Nella Commedia... e oltre

Nella Commedia... e oltre Dante per immagini Ugolino in scultura: Carpeaux e Rodin La storia del conte Ugolino è stata tra quelle che più di tutte hanno suggestionato i lettori di ogni tempo della Commedia. Già i miniatori, i disegnatori e i pittori dei secoli passati si sono ispirati alla vicenda del conte della Gherardesca. Nell Ottocento anche alcuni grandi scultori gli dedicano loro opere. L artista francese Jean-Baptiste Carpeaux (18271875) realizza nel 1861 una scultura in marmo intitolata Ugolin et ses fils (Ugolino e i suoi figli), un opera di struttura verticale che rappresenta contemporaneamente due momenti: quello in cui Ugolino si morde le mani per la disperazione e i figli, credendo che lo faccia per fame, offrono la loro carne per la sua sopravvivenza e quello in cui Gaddo si getta ai suoi piedi chiedendo aiuto prima di morire (figura a sinistra). Anche l artista Auguste Rodin (1840-1917), pochi anni più tardi (1881) cominciò a lavorare a diverse opere scultoree ispirate alla Divina In primo piano Commedia. Tra queste Ugolin, nella quale scelse invece di rappresentare il momento in cui Ugolino brancola sui figli (in parte morti, in parte agonizzanti) ormai cieco e prossimo anch egli alla fine (figura sotto). La questione dell antropofagia di Ugolino Dopo la morte dei suoi figli e dei suoi nipoti, il conte Ugolino ha atteso a sua volta di essere vinto dalla fame, oppure ha ritardato per qualche giorno il proprio decesso compiendo l atto mostruoso di cibarsi della carne del corpo dei propri parenti defunti? Alcune antiche cronache sostenevano questa seconda ipotesi e, in effetti, vi sono alcuni segnali narrativi davvero convincenti in questo senso: Ugolino sta mordendo il capo dell arcivescovo Ruggieri; se quest ultimo è stato condannato in eterno a essere morso da un essere umano, per la legge del contrappasso, deve aver lui per primo costretto qualcuno a mordere della carne umana; i figli di Ugolino si offrono loro stessi in pasto al padre dopo che questi, per la disperazione, si è morso le mani; il verso che chiude il racconto, Poscia, più che l dolor poté l digiuno, può essere inteso sia come «poi il digiuno poté farmi svenire e uccidermi come invece il dolore non poté fare oppure come «poi il digiuno fu più potente del dolore, ovvero mi costrinse a mangiare la carne dei miei figli, che il mio dolore di padre mi faceva ritenere sacra . Tuttavia ci sono indizi che suggeriscono di adottare la solu- zione opposta. Dante dice che Ugolino brancolò ormai cieco per la fame e che morì non molto dopo i suoi parenti: se si fosse cibato della loro carne avrebbe guadagnato molti giorni in più di vita. Gli storici hanno fatto notare che Ugolino era un uomo di quasi ottant anni quando morì: è quasi certo che non avesse più i denti e che quindi non fosse in grado di mangiare della carne cruda; e ancora: nel 2002 uno scienziato ha studiato i cinque scheletri che si presume appartenessero alle vittime e ha stabilito che nelle loro ossa non c era zinco e quindi non avevano mangiato carne nel periodo prima della morte. La soluzione sta forse nell idea che Dante abbia deliberatamente costruito un racconto che raffigurasse l orrore della morte di Ugolino e dei suoi parenti alludendo solamente, per aumentare il carico di ribrezzo, all idea che il conte si fosse potuto cibare della carne dei parenti morti. Come spiegò brillantemente lo scrittore argentino Jorge Luis Borges: «Dante ha voluto che pensassimo che Ugolino [...] abbia mangiato la carne dei suoi figli? ... Dante ha voluto non che lo pensassimo, ma che lo sospettassimo. L incertezza è parte del disegno . 123

Antologia della Divina Commedia
Antologia della Divina Commedia