Dossier Arte - volume 3 

8 L arte tra le due guerre „ Il grande metafisico Come si è visto, nel 1915, De Chirico e il fratello, richiamati alle armi, fanno ritorno in Italia da Parigi. Dopo un passaggio a Firenze, loro distretto militare, sono inviati a Villa del Seminario, ospedale militare alle porte di Ferrara. La città estense seduce De Chirico con le sue piazze, le botteghe dell antico ghetto, i biscotti e i dolci dalle strane forme presenti nelle vetrine dei negozi. Realizza allora alcuni interni metafisici e opere capitali come Le muse inquietanti ( p. 332) e Il grande metafisico (4), in cui fa la comparsa il tema del manichino. Come osserva il critico Maurizio Fagiolo dell Arco, per De Chirico i manichini sono «l aspetto moderno della statua, che all artista interessa sempre come calco (e quindi: doppio, rispecchiamento, ombra) . De Chirico stesso racconta la genesi di quest opera, per la quale trae ispirazione dalla vista della statua dell Ariosto a Ferrara. Di questa visione e rivelazione egli fornisce la propria rielaborazione misteriosa e solenne costruendo un manichino svettante verso l alto, realizzato attraverso un accumulo di oggetti diversi, come se 4. Giorgio de Chirico, Il grande metafisico, 1917, olio su tela, 104,5x69,8 cm. Collezione privata. 330 fosse una sorta di trofeo antico: la testa è la sagoma di un manichino dai tratti sintetici e riassuntivi e dalla forma ovoidale; il corpo è formato da una serie di oggetti colorati come squadre e strutture in legno. La figura si erge al centro di una piazza vuota, delimitata da alcuni edifici, in un gioco di contrasti tra le costruzioni scure, che proiettano ombre ben definite, e quelle chiare, immerse nella luce. Carlo Carrà Nel 1917, su suggerimento dello scrittore e pittore Ardengo Soffici, Carlo Carrà (Quargnento 1881-Milano 1966) raggiunge De Chirico a Ferrara, lavorando accanto al pittore metafisico per circa tre mesi. Carrà aveva già aderito al Futurismo pur rivelando, con lo scoppio della guerra, forti dubbi per una poetica incentrata sull ottimismo per il progresso e sul rifiuto per la tradizione, in un esaltazione della disgregazione della forma e del dinamismo. Dopo la parentesi futurista, Carrà sente l esigenza di ritornare a meditare sulla plasticità dell oggetto. Riscopre allora i valori della forma e della tradizione, ricercando nuovi riferimenti nella storia che lo portano a riflettere sulla primitività di Giotto e Paolo Uccello come pure sull opera del Doganiere Rousseau. „ La carrozzella Fra il 1916 e il 1917 Carrà realizza dipinti in cui i modelli desunti dalla tradizione si fondono con la riscoperta della forza plastica del disegno infantile. Ne è un esempio La carrozzella (5), dove la composizione è ridotta all essenziale: una casetta di sapore giottesco è sospesa sullo sfondo e in primo piano campeggia la carrozzella con il cavallo, immobile in un paesaggio scarno. Il soggetto, estremamente semplificato nella forma, occupa un ampio fondale monocromo e sembra sospeso in un atmosfera lirica, che attribuisce ai pochi elementi del dipinto un valore simbolico quasi primordiale. „ La camera incantata Nelle opere del periodo ferrarese emerge una nuova dimensione metafisica, in cui si fanno evidenti molti dei motivi iconografici propri di De Chirico. Nella Camera incantata (6), per esempio, troviamo il manichino e le scatole in primo piano. L impostazione spaziale è chiaramente ripresa dalle opere metafisiche di De Chirico, anche se in Carrà si attenua il senso tragico ed enigmatico. La camera incantata è il luogo dei ricordi d infanzia, in cui ciascun oggetto concorre a definire una narrazione autobiografica, una sorta di rebus che la critica ha cercato di interpretare. Il manichino da sarta sullo sfondo rappresenterebbe la madre dell artista, morta quando il piccolo Carrà aveva nove anni, e che di professione faceva la sarta; l altro manichino, realizzato con un accumulo di scatole dalle diverse forme geometriche in cui l ultima è rivestita in cuoio e sormontata da un parrucchino nero, rimanda alla figura del padre, di professione calzolaio. In primo piano sono collocate due scatole, l una contenente un pesce e l altra un set da pesca, hobby che l artista condivideva con il padre. „ L idolo ermafrodito Nella ricerca di Carrà, rispetto a quella di De Chirico, si percepisce una maggiore propensione verso la costruzione plastica dell immagine, come si può osservare nell Idolo ermafrodito (7), in cui la composizione è risolta in base a un altissimo rigore costruttivo che purifica la forma. L ambiente è spogliato da elementi decorativi che possano in qualche modo distogliere l attenzione dalla figura del dio-idolo, una sorta di manichino pronto a umanizzarsi, colto in un gesto benedicente, che occupa quasi interamente lo spazio.

Dossier Arte - volume 3 
Dossier Arte - volume 3 
Dal Neoclassicismo ai giorni nostri