Antologia della Divina Commedia

Divina Commedia 66 Queta mi allor per non farli più tristi; lo dì e l altro stemmo tutti muti; ahi dura terra, perché non t apristi? [64-66] Allora mi calmai (Queta mi ) per non renderli (farli ) più tristi; quel giorno (lo dì) e il successivo (l altro) stemmo tutti zitti (muti); ahi terra spietata (dura), perché non ti apristi [sotto di noi]? 69 Poscia che fummo al quarto dì venuti, Gaddo mi si gittò disteso a piedi, dicendo: Padre mio, ché non m aiuti? . [67-69] Dopo che (Poscia) arrivammo (fummo... venuti) al quarto giorno (dì), Gaddo mi si gettò (gittò) disteso ai piedi, dicendo: Padre mio, perché (ché) non mi aiuti? . 72 Quivi morì; e come tu mi vedi, vid io cascar li tre ad uno ad uno tra l quinto dì e l sesto; ond io mi diedi, [70-72] A quel punto (Quivi) morì; e come tu vedi me, io vidi cader [gli altri] tre a uno a uno, tra il quinto giorno (dì) e il sesto; per cui (ond ) io mi misi (diedi), 75 già cieco, a brancolar sovra ciascuno, e due dì li chiamai, poi che fur morti. Poscia, più che l dolor, poté l digiuno . [73-75] già cieco, a brancolare sopra ciascuno, e per due giorni (dì) li chiamai dopo che furono (fur) morti. Poi, la fame (digiuno) poté più del dolore . 78 Quand ebbe detto ciò, con li occhi torti riprese l teschio misero co denti, che furo a l osso, come d un can, forti. [76-78] Quando ebbe detto ciò, con gli occhi biechi (torti) riprese il miserabile (misero) teschio con i denti, che furono (furo) sull osso (a l osso) forti come quelli di un cane. 66. dura terra: il dolore porta Ugolino a esclamare contro la terra, colpevole di non essersi aperta per inghiottirli e di non aver risparmiato loro l orribile esito della vicenda. 75. Poscia poté il digiuno: l interpretazione di questo verso ha suscitato molte discussioni. Ugolino, accecato dalla fame, continua disperatamente a chiamare i figli ormai morti; poi, la fame diventa più forte del dolore. Secondo l interpretazione tradizionale, questo significa che Ugolino non ha più la forza di chiamare i figli e, infine, muore lui stesso d inedia. Secondo altri, invece, allude a un episodio di cannibalismo 120 (o tecnofagia, l atto di mangiare i propri figli): la fame avrebbe preso il sopravvento sull affetto paterno nel senso che Ugolino avrebbe mangiato la carne dei suoi figli. Questa tesi troverebbe conferma nell atto stesso in cui è intento Ugolino prima e dopo il racconto cioè rodere il cranio dell arcivescovo Ruggieri , nei numerosi riferimenti al cibo disseminati in tutto l episodio, nell offerta delle proprie carni fatta dai figli a Ugolino (vv. 62-63). All eventuale cannibalismo, comunque, si allude solo implicitamente, e a causa di questa reticenza il verso rimane ambiguo. 76-78. occhi torti forti: Ugolino riprende a rodere il teschio del suo nemico, la stessa azione che stava compiendo al momento di iniziare a parlare. Il racconto del conte si chiude all insegna del binomio stilistico che lo ha contraddistinto fin qui: l uso di parole semplici all interno di strutture eleganti. I tre sostantivi sono accompagnati da tre aggettivi (occhi torti, teschio misero, denti forti) e strutturati intorno alla similitudine tra denti umani e denti canini, che riprende il fiero pasto cioè il pasto proprio di un animale dell inizio del canto.

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