Antologia della Divina Commedia

CANTO I Purgatorio 78 Non son li editti etterni per noi guasti, ché questi vive e Minòs me non lega; ma son del cerchio ove son li occhi casti [76-78] Non sono i decreti (editti) eterni da noi (per noi) violati (guasti), poiché questo [Dante] è vivo (vive) e Minosse non lega me; ma sono del cerchio ove sono gli occhi casti 81 di Marzia tua, che n vista ancor ti priega, o santo petto, che per tua la tegni: per lo suo amore adunque a noi ti piega. [79-81] della tua Marzia, che nell aspetto ( n vista) ancora ti prega, o cuore (petto) santo, che tu la tenga per tua: per il suo amore dunque piegati (ti piega) alle nostre richieste (a noi). 84 Lasciane andar per li tuoi sette regni; grazie riporterò di te a lei, se d esser mentovato là giù degni . [82-84] Lasciaci (Lasciane) andare per i tuoi sette regni; a lei [a Marzia] io dimostrerò la mia gratitudine (grazie riporterò) per il tuo aiuto (di te), se ti degni di essere nominato (mentovato) laggiù . 87 «Marz a piacque tanto a li occhi miei mentre ch i fu di là , diss elli allora, «che quante grazie volse da me, fei. [85-87] «Marzia fu tanto cara (piacque tanto) ai miei occhi quando ero vivo (mentre ch i fu di là) , disse egli allora, «che io esaudii (fei) tutte le richieste (quante grazie) che lei volle (volse) [da me]. 90 Or che di là dal mal fiume dimora, più muover non mi può, per quella legge che fatta fu quando me n usci fora. [88-90] Ora che abita (dimora) dall altra parte (di là) del fiume malvagio (mal) [l Acheronte], non può più suscitare nulla in me (più muover non mi può), a causa (per) di quella legge che fu fatta quando io uscii fuori (fora) [dal Limbo]. 93 Ma se donna del ciel ti move e regge, come tu di , non c è mestier lusinghe: bastisi ben che per lei mi richegge. [91-93] Ma se ti ha mandato (move) e ti governa (regge) donna del cielo, come tu dici (di ), non c è bisogno (non c è mestier) di lusinghe: è sufficiente (bastisi ben) che tu mi richieda (richegge) [l autorizzazione a passare] a nome suo (per lei). 96 Va dunque, e fa che tu costui ricinghe d un giunco schietto e che li lavi l viso, sì ch ogne sucidume quindi stinghe; [94-96] Vai dunque, fai in modo di cingere (fa che... ricinghe) questo [Dante] con un (d un) giunco liscio (schietto) e lavagli (li lavi) il viso, così che da esso si cancelli (stinghe) ogni sporcizia (sucidume); circostanza, possono uscire dall Inferno e attraversare il Purgatorio. 79-80. Marzia tua ... tegni: nel nobile castello degli spiriti magni si trova anche Marzia, che era stata la moglie di Catone. Questi però, Dante lo leggeva in Lucano, l aveva ripudiata cedendola all amico Quinto Ortensio, sposato a una donna sterile e privo di discendenza; Marzia, però, aveva continuato ad amare il primo marito. Virgilio sta cercando di addolcire l animo di Catone nei propri confronti ricordandogli un affetto: questa di inserire in una richiesta una frase, un concetto, qualcosa che possa far piacere a chi la riceve, è una tipica parte dell orazione, detta captatio benevolentiae*. 82. Lasciane ... sette regni: questa richiesta è la perorazione finale del discorso di Virgilio. Il duca allude alle sette cornici, ovvero i gradini scavati nel cono del monte, ognuno destinato alla punizione e purificazione di uno dei sette peccati capitali. 84. degni: Virgilio chiede a Catone il per- messo di nominarlo nel regno degli inferi. 85. Marz a: nella sua perfezione morale, Catone non manca di rievocare con tenerezza e rispetto la moglie, collocandone il nome in posizione privilegiata a inizio verso. Tutto il suo impegno e il suo interesse, però, sono ormai nella funzione di guardiano del Purgatorio: per questo volge al passato l apprezzamento per la donna (piacque), che ormai non può più smuoverlo perché dimora di là dal mal fiume. 89. quella legge: la legge a cui allude Catone è quella implicitamente stabilita da Cristo nel momento in cui, dopo la crocifissione, attraversò il regno dei morti per tornare alla vita portando con sé le anime di coloro degni di essere salvati, tra cui Catone, destinato al ruolo di guardiano del Purgatorio. Dante ieri e oggi 92. non c è mestier lusinghe: l espressione, divenuta proverbiale, significa che non c è bisogno di inutili adulazioni quando ci sono già importanti ragioni per compiere una certa azione. Nonostante Catone indugi, ai versi 85-90, nel ricordo affettuoso della moglie Marzia, non perde la sua severa disciplina interiore e in qualche maniera rimprovera Virgilio per la sua captatio benevolentiae*: se quello che i due viaggiatori seguono è il volere divino (vuolsi così colà dove si puote / ciò che si vuole), lui è pronto a ubbidire allineandosi alla medesima volontà celeste. 95. giunco schietto: Catone ordina a Virgilio di cingere Dante con un ramo di giunco, un rituale di cui si spiegherà meglio il senso ai versi 103-105. Il secondo regno è ricco di elementi liturgici e simbolici: i gesti e le parole hanno il carattere di cerimonia, sono il segno del progressivo allontanamento dal peccato. 96. sucidume: il poeta ha il volto sporco per le lacrime che ha versato e per il fumo del regno infernale, simbolo del peccato. 133

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