Al cuore della letteratura - volume 2

Umanesimo e Rinascimento – L'opera: Il Principe

 T8 

Di quelle cose per le quali gli uomini e in particolar modo i principi sono lodati o vituperati

Il Principe, XV


Con questo capitolo inizia la discussione delle qualità personali del «principe nuovo». L’argomento è scottante, anche perché il taglio dato alla questione da Machiavelli è del tutto originale. Con coraggio l’autore sa di ingaggiare da questo punto in poi una lotta contro il senso comune. Messe al bando le utopistiche o moralistiche concezioni della politica che avevano dettato legge fino a quel momento, Machiavelli intende richiamarsi esclusivamente alla verità effettuale della cosa.

DE HIS REBUS QUIBUS HOMINES ET PRAESERTIM PRINCIPES LAUDANTUR
AUT VITUPERANTUR
Resta ora a vedere quali debbino essere e’ modi e governi1 di uno principe o co’
sudditi o con li amici. E perché io so che molti di questo hanno scritto, dubito,
5 scrivendone ancora io, non essere tenuto prosuntuoso, partendomi massime,2 nel
disputare questa materia, da li ordini3 delli altri. Ma sendo l’intenzione mia stata
scrivere cosa che sia utile a chi la intende, mi è parso più conveniente4 andare dreto
alla verità effettuale della cosa che alla immaginazione di essa.5 E molti si sono
immaginati republiche e principati che non si sono mai visti né conosciuti in vero
10 essere.6 Perché gli è tanto discosto da come si vive a come si doverrebbe vivere,
che colui che lascia quello che si fa, per quello che si doverrebbe fare, impara più
presto la ruina che la perservazione sua:7 perché uno uomo che voglia fare in tutte
le parte8 professione di buono, conviene che ruini in fra tanti che non sono buoni.
Onde è necessario, volendosi uno principe mantenere, imparare a potere essere
15 non buono e usarlo e non usarlo secondo la necessità.9
Lasciando adunque addreto le cose circa uno principe immaginate, e discorrendo
quelle che sono vere, dico che tutti li uomini, quando se ne parla, e massime
e’ principi, per essere posti più alti, sono notati di10 alcune di queste qualità che
arrecano loro o biasimo o laude. E questo è che11 alcuno12 è tenuto liberale,13 alcuno
20 misero,14 – usando uno termine toscano, perché avaro in nostra lingua è ancora
colui che per rapina desidera di avere: misero chiamiamo noi quello che si astiene
troppo di usare il suo; – alcuno è tenuto donatore, alcuno rapace;15 alcuno crudele,
alcuno piatoso;16 l’uno fedifrago,17 l’altro fedele; l’uno effeminato e pusillanime,
l’altro feroce e animoso; l’uno umano, l’altro superbo; l’uno lascivo,18 l’altro casto;

 >> pag. 346 

25 l’uno intero,19 l’altro astuto;20 l’uno duro, l’altro facile;21 l’uno grave, l’altro leggieri;22
l’uno religioso, l’altro incredulo,23 e simili. E io so che ciascuno confesserà che
sarebbe laudabilissima cosa uno principe trovarsi, di tutte le soprascritte qualità,
quelle che sono tenute buone. Ma perché le non si possono avere tutte né interamente
osservare, per le condizioni umane che non lo consentono, è necessario essere
30 tanto prudente ch’e’ sappi fuggire la infamia di quegli vizi che gli torrebbono
lo stato;24 e da quegli che non gliene tolgono guardarsi, s’e’ gli è possibile: ma non
possendo, vi si può con meno respetto lasciare andare.25 Ed etiam26 non si curi di
incorrere nella infamia di quelli vizi, sanza e’ quali possa difficilmente salvare lo
stato; perché, se si considera bene tutto, si troverrà qualche cosa che parrà virtù, e
35 seguendola sarebbe la ruina sua: e qualcuna altra che parrà vizio, e seguendola ne
riesce la sicurtà e il bene essere suo.

