Il Biedermeier

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Il Biedermeier

Il Biedermeier è uno stile artistico e ornamentale che si sviluppa subito dopo il Congresso di Vienna, coinvolgendo principalmente la borghesia tedesca e austriaca e le aree politicamente controllate dalle due nazioni, quindi anche l’Italia. Il Biedermeier appare come la risposta allo Stile Impero, imposto all’Europa da Napoleone e per questo identificato anche come l’ espressione artistica della Restaurazione.
Il Biedermeier valorizza la sobrietà – intesa anche come integrità morale – che si traduce formalmente in ambienti intimi, depurati dagli eccessi decorativi, e nei quali gli oggetti d’uso – grazie anche all’innovazione industriale – possono essere riprodotti serialmente. La pittura, l’architettura, la musica, l’arredamento, la moda e la letteratura rispondono a un codice fatto di atmosfere solenni ma sobrie: interni in cui la luce entra copiosa e fa brillare mobili in legno di ciliegio, secrétaire a ribalta, divani imbottiti, stoffe a decorazione floreale, qualche bronzetto e dipinti di genere appesi a pareti con tappezzerie in tono.
Il termine, desunto dal cognome Meier di un personaggio creato dagli scrittori Adolf Kussmaul e Ludwig Eichrodt – un insegnante limitato che si accontenta della propria noiosa e rassicurante esistenza – viene coniato attorno al 1850, quando dunque il gusto Biedermeier è da poco tramontato, e diviene l’aggettivo per indicare tutto quanto potesse dirsi conservatore e specchio di un atteggiamento politico neutrale.

I riti della società borghese

La pittura Biedermeier propone soggetti semplici, mai magniloquenti, scene di quotidiana vita borghese, come mostra la Passeggiata della domenica (41) di Carl Spitzweg (Monaco di Baviera 1808- 1885), pittore e poeta tedesco.
L’artista ritrae una famiglia numerosa che, con l’arrivo della bella stagione, si reca fuori porta per la gita domenicale. La fila è guidata dal capofamiglia che tiene teneramente la mano della figlia più piccola. Le figure sono immerse nella campagna estiva e i personaggi si distinguono per i colori brillanti degli abiti. Il padre si ripara dal sole con il cilindro sorretto dal bastone, un gesto spontaneo, che cala immediatamente il dipinto in una dimensione confidenziale. Questa posa, insieme all’espressione del volto, risulta piuttosto buffa e rivela il passato di Spitzweg come disegnatore satirico, svelando il suo occhio allenato a cogliere gli atteggiamenti più nascosti dell’essere umano.

Le fioriture Biedermeier

Lo stile Biedermeier ama le decorazioni a motivo floreale, da impiegare nella produzione di mobili, di tappezzerie e papier peinte (carta da parati) da applicare alle pareti. Anche le porcellane e i vetri sono impreziositi dalla presenza di piccoli fiori, come gli splendidi bicchieri (42) del vetraio Anton Kothgasser (Vienna 1769-1851), decorati con viole mammole, quadrifogli, piccoli insetti e altri elementi naturali, spesso accompagnati da un motto moraleggiante. Joseph Nigg (Vienna 1782-1863) è il pittore floreale più apprezzato della Vienna d’inizio secolo che affianca alla pittura su tela, preferibilmente di lino perché più sottile e dunque più versatile ai giochi di luce, la decorazione di porcellane. Il suo Mazzo di fiori (43) è un vero godimento visivo: un soggetto semplice, trattato con raro virtuosismo e varietà cromatica. A dispetto della resa realistica dei fiori, l’immagine è però di pura fantasia, una sorta d’idealizzazione che si rivela nella parte bassa del dipinto dove i fiori sembrano fluttuare nel vuoto.
Salotto di una dacia della contea Lanckroronski a Vienna (44) dimostra inoltre come il gusto Biedermeier avesse conquistato anche l’Europa orientale. Col termine russo “dacia” infatti s’intende una residenza di campagna, fuori dalla città, dove l’aristocrazia o l’alta borghesia trascorrevano le giornate di vacanza. Gli oggetti trovano spazio in interni curati e raffinati, ma non sontuosi, pervasi da un senso di calda domesticità.

La familiarità del ritratto

La ritrattistica Biedermeier rispetta il carattere intimista del movimento: al gusto per le rappresentazioni ufficiali o mondane preferisce dare rilievo al rigore morale del soggetto. Prolificano naturalmente i ritratti di famiglia, istituzione che incarna i saldi valori della borghesia ottocentesca.
Ne è uno splendido esempio il Ritratto della famiglia de Brucker (45) di Giuseppe Tominz (Gorizia 1790-Gradiscutta 1866), artista di origine goriziana che si forma a Roma – prima alla Scuola di Nudo e poi all’Accademia di San Luca – e dal 1818 si stabilisce a Trieste con l’incarico di dirigere il museo cittadino. I protagonisti del dipinto sono dei rispettabili rappresentanti della nuova borghesia triestina di lingua tedesca: il commerciante Luigi Maria de Brucker con la moglie e il primogenito. Proprio la presenza del piccolo Federico, nato nell’ottobre del 1828, permette di datare l’opera attorno al 1830. Nel dipinto, ambientato in un salotto dell’alta borghesia, il figlio è l’elemento di raccordo tra le due figure: stringe teneramente la mano del padre, a indicare un legame di consanguineità e d’affetto, e offre alla madre una mela, come un piccolo Paride che premia la bellezza. Naturalmente l’avvenenza della donna in questo caso è da intendersi come una grazia domestica e virtuosa. 

I colori sono nitidi, ben scanditi in aree cromatiche che reagiscono per contrasto: l’azzurro col rosso, il marrone dell’abito con il bianco candido della camicia.

Dossier Arte - volume 3 
Dossier Arte - volume 3 
Dal Neoclassicismo ai giorni nostri