Al cuore della letteratura - volume 2

L’età della Controriforma e del Manierismo – L'opera: Gerusalemme liberata

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I contenuti tematici

La rappresentazione simbolica dello sviamento e della perdizione morale è affidata da Tasso alle immagini del labirinto e del giardino, emblemi dello smarrimento della ragione e delle false lusinghe dell’edonismo. Dietro la bellezza si nasconde l’inganno: la perfezione del palazzo circolare della maga si riverbera in una fastosa esibizione di opulenza. L’edificio è ricco (v. 1), il giardino è adorno (v. 3) più di ogni altro immaginabile, le porte sono d’effigiato argento (v. 11), i cardini di lucid’oro (v. 12), ma alcuni indizi avvertono della contraddittorietà del luogo, che è chiuso, impenetrabile e depistante: il labirinto invita a entrare con le sue cento (v. 9) porte, ma è studiato dagli architetti diabolici in modo da non permettere di uscirne, con il suo confuso ordin di loggie (v. 6) e le sue oblique vie (v. 7).
L’artificio è la spia della presenza demoniaca e tutto è falso per sembrare vero: l’intervento artistico (come quello che ha scolpito le figure sulle porte) non appare poiché la magia non rivela mai sé stessa, proprio come il peccato sempre si cela sotto una scintillante superficie di allettamenti.

Anche il giardino è a prima vista un incanto rigoglioso, che si manifesta nel trionfo di forme apparentemente spontanee. Ma mentre la vita umana, nella sua effimera realtà, è destinata a sfiorire naturalmente (Così trapassa al trapassar d’un giorno / de la vita mortale il fiore e ’l verde, vv. 65-66), nel regno di Armida tutto è senza tempo (co’ fiori eterni eterno il frutto dura, v. 31). L’arte magica della donna infatti falsifica la realtà, alterando il normale corso degli eventi e fissandoli in un presente infinito, separato dal reale, privo di ogni contatto con il mondo esterno.
La descrizione della natura meravigliosa non è certamente una novità: anzi, possiamo dire che si tratta di un esercizio tra i più diffusi nella letteratura, sia classica sia volgare. L’Eden bucolico e il paesaggio ritratto in un’eterna primavera sono topoi* così frequenti da rappresentare spesso una sorta di tirocinio obbligato per il poeta che voglia mostrare le proprie abilità di cesellatore di ambienti e colori. In tempi vicini a Tasso, prima Poliziano (con la descrizione del regno di Venere nelle Stanze per la giostra) poi Ariosto (con l’isola di Alcina nel Furioso) si erano cimentati nella rappresentazione della natura rigogliosa, fonte di oblio e felicità terrena. Tasso vi aggiunge però il fascino sinistro di una magia peccaminosa, insistendo su un registro voluttuoso, che ha lo scopo di esprimere le attrattive del Male. Infatti, la natura che egli descrive contiene sempre elementi eccessivi e artificiosi, sfarzosi e conturbanti: è l’imitazione di sé stessa, pura arte illusionistica, surreale marchingegno. Le ottave 9 e 10 giocano proprio su questo concettoso (cioè arguto) intreccio di falsa spontaneità e incantesimo: il giardino può sembrare un miracoloso accorgimento della natura, come se questa avesse per scherzo emulato l’arte, che è invece considerata sua imitatrice. In realtà, lo splendido locus amoenus* non è altro che un diabolico strumento di inganni, la seducente proiezione di istinti pagani e materialistici, di cui Tasso percepisce al tempo stesso il fascino e l’immoralità. L’insieme di quelle delizie è infatti il parto della creazione magica di Armida, cioè di una maga al servizio del Male: la sua genuinità è solo parvenza studiata per indurre in errore e distrarre in modo fraudolento l’uomo dai doveri e dai princìpi spirituali.

La falsità del contesto è riaffermata dalla presenza del pappagallo, che con le sue piume sparte / di color vari (vv. 49-50) si incarica, attraverso la canonica esaltazione della rosa (un motivo costante nella letteratura umanistico-rinascimentale), di diffondere un insinuante messaggio edonistico. Imita il parlare umano e lo fa con tanta abilità da apparire un prodigio, un mirabil mostro (v. 54) esotico e adescatore: un altro indizio di subdola sensualità in una scenografia ideata proprio per illudere e disorientare.

