Umanesimo e Rinascimento – L'autore: Francesco Guicciardini

la sintesi

LA VITA

Nato a Firenze nel 1483 in una ricca famiglia aristocratica, riceve un’educazione di stampo umanistico. I successivi studi di diritto ne completano la formazione e lo indirizzano verso la carriera politica, preferita a quella ecclesiastica.
Non ancora trentenne, nel 1511 è ambasciatore in Spagna presso Ferdinando il Cattolico. In questi anni abbozza la prima serie dei Ricordi. Uomo di fiducia dei Medici, dopo il suo rientro a Firenze riceve da papa Leone X la nomina a governatore di Modena nel 1516, e di Reggio Emilia nel 1517. Altri incarichi lo attendono con l’elezione di Clemente VII: governatore della Romagna, consigliere del papa, luogotenente delle truppe pontificie. Al ritorno a Firenze, dopo il sacco di Roma del 1527, trova un mutato clima politico: la restaurazione della Repubblica lo esclude da ogni ruolo e lo costringe al volontario esilio nel Mugello. La forzata inattività dura poco. L’assedio e la presa di Firenze da parte delle truppe imperiali di Carlo V nel 1531 restaurano il potere mediceo e Guicciardini viene incaricato dal papa di eliminare i personaggi di spicco della caduta Repubblica. La scomparsa nel 1534 di Clemente VII lo spinge però a ritirarsi progressivamente a vita privata e a lavorare alla Storia d’Italia. Muore ad Arcetri nel 1540.

I RICORDI

Sono brevi riflessioni, scritte fra il 1512 e il 1530 e pubblicate postume, relative a vari argomenti e aspetti della vita, in particolare la politica. La natura non sistematica dell’opera la rende a tratti contraddittoria, esemplificazione dell’insofferenza di Guicciardini verso ogni tentativo di ricomposizione unitaria della realtà. Di essa l’autore intende infatti registrare l’aspetto mutevole e frammentario, senza ignorare il dominio che la fortuna è in grado di esercitare sulle cose umane. Per Guicciardini l’uomo si trova dunque impossibilitato a comprendere la realtà secondo dogmi e teorie assoluti. All’individuo non rimane che salvaguardare la propria dignità («riputazione ») sulla base della «discrezione», qualità naturale che va esercitata e rafforzata grazie all’esperienza e all’uso della «prudenza». E in assenza di ideali collettivi è auspicabile perseguire il «particulare», cioè il beneficio personale, per quanto esso possa e debba coincidere con gli interessi della comunità e il bene dello Stato.
L’ambizione è perciò ritenuta da Guicciardini legittima e virtuosa quando è connotata da una forte valenza civica, benché le possibilità di incidere sulla realtà siano pressoché nulle. Il pessimismo e il senso di fallimento insiti nel pensiero guicciardiniano si fondano sia sulla valutazione della natura umana come essenzialmente egoistica sia sull’osservazione della tragica condizione politica italiana dell’epoca, a cui si può rispondere solo con la moderazione e la salvaguardia dell’ordine e del buon senso.
La forma frammentaria dei Ricordi è congeniale a esprimere questa visione del mondo aliena da teorizzazioni e schematismi. La scelta dell’aforisma determina frasi caratterizzate da uno stile vivace e immediato, con incursioni nella lingua popolaresca.

LA STORIA D’ITALIA

Per il racconto e il giudizio dei fatti che vanno dalla discesa in Italia di Carlo VIII (1494) alla morte di papa Clemente VII (1534) Guicciardini non si affida a teorie astratte o schemi aprioristici. La conoscenza diretta degli avvenimenti, le esperienze politiche e diplomatiche, lo studio delle fonti documentarie consentono all’autore di comporre la prima opera storiografica moderna. Diverso è lo stile rispetto ai Ricordi: periodi ampi e articolati determinano una sintassi complessa, intesa a riprodurre la solennità della storiografia classica, mentre il lessico, così come raccomandava Pietro Bembo, guarda al modello boccacciano e trecentesco.

GLI SCRITTI MINORI

Le simpatie per il regime aristocratico e la lontananza da ogni prospettiva di democrazia, espresse nel Discorso di Logrogno (1512), sono ribadite da Guicciardini nel Dialogo del reggimento di Firenze (1521-1526). In esso l’autore auspica per Firenze un governo oligarchico nel quale il potere di un gonfaloniere sia bilanciato dai rappresentanti delle famiglie agiate. Nelle Considerazioni intorno ai “Discorsi” del Machiavelli sopra la Prima Deca di Tito Livio (1530) Guicciardini confuta le teorizzazioni dell’amico, rifiutando di considerare gli ordinamenti romani come modelli per il presente e ritenendo controproducente combattere il particolarismo insito nella politica italiana.
La passione giovanile per la storiografia muove Guicciardini alla scrittura delle Storie fiorentine (1509), analisi degli eventi che vanno dal tumulto dei Ciompi (1378) sino al 1509, in cui è manifesta la volontà di approfondire le cause delle azioni e la rappresentazione dei personaggi e degli ambienti.
Accanto ai testi di maggior rilievo, l’attività letteraria di Guicciardini produce inoltre relazioni, diari di viaggio, orazioni e un epistolario di circa 5000 lettere.

Al cuore della letteratura - volume 2
Al cuore della letteratura - volume 2
Il Quattrocento e il Cinquecento