Ed è per questo che soltanto sulla bocca di personaggi pagani è possibile ascoltare l’affermazione degli ideali eroici di virtù e di onore, fatta con orgogliosa fierezza e in assenza di qualsiasi ottica religiosa o soprannaturale, sia pure pagana: Argante (VI, 8; X, 37); Solimano (IX, 99; X, 24; XIX, 41); Ismeno («Ciascun qua giù le forze e ’l senno impieghi /
per avanzar fra le sciagure e i mali, / ché sovente adivien che ’l saggio e ’l forte / fabro a se stesso
è di beata sorte», X, 20). E non manca un richiamo a questi ideali neppure nel discorso in cui Satana rievoca la ribellione degli angeli caduti al Dio cristiano, esaltando il «valor
primiero», la «virtute», l’«invitto ardire» che animarono quella nobile e sfortunata impresa (IV, 15). Sono dichiarazioni in cui ritornano motivi tipici di un sistema di valori storicamente definiti: mito dell’homo faber, antagonismo fortuna/virtù; e sono dichiarazioni che invano cercheremmo di ritrovare sul versante cristiano, e non già perché tra le file dei crociati manchino grandi eroi, ma perché essi ispirano (o dovrebbero ispirare) la loro azione a un complesso di moventi e di ideali entro cui la dimensione umanistica individuale, quando non è assente, è pur tuttavia subordinata alle finalità di una collettiva missione di fede. Nei discorsi dei guerrieri cristiani il riconoscimento della positività dei valori cavallereschi si accompagna invariabilmente a un principio superiore che tali valori integri, senza il quale non è lecito sperare nella vittoria. Se Clorinda, contestando il ricorso alle arti magiche di Ismeno da parte del suo re Aladino, fa l’invito: «trattiamo il ferro
pur noi cavalieri: / quest’arte è nostra, e ’n questa sol si speri» (II, 51), Goffredo ricorda ai crociati dimentichi che «Turchi, Persi, Antiochia (illustre suono / e di nome magnifico e di cose) /
opre nostre non già, ma del Ciel dono / furo, e vittorie fur meravigliose» (I, 26).
Ma importa soprattutto rilevare il fatto che lo scontro tra i codici indicati si apre in coincidenza con l’esordio stesso dell’azione narrativa, così da porsene legittimamente quale chiave di lettura privilegiata: Goffredo di Buglione, uno dei principi cristiani fra cui è diviso il potere militare e politico, è sollevato per volontà divina a capo supremo dell’esercito crociato. Si stabilisce da questo momento un processo di subordinazione gerarchica denso di conseguenze – sia sul piano del dato narrativo immediato, sia sul piano etico e ideologico in senso lato – agli effetti dello sviluppo ulteriore dell’azione e dei suoi connotati semantici: l’intervento divino determina infatti la netta distinzione politica e morale fra Goffredo e i «compagni erranti», che egli è chiamato a riunificare nel nome del fine militare cristiano, e contemporaneamente segna la cessazione della compresenza paritetica di codici diversi, la sanzione dell’opera repressiva di un codice – quello incarnato dal Buglione – sugli altri avvertiti come devianti e «pagani», l’abolizione insomma della tolleranza nei confronti dell’altro e del diverso. In questa prospettiva torna chiaro allora come lo scontro militare fra Pagani e Cristiani, letto nei termini di un conflitto fra codici, ricalchi da un lato gli eventi di una storia soprannaturale (rievocata nel canto IV) realizzatasi come autoritaria imposizione della legge di Dio sulla libertà di Satana, dall’altro rinnovi sulla terra la fisionomia di una lotta, in tutto simile a quella combattuta contro gli infedeli, che i rappresentanti del codice cristiano repressivo, Goffredo e Pier l’Eremita, ingaggiano contro i traviamenti erotici di Rinaldo e Tancredi e la condotta aberrante di altri crociati.
[…]
La distribuzione del conflitto fra i codici in tre ambiti distinti, si badi bene, non è occasionale; è sottesa invece al generale svolgimento dell’opera del codice repressivo cristiano, intollerante della diversità, nel contesto dell’intero poema. Quest’opera si configura infatti come un processo dinamico di riduzione dal vario all’uno, dal discorde al corale, dalla dispersione alla concentrazione, che si svolge appunto su tre piani differenti:
- 1. come condanna eterna degli angeli ribelli alla legge divina;
- 2. come sconfitta storica degli infedeli ad opera dei crociati;