimento poetico, come dimostra anche un opera attribuita a Dante e intitolata Detto d Amore. Da notare come il poeta dia del voi a Guinizzelli, in segno di reverenza, esattamente come aveva fatto rivolgendosi al maestro Brunetto Latini nel canto XV dell Inferno. 113. l uso moderno: la modalità di scrivere opere in volgare anziché in latino. Nella Vita Nuova (XXV, 4) Dante aveva osservato infatti che «non è molto numero d anni passati, che appariro prima questi poete volgari . 114. incostri: è una sineddoche* per carte inchiostrate . 221

Antologia della Divina Commedia
Antologia della Divina Commedia