      Dentro il testo

I contenuti tematici

Abbiamo già sottolineato come a Machiavelli non manchi certamente la coscienza della propria originalità. Il concetto va ribadito per questo capitolo, in cui l’autore rimarca, a rischio di essere tenuto prosuntuoso (r. 5), quale sia la distanza tra il proprio approccio alla materia e quello di chi lo ha preceduto.
La contrapposizione con la tradizionale trattatistica politica, tutta ispirata a ideali precetti morali, è infatti netta e definitiva: scegliendo di guardare solo alla verità effettuale della cosa, Machiavelli intende descrivere la realtà oggettivamente, rifiutando gli inganni di quelli che seguono l’immaginazione di essa (r. 8), trasfigurando e quindi alterando il vero. Da questa dichiarazione di metodo discendono a cascata tutte le conseguenze relative all’agire politico.
Per prima cosa, Machiavelli confronta le due opzioni alternative che si presentano al principe: da una parte la morale cristiana, che indica come gli uomini dovrebbero essere, dall’altra l’analisi della verità effettuale, che mostra come essi sono. A quest’ultima soluzione, e solo a questa, deve ispirarsi il principe che voglia mantenere saldo il proprio Stato, dal momento che colui che lascia quello che si fa, per quello che si doverrebbe fare, impara più presto la ruina che la perservazione sua (rr. 11-12).
Machiavelli precisa che non avrebbe fatto questa osservazione se le leggi della morale fossero estese anche alla pratica politica. Poiché invece gli uomini non sono buoni, il principe deve imparare – anche suo malgrado – a potere essere non buono (rr. 14-15): sarebbe laudabilissima cosa (r. 27) se egli possedesse tutte le virtù, ma la logica del potere gli impone di avere anche dei vizi, sempre che questi siano necessari a conservare lo Stato.

Le scelte stilistiche

Sebbene il contenuto sia rivoluzionario, il capitolo si apre con il tono modesto di una conversazione tra amici. Con scelte sintattiche e lessicali volutamente moderate, l’autore intende allontanare da sé ogni sospetto di arroganza. L’iniziale Resta ora a vedere (r. 3) predispone in modo colloquiale il lettore a un argomento nuovo; il punto di vista con cui Machiavelli si discosta da li ordini delli altri (r. 6) è introdotto da un eloquente Ma avversativo. Infine il mi è parso più conveniente (r. 7) con cui vengono illustrati i princìpi che ispirano la sua analisi vuole mettere in luce la sua umiltà, che d’altra parte non inficia la forza oggettiva dell’impostazione.

 >> pag. 347 

Coerentemente con le dichiarazioni di principio contenute nella Dedica ( ► T5, p. 329), Machiavelli usa un linguaggio semplice e uno stile conciso per affermare contenuti, come abbiamo visto, “scandalosi”: nessuna divagazione, ma una predilezione per le espressioni concrete e per l’uso delle antitesi* (si vedano le coppie di elementi antitetici, composte di vizi e virtù morali).
Una tale essenzialità formale rappresenta lo specchio di un’impostazione concettuale: la scelta della realtà concreta al posto di quella immaginaria. Questa contrapposizione è espressa grazie all’alternanza dei modi verbali: il condizionale evidenzia il carattere puramente ipotetico del “come si dovrebbe vivere”, l’indicativo corrisponde alla natura concreta del “come si vive”. Un’alternanza ribadita nella frase conclusiva: per il principe che si affannasse a seguire solo la via della virtù, si affaccia l’ipotesi della rovina (sarebbe la ruina sua, r. 35); per quello disposto a coltivare qualità che appaiono vizi, vi è la certezza del successo (ne riesce, rr. 35-36).

      Verso le competenze

COMPRENDERE

1 Anche questo capitolo si apre con una premessa. Qual è il suo significato?


2 Che cosa significa andare dreto alla verità effettuale (rr. 7-8)?

ANALIZZARE

3 Dividi il capitolo in sequenze e assegna a ciascuna un titolo completando la tabella.


Sequenza
Titolo
da………… a…………
 
 
 


 
 
 


 
 
 


 
 
 

4 La seconda parte del capitolo è scandita dalla fitta serie di aggettivi che connotano le caratteristiche, positive e negative, dell’uomo comune. Con l’aiuto del dizionario, indica un sinonimo pertinente per ciascuno di questi aggettivi, evitando di replicare quelli indicati dalle note.

INTERPRETARE

5 Nelle rr. 19-26 l’autore ricorre alla strategia retorica dell’elencazione. Perché, secondo te?

PRODURRE

6 Fai un ritratto del tuo politico ideale: quali caratteristiche dovrebbe avere? Di che cosa si dovrebbe occupare innanzitutto? Scrivi un testo di almeno 30 righe.


7 Spesso i politici di oggi usano i social network per comunicare. Scrivi alcuni tweet (massimo 140 caratteri) che sintetizzino efficacemente questo capitolo.


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Il Quattrocento e il Cinquecento