L'architettura in Età classica

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L’architettura in Età classica

La ricostruzione dell'acropoli di Atene

La ricostruzione dell’acropoli di Atene (26) dopo il saccheggio persiano del 480 a.C. non è solo il cantiere più importante dell’intera grecità, ma segna la piena affermazione dell’Età classica in architettura.

Dopo aver stipulato la pace di Callia, nel 449 a.C., a conclusione di una nuova guerra contro i Persiani promossa dalla Lega delioattica nell’ambito della politica imperialista di Atene, Pericle vuole procedere alla ricostruzione della parte alta della città nell’intento di mostrare la grandezza di Atene.

Il Partenone

L’edificio maggiore dell’acropoli era l’enorme tempio dedicato ad Atena, la divinità poliadica (protettrice della pólis); esso prende il nome dall’epiteto parthénos (“vergine”) attribuito alla dea. Realizzato in marmo pentelico (un marmo bianco cavato da una montagna a nord di Atene), il Partenone viene costruito tra il 447 e il 432 a.C. dagli architetti Ictino e Callicrate, sotto la supervisione di Fidia, che assume il ruolo di dirigente sommo (epískopos) di tutti i lavori: di Fidia è la concezione della decorazione figurata, la creazione dei modelli, l’organizzazione dell’officina e il controllo della realizzazione, con intervento personale nelle parti più impegnative (27-28-29).

Alla cella del tempio si accedeva attraverso un prònao con sei colonne doriche sulla facciata; all’interno, un colonnato disposto a U era stato concepito per cingere la statua colossale della dea. Verso ovest, l’opistodomo appariva simile al prònao, con sei colonne doriche sulla facciata: da esso si entrava in un grande ambiente il cui soffitto era sorretto da quattro altissime colonne ioniche che, essendo più slanciate delle doriche, a parità di altezza avevano un diametro di base minore, occupando quindi meno spazio. Qui venivano tenuti i sacri arredi, comprese le vesti che le vergini tessevano per la dea.

La peristasi aveva sulle facciate otto colonne (30): le sei centrali in corrispondenza delle sei del prònao, più due d’angolo. Sui lati lunghi il colonnato aveva un numero di colonne pari al doppio più uno di quelle in facciata, cioè 17. Ogni colonna misurava 1,9 metri di diametro, per un’altezza di 10,4 metri. Una fittissima rete di rapporti matematici presiedeva all’intera costruzione e una serie di correzioni ottiche rendeva l’uso dell’ordine dorico più armonico: le colonne d’angolo, per esempio, hanno un diametro leggermente maggiore delle altre, e tutte presentano l’entasi propria delle colonne di ordine dorico.

La presenza di elementi ionici in un edificio dorico caratterizza anche la decorazione scolpita del Partenone, che comprende i frontoni e il fregio con metope e triglifi tipici del dorico, ma pure un fregio continuo ionico all’esterno della cella. Essa non deve essere interpretata come una forma di eclettismo (combinazione disorganica di elementi eterogenei) ma come espressione della sintesi operata dalla cultura attica; questa sintesi non ha solo un carattere estetico, ma stabilisce un legame con le città asiatiche ed esprime il ruolo di guida del mondo ellenico che l’Atene di Pericle tendeva ad attribuirsi.


FOCUS

LA MATEMATICA NEL PARTENONE



L’effetto di perfetta armonia del Partenone deriva dai rapporti matematici che regolano le misure dell’edificio. Il rapporto tra il diametro delle colonne e l’interasse (distanza tra i centri di due colonne consecutive) è 4:9; lo stesso rapporto (4:9) corre tra l’altezza (fino alla cornice orizzontale) e la larghezza dei prospetti; i due numeri sono quadrati di due numeri interi consecutivi, 2 e 3. Sui fianchi, le colonne sono 17 (cioè una più del doppio di quelle della fronte) e il rapporto tra altezza e larghezza è espresso dagli stessi numeri 4 e 9 elevati al quadrato (16:81).

