Anche il giardino è a prima vista un incanto rigoglioso, che si manifesta nel trionfo di forme apparentemente spontanee. Ma mentre la vita umana, nella sua effimera realtà, è destinata a sfiorire naturalmente (Così trapassa al trapassar d’un giorno / de la vita mortale
il fiore e ’l verde, vv. 65-66), nel regno di Armida tutto è senza tempo (co’ fiori eterni
eterno il frutto dura, v. 31). L’arte magica della donna infatti falsifica la realtà, alterando il normale corso degli eventi e fissandoli in un presente infinito, separato dal reale, privo di ogni contatto con il mondo esterno.
La descrizione della natura meravigliosa non è certamente una novità: anzi, possiamo dire che si tratta di un esercizio tra i più diffusi nella letteratura, sia classica sia volgare. L’Eden bucolico e il paesaggio ritratto in un’eterna primavera sono topoi* così frequenti da rappresentare spesso una sorta di tirocinio obbligato per il poeta che voglia mostrare le proprie abilità di cesellatore di ambienti e colori. In tempi vicini a Tasso, prima Poliziano (con la descrizione del regno di Venere nelle Stanze per la giostra) poi Ariosto (con l’isola di Alcina nel Furioso) si erano cimentati nella rappresentazione della natura rigogliosa, fonte di oblio e felicità terrena. Tasso vi aggiunge però il fascino sinistro di una magia peccaminosa, insistendo su un registro voluttuoso, che ha lo scopo di esprimere le attrattive del Male. Infatti, la natura che egli descrive contiene sempre elementi eccessivi e artificiosi, sfarzosi e conturbanti: è l’imitazione di sé stessa, pura arte illusionistica, surreale marchingegno. Le ottave 9 e 10 giocano proprio su questo concettoso (cioè arguto) intreccio di falsa spontaneità e incantesimo: il giardino può sembrare un miracoloso accorgimento della natura, come se questa avesse per scherzo emulato l’arte, che è invece considerata sua imitatrice. In realtà, lo splendido locus amoenus* non è altro che un diabolico strumento di inganni, la seducente proiezione di istinti pagani e materialistici, di cui Tasso percepisce al tempo stesso il fascino e l’immoralità. L’insieme di quelle delizie è infatti il parto della creazione magica di Armida, cioè di una maga al servizio del Male: la sua genuinità è solo parvenza studiata per indurre in errore e distrarre in modo fraudolento l’uomo dai doveri e dai princìpi spirituali.