2 - I personaggi

L’età della Controriforma e del Manierismo – L'opera: Gerusalemme liberata

2 I personaggi

La caratteristica che è alla base della fisionomia di quasi tutti i personaggi della Liberata è la complessità. Essi non spiccano tanto per le loro imprese, quanto per l’intrico dei sentimenti che li agita, per i tortuosi meccanismi psicologici con cui vivono l’eterno dissidio tra pulsioni del cuore e dovere religioso. Chiusi nei loro tormenti interiori, i protagonisti del poema risultano sempre incapaci di comunicare con gli altri, costretti in una condizione di solitudine, inermi e sconfitti da un fosco e ineluttabile destino, di cui sono ben consci.
D’altra parte, l’atteggiamento di Tasso nei confronti delle figure che popolano il suo poema è molto diverso da quello di Ariosto. Questi guarda distaccato la capricciosa e favolosa varietà della vita, gli eventi del mondo, le difficoltà e gli insuccessi dei suoi cavalieri erranti, consapevole di quanta menzogna e di quanto artificio fantastico ci siano nelle sue narrazioni. Tasso invece partecipa dei sentimenti dei suoi eroi, profondendovi la propria umanità, immedesimandosi nelle passioni e nei travagli di quelli che appaiono come uomini e donne reali e non come creature di una bella storia letteraria.

La poesia dei personaggi della Liberata risiede dunque nell’infelicità. Non a caso, l’unico personaggio sempre uguale a sé stesso, mai sfiorato dal dubbio, il capitano senza macchia Goffredo, è quello artisticamente meno riuscito: perfetto esemplare di eroe della Controriforma, incarna l’aspirazione del poeta a superare le debolezze e le passioni umane in nome di un alto ideale. In questo campione di nobiltà e grandezza si ritrovano fusi sia i valori della tradizione classica (forza, coraggio, lealtà) sia le virtù cristiane (fede, obbedienza a Dio, senso del dovere).

Agli antipodi di Goffredo si può invece collocare Rinaldo, il personaggio in cui Tasso ha riposto tutte le incertezze e le contraddizioni dell’esistenza. Con lo stesso slancio, che ne caratterizza l’indole, Rinaldo cede allo sdegno e all’ira, si annulla nel piacere dei sensi e si abbandona alla mistica preghiera grazie alla quale può vincere l’incanto della selva di Saron.
Mentre Rinaldo ha una prorompente vitalità, Tancredi è invece malinconico, assorto nel sogno e nell’inquietudine, assillato dal senso di colpa per l’illecito amore che nutre nei confronti della guerriera musulmana Clorinda, e poi straziato dall’averne provocato lui stesso la morte.
Proprio questo oscillare tra fede e peccato, tra devozione religiosa e tentazione profana è un tratto che caratterizza l’interiorità della maggioranza dei personaggi principali del poema: ne sono immuni solo le figure non toccate dai tormenti amorosi (il cristiano Goffredo o i saraceni Argante e Solimano).

Quanto ai personaggi pagani, anch’essi non mancano di nobiltà e di generosità, anzi: orgogliosi, accaniti e talora segnati da una specie di autolesionistico desiderio di morire, appaiono come eroi dolenti e ricchi di dignità, disposti a tutto pur di mostrare il proprio valore e di non retrocedere dinanzi al rischio o a imprese che non hanno alcuna possibilità di successo. Anche – e specialmente – le tre eroine, che dovrebbero ostacolare i crociati, sono in realtà pervase da un senso di sconfitta imminente, sublimato dalla conversione finale: Armida, la perfida maga al servizio del Male che poi si redime abbandonandosi all’amore per Rinaldo; Erminia, l’innamorata sognatrice che realizza nel finale il proprio desiderio di assistere e proteggere Tancredi ferito; ma soprattutto Clorinda, che nel momento della morte riacquista la fede cristiana e la bellezza femminile prima sacrificata nella ferocia della guerra.

Al cuore della letteratura - volume 2
Al cuore della letteratura - volume 2
Il Quattrocento e il Cinquecento