Secondo alcuni, invece, la relazione tra le misure del tempio può essere espressa non da numeri interi (il cui rapporto è un numero periodico, e quindi razionale, cioè riducibile a una frazione) ma dalla cosiddetta “sezione aurea”. La sezione aurea di un segmento AB è la parte di segmento AC che è medio proporzionale fra tutto il segmento e la parte che resta (il tutto sta alla parte come la parte sta al rimanente), secondo la proporzione: AB:AC=AC:CB. Il rapporto è espresso da un numero irrazionale (cioè con infinite cifre decimali) pari a 1,61803, contrassegnato con la lettera greca φ (phi) proprio in onore di Fidia.

Questo rapporto proporzionale venne individuato dal matematico greco Euclide attorno al 300 a.C., ma il nome “sezione aurea” e il simbolo φ sono stati introdotti in tempi abbastanza recenti.

Secondo questa interpretazione, la facciata del tempio può essere scomposta in una serie di rettangoli aurei, nei quali cioè il rapporto tra i due lati è φ.

È possibile che questo rapporto non sia frutto di una ricerca consapevole dei progettisti, ma sia stato raggiunto per la sua intrinseca armonia. Infatti, esso è presente anche in molti elementi della natura, come vegetali e conchiglie, e risulta particolarmente gradevole all’occhio umano. D’altra parte, misurazioni più accurate hanno mostrato che nel Partenone questa relazione è solo approssimativa.

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Le sculture del Partenone

La decorazione scolpita del tempio era particolarmente ricca e impegnativa: i temi affrontati rispondevano a un progetto di celebrazione della città di Atene attraverso l’esaltazione dell’ordine e della civiltà contro il caos e la barbarie (31).

Nelle parti conservate, è possibile apprezzare la grandezza di Fidia, qui all’opera con una folta schiera di collaboratori. Purtroppo, però, le sculture hanno subito numerosi danni: l’edificio è stato trasformato prima in chiesa e poi in moschea. Poiché, a partire dal Medioevo, l’acropoli diviene una fortificazione militare, alcuni marmi antichi sono utilizzati per opere difensive; sotto la dominazione turca, il Partenone viene trasformato in polveriera e centrato nel 1687 da un colpo dell’artiglieria veneziana, che fa crollare i muri della cella e il colonnato occidentale. Frontoni, metope e frammenti del fregio vengono recuperati e acquistati nel 1800 dall’ambasciatore inglese lord Elgin, che li cede in seguito al British Museum di Londra (solo una lastra del fregio, asportata alla fine del XVII secolo, è conservata a Parigi). Il governo greco considera illegittima questa acquisizione e ha chiesto la restituzione delle sculture.

Fregio dorico

All’esterno dell’edificio correva il fregio dorico, prima decorazione a essere terminata, con 92 metope (di cui solo 19 sono ben conservate) realizzate con un rilievo molto distaccato dal fondo, tale da garantire la massima efficacia plastica. Sulla facciata orientale, quella principale, sopra l’accesso alla cella, era rappresentata la Gigantomachia (la lotta tra dèi e Giganti); sul lato lungo a nord, dove correva la via sacra delle processioni, la Presa di Troia; su quello a sud la Centauromachia (la lotta tra i Lapiti e i Centauri); infine, sul lato corto a ovest, era raffigurata la Battaglia di Teseo, il principale eroe ateniese, contro le Amazzoni (Amazzonomachia). La rappresentazione degli scontri contro esseri mitologici violenti e animaleschi è una chiara allusione alla ancora recente guerra persiana. Le metope della Centauromachia, che sono quelle meglio conservate, mostrano in diverse varianti il tema del Centauro in lotta con un Lapita o intento a rapire con violenza una Lapitessa. Nella metopa qui riprodotta (32) le due figure sono sovrapposte: il Centauro soccombe sotto la stretta del Lapita, che lo afferra sotto la gola e lo tiene fermo puntandogli addosso il ginocchio, in una composizione dinamica ed equilibrata.