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È grazie alle irresistibili malie di una maga tentatrice che Rinaldo si trova segregato dentro questo labirinto del peccato. Vittima dei giochi amorosi di Armida, il cavaliere cristiano è ridotto a imbelle prigioniero, incapace di riaversi dinanzi al crin […] incomposto, al volto infiammato e al sorriso tremulo e lascivo della maga (vv. 90, 91 e 94). Del resto, la passione dei due amanti appare chiaramente sbilanciata: lei, artificiosa anche nella passione, langue per vezzo (v. 91), lui si consuma e strugge (v. 98) in un ardore assoluto e totalizzante. Mentre l’eroe perduto si specchia negli occhi della maga, questa ammira sé stessa in un cristallo (v. 106), simbolo di narcisismo e di lussuria. Si capisce che solo un intervento esterno può sottrarre Rinaldo alla schiavitù dei sensi: è il compito affidato a due valorosi e imperturbabili cristiani, Carlo e Ubaldo, inviati da Goffredo a smascherare la frode ordita da Armida e a ridestare in Rinaldo la coscienza di sé, lo spirito guerriero e il senso del dovere.

Le scelte stilistiche

Per esprimere la “realtà finta” del regno di Armida, Tasso ricorre a una serie significativa di campi semantici. Se il rischio per l’uomo è la devianza, il poeta riflette con descrizioni tortuose, labirintiche, serpeggianti, lo stato di Rinaldo sottratto al mondo dell’azione e della guerra che gli compete: lo smarrimento non è possibile se si percorrono vie rette, ma solo se ci si perde nel confuso ordin (vv. 5-6, si noti l’ossimoro*) di una bugiarda razionalità.
La valenza metaforica del giardino è sottolineata da aggettivi e verbi che intendono enfatizzarne il risvolto profano: nella policromatica varietà degli ornamenti troviamo la vite lussureggiante (v. 37), gli uccelli vezzosi (v. 41), le note lascivette (v. 42), i venti che sussurrano, le colombe che raddoppiano i baci, gli animali che amoreggiano; perfino le piante, la terra e l’acqua danno la sensazione di emanare dolcissimi d’amor sensi e sospiri (v. 80).

Del resto, lo stile di tutto il brano è giocato su un registro allusivo, volutamente di maniera, ricco di bisticci* e giochi di parole (si vedano i vv. 27-28, Di natura arte par, che per diletto / l’imitatrice sua scherzando imiti, o il v. 31, dove compare l’accostamento eternieterno, o ancora i vv. 66 e 68, dove il binomio fiore/verde è ripreso dai verbi rinfiora/rinverde), che preludono ai caratteri della letteratura barocca.

      Verso le competenze

COMPRENDERE

1 Descrivi lo stato in cui si trova Rinaldo all’arrivo di Carlo e Ubaldo.


2 Soffermati sull’aspetto e sull’atteggiamento di Armida, evidenziando il suo raffinato e studiato metodo di seduzione.

ANALIZZARE

3 La descrizione del giardino di Armida contiene molti elementi di aperta o sottintesa sensualità. Individua i particolari che accrescono il carattere sensuale della scena.


4 Quale figura retorica troviamo nel verso acque stagnanti, mobili cristalli (v. 19)? Individua altri due esempi della stessa figura.


5 Il brano è ricco di contrapposizioni: completa la tabella con la parola o l’espressione opposta presente nel testo.



ombrose valli (v. 21)

il culto (v. 25)

spunta l’un (v. 32)

luci ridenti (v. 109)

 >> pag. 491 

6 Individua i soggetti dei periodi contenuti nelle ottave 9-13.


7 L’ottava 12 è caratterizzata da accentuate suggestioni sonore. Riconosci in essa le seguenti figure di suono:

allitterazioni;
onomatopee;
anafore;
rime ricche (cioè tra parole che condividono altri fonemi prima dell’ultima vocale tonica);
rime equivoche (cioè tra parole uguali in scrittura, ma dal diverso contenuto semantico).

INTERPRETARE

8 Per quale motivo il pappagallo può essere considerato una sorta di simbolo o incarnazione della devianza pagana?

PRODURRE

9 Un giardino altrettanto ammaliante compare nell’Orlando furioso: è il giardino della maga Alcina ( ► T7, p. 241). Rileggi il brano e metti a confronto i due giardini in un testo espositivo di circa 20 righe: quali sono le analogie e quali le differenze? Nella visione del mondo dei due autori che cosa rappresentano?


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Il Quattrocento e il Cinquecento