Antologia della Divina Commedia

Divina Commedia 126 ne piedi e ne le man legati e presi; e quanto fia piacer del giusto Sire, tanto staremo immobili e distesi . [124-126] legati e bloccati (presi ) nei piedi e nelle mani; e quanto farà piacere (fia piacer) al giusto Signore (Sire) [Dio], tanto resteremo (staremo) immobili e distesi . 129 Io m era inginocchiato e volea dire; ma com io cominciai ed el s accorse, solo ascoltando, del mio reverire, [127-129] Io mi ero inginocchiato e volevo parlare (dire); ma come cominciai egli (el) si accorse, solo sentendomi (ascoltando), del mio gesto di riverenza (reverire), 132 «Qual cagion , disse, «in giù così ti torse? . E io a lui: «Per vostra dignitate mia cosc enza dritto mi rimorse . [130-132] «Quale motivo (cagion) , disse, «ti ha fatto inchinare (in giù torse) in questo modo (così)? . E io a lui [risposi]: «La mia coscienza mi rimorse [per lo stare] dritto a causa (per) della vostra dignità (dignitate) [di pontefice] . 135 «Drizza le gambe, lèvati sù, frate! , rispuose; «non errar: conservo sono teco e con li altri ad una podestate. [133-135] «Raddrizza le gambe, alzati (lèvati sù), fratello (frate)! , rispose (rispuose); «non commettere questo errore (errar): sono un compagno nella servitù (conservo) con te (teco) e con gli altri di fronte a una sola (una) autorità (podestate). 138 Se mai quel santo evangelico suono che dice Neque nubent intendesti, ben puoi veder perch io così ragiono. [136-138] Se hai mai compreso bene (intendesti) quelle sante parole (suono) del Vangelo (evangelico) che dicono (dice) Neque nubent [Né si sposeranno], puoi vedere chiaramente (ben) perché io ragiono così. 141 Vattene omai: non vo che più t arresti; ché la tua stanza mio pianger disagia, col qual maturo ciò che tu dicesti. [139-141] Vai via (Vattene) ora (omai): non voglio che tu rimanga fermo (t arresti) più a lungo (più); perché il tuo restare (stanza) disturba (disagia) il mio pianto, con il quale faccio maturare ciò che hai detto (dicesti). 144 Nepote ho io di là c ha nome Alagia, buona da sé, pur che la nostra casa non faccia lei per essempro malvagia; [142-144] Di là [nel mondo dei vivi] ho una nipote che ha nome Alagia, buona di per sé (da sé) [per natura], purché la nostra famiglia (casa) non la renda (faccia) malvagia con il cattivo esempio (per essempro); 145 e questa sola di là m è rimasa . [145] e soltanto (sola) lei di là m è rimasta . 125. giusto Sire: la perifrasi* esprime al contempo il riconoscimento della bontà e della giustizia con cui Dio assegna i castighi ai penitenti. 129. solo ascoltando: data la sua posizione supina, l anima di Adriano V si accorge che Dante si è inginocchiato in segno di reverenza perché ode la sua voce più vicina a lui. 131. dignitate: è la reverenza de le somme chiavi già dichiarata al cospetto di Niccolò III (Inf., XIX, v. 101), cioè il rispetto per la carica ricoperta da Adriano V in vita. 135. una podestate: quella divina. 136-138. Se mai ... ragiono: Adriano V ricorda a Dante il passo del Vangelo di Mat- 212 teo (XXII, 30) che recita: Neque nubent neque nubentur (Né si sposeranno né saranno sposati). Si riferisce all episodio in cui alcuni ebrei della corrente religiosa dei sadducei (quelli più aperti al mondo pagano) chiedono a Gesù di quale marito sarebbe stata moglie in cielo una donna che, rimasta vedova, si fosse risposata più volte; Gesù risponde che le anime non si sposano e che quindi i legami terreni vengono tutti disciolti e non vengono riannodati. In questo frangente significa che il matrimonio mistico tra l uomo Ottobono Fieschi e la carica di papa è ormai sciolto e l anima penitente è, come tutte le altre, un peccatore che si sta purificando. 139-145. Vattene omai ... rimasa: non per scortesia, ma per alto senso morale, Adriano V invita Dante a lasciargli proseguire la propria opera di purificazione, non prima però di avergli ricordato l unica buona parente che può pregare per lui, alla quale evidentemente deve riportare tale richiesta. 141. ciò che tu dicesti: si riferisce alle parole con cui Dante si era rivolto a lui in quanto anima penitente ai versi 91-92. 142. Alagia: uno dei primi chiosatori della Commedia, l Anonimo Fiorentino, ricorda Alagia Fieschi, moglie del marchese Moroello Malaspina, come donna «di gran valore e di gran bontà , che «continuamente faceva gran limosine e facea dir messe e orazioni divotamente per questo suo zio .

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