Dossier Arte - volume 3 

   2.  L’ETÀ ROMANTICA >> Il Romanticismo

La Scuola di Posillipo: il vedutismo romantico italiano

Attorno agli anni Venti dell’Ottocento, a Napoli, un gruppo di artisti sviluppa una pittura unicamente di paesaggio che ha per soggetto il golfo e i dintorni della città partenopea e che prende infatti il nome di Scuola di Posillipo. Il termine è coniato, con intento dispregiativo, dagli artisti incardinati nell’