Fregio ionico

Lungo la parete esterna del muro della cella correva invece un fregio di tipo ionico, che, a differenza del fregio dorico, non presentava l’alternanza di metope e triglifi ma una decorazione continua. L’introduzione del fregio figurato, concepita da Fidia, rompeva la rigidità dell’ordine dorico e nello stesso tempo creava un legame con lo stile delle città asiatiche, colonie di origine ionica, grazie alle quali Atene esercitava la propria egemonia navale sull’Egeo. Sui quasi 160 metri di fregio si snodava, questa volta in bassorilievo, la processione delle feste Panatenee, celebrate ogni quattro anni in onore di Atena. Partendo dallo spigolo di sudovest si vedevano gli efebi a cavallo (33), i sacerdoti, gli altri addetti e gli animali destinati al sacrificio; i due rami della processione si incontravano sul lato est, dove c’erano ad aspettarli, seduti, tutti gli dèi (34). Nel fregio ionico, dunque, il soggetto mitologico è abbandonato in favore della celebrazione di Atene e della sua dea, situata al centro del lato est mentre riceve un peplo ricamato dalle nobili fanciulle della città. Mentre gli Ateniesi sono in piedi, le divinità sono sedute: questo espediente consente di raffigurarle di dimensioni maggiori senza creare sproporzioni.

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Atena Parthénos

Dall’ingresso del tempio si poteva vedere l’enorme statua crisoelefantina di Atena Parthénos, alta 12 metri. In base alle copie di dimensione ridotta (35) e alle descrizioni che ci sono pervenute, sappiamo che la dea era in piedi, con il peplo e l’egida (specie di corazza protettiva, in forma di mantelletto di pelle di capra, con al centro la testa della Gorgone) sul petto. Nella mano destra aveva Nike, la Vittoria, come per offrirla al proprio popolo, mentre teneva la sinistra sul grande scudo poggiato a terra, decorato con Gigantomachia all’interno e Amazzonomachia all’esterno (secondo alcune fonti Fidia avrebbe ritratto se stesso come Dedalo e Pericle come Teseo). L’elmo era sormontato da una sfinge, antico simbolo di regalità, e da due cavalli alati; due grifoni erano raffigurati sulle paragnàtidi (le parti dell’elmo, a volte mobili, destinate a coprire le guance). Secondo la tradizione, anche gli orecchini, la collana e le suole dei sandali erano decorati. La maestosità della figura era attenuata dai numerosi elementi decorativi e in particolare dallo scudo, che introduceva un elemento dinamico.

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Frontoni

Essendo andate perdute le due statue più famose di Fidia (l’Atena e lo Zeus crisoelefantini), è nella decorazione dei frontoni, costituiti originariamente da più di quaranta statue a tutto tondo e realizzati per ultimi (438-432 a.C.), che è possibile oggi rintracciare lo spirito creativo dello scultore ateniese. È certo che l’artista intervenne personalmente e con maggiore incisività in questo settore decorativo, com’è possibile dedurre sia dalla resa del nudo, sia dai panneggi delle figure. Il problema della composizione del frontone triangolare è risolto con equilibrio e naturalezza grazie alle differenti posizioni dei personaggi.

Nel frontone orientale era raffigurata la Nascita di Atena (restano oggi solo otto personaggi frammentari su ventuno) (36). Osservando da sinistra, si possono vedere la quadriga di Helios; la figura di Dioniso seduto, mirabilmente libera nello spazio, che si gira a brindare al sorgere del sole; Kore, che, ancora seduta frontalmente, comincia a girarsi, e Demetra, volta verso Iris, la messaggera, che giunge rapida a informare della nascita di Atena. Il movimento cresce verso il centro, dove si trovava il gruppo (perduto) di Atena che nasce dalla testa di Zeus. A destra c’era un gruppo di tre dee sedute, Hestia, Dione e Afrodite (37), in abiti dal panneggio sontuoso, ricco di effetti chiaroscurali, che avvolge i corpi esaltandone le forme: le vesti leggerissime aderiscono al seno, creando l’effetto della stoffa bagnata . La scena si chiude con la quadriga di Selene che torna negli abissi.

Il frontone occidentale è noto nella sua composizione attraverso disegni secenteschi (38), dal momento che oggi ne rimangono solo alcuni frammenti. Vi era rappresentato lo scontro tra Atena e Poseidone per la supremazia sull’Attica: entrambi arretrano, allontanandosi l’una dall’altro come colpiti dai prodigi da loro stessi generati; tra loro doveva stare l’olivo fatto nascere da Atena, grazie al quale la dea vince la contesa sul dio del mare, che fa scaturire dalla roccia una sorgente di acqua salata. Ai lati, figure che fuggono verso le estremità e altre che convergono verso il centro sottolineano l’importanza del gruppo centrale (39).

Dossier Arte plus - volume 1
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Dalla Preistoria all'arte romana