10.  ROMA IMPERIALE


Villa dei Misteri, pitture di II stile, metà del I secolo a.C., affresco. Pompei (Napoli).

L'EPOCA E LE IDEE

Dopo la sconfìtta di Marco Antonio ad Azio (31 a.C.), Ottaviano rimane padrone della scena politica. 
Nel 27 a.C. assume la carica di princeps senatus. Formalmente egli rimane un primus inter pares, senza acquisire le prerogative proprie di un monarca; tuttavia, in quanto princeps, ha facoltà di esprimersi per primo sulle scelte del Senato, influenzandone pesantemente gli orientamenti. Nello stesso anno è insignito anche dell’appellativo di "Augusto", da allora in poi attribuito a tutti gli imperatori ed esteso anche alle loro consorti (le Auguste). Il termine deriva dal latino augere ("accrescere"), a indicare che l’imperatore, con la sua saggezza, apporta ricchezza e stabilità allo Stato; ma implica anche l’idea di una superiorità morale (auctoritas), riconosciuta in seguito a tutti gli imperatori.

La Pax Augustea

I primi sforzi di Augusto sono rivolti alla riorganizzazione politica e amministrativa dello Stato, diviso in regiones (in Italia) e province (al di fuori della Penisola). L'intento del princeps è dimostrare che è avvenuto un cambiamento epocale e che, chiusa la stagione delle guerre civili, è iniziata una nuova età dell'oro, segnata dalla pace e dalla prosperità. Per radicare quest'idea nella classe dirigente e nel popolo, Augusto fa ricorso a mezzi di comunicazione, tra i quali le arti e le lettere hanno un ruolo determinante. Alcuni dei maggiori intellettuali del tempo – tra cui i poeti Virgilio, Orazio e Ovidio – entrano nella cerchia imperiale grazie al circolo di Mecenate, letterato egli stesso e amico fidato di Augusto. Essi ottengono protezione dal principe, di cui cantano le gesta ed esaltano l'azione pacificatrice. Come vedremo, anche le arti figurative e l'architettura svolgeranno una funzione analoga, tanto più efficace in quanto in grado di comunicare con un linguaggio accessibile a tutti. La pace interna non implica comunque la fine dei conflitti esterni. Sebbene la politica estera augustea sia orientata più al consolidamento delle conquiste che al loro ampliamento, spedizioni militari sono compiute in Asia, nell'arco alpino e in Germania, dove, dopo la sconfitta nella selva di Teutoburgo (9 d.C.) contro una coalizione di tribù germaniche, viene ripristinato il confine sul Reno. 
Alla sua morte, nel 14 d.C., Augusto lascia un impero in forte ripresa economica e demografica. II potere passa a Tiberio, figlio della moglie Livia, che inaugura la dinastia Giulio-Claudia

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Da Nerone all'apogeo di Roma

La dinastia Giulio-Claudia termina con Nerone (54-68 d.C.), figura controversa, amata dal popolo ma invisa al Senato, che, ridimensionato nelle sue prerogative, continua comunque a esercitare un ruolo importante. Nerone accentua il carattere assolutistico del proprio potere, accostando la propria immagine a quella degli dèi, ma la sua esperienza termina in modo violento, con il suicidio, nel 68 d.C. Dopo un periodo di disordine, sale al trono Vespasiano (69-79), che dà inizio alla dinastia Flavia, durante la quale Roma diviene sempre più splendida e potente. A Vespasiano succedono i figli Tito (79-81) e Domiziano (81-96); quest’ultimo, come era avvenuto con Nerone, promuove il culto di se stesso come divinità, rimanendo però ucciso in una congiura del Senato.
Tra il 96 e il 180 d.C. si succedono al potere le grandi figure di Nerva (96-98), Traiano (98-117), Adriano (117-138), Antonino Pio (138-161) e Marco Aurelio (161-180). È il periodo di maggiore splendore e potenza della storia di Roma. Sotto Traiano l’Impero raggiunge la massima estensione dei suoi confini, che il successore Adriano si dedica a consolidare.

I primi segni di crisi

Sotto Marco Aurelio – passato alla storia, come il predecessore Adriano, anche per la sua statura morale e intellettuale di imperatore-filosofo – l’Impero comincia a mostrarsi vulnerabile. Le prime ondate di "barbari" superano il Danubio e tornano a devastare, dopo tre secoli, la Pianura Padana. Dopo il principato di Commodo (180-192), figlio naturale di Marco Aurelio ma da lui lontanissimo per capacità politica, sale al trono un valente generale, Settimio Severo (193-211), nativo di Leptis Magna, nell’odierna Libia. La periferia dell’Impero ha un ruolo sempre più importante nelle sorti di Roma, e infatti di lì a poco il figlio di Settimio Severo, Caracalla (211-217), promulga una legge che estende la cittadinanza romana a tutti gli abitanti dell’Impero (212 d.C.).
Pochi anni dopo l’Impero entra in un periodo difficile, con la successione di decine di imperatori, ciascuno acclamato da una parte dall’esercito. Questa fase di "anarchia militare" termina solo nel 285, con l’ascesa al potere di Diocleziano, che promuoverà una radicale riorganizzazione dello Stato.

Dossier Arte plus - volume 1
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Dalla Preistoria all'arte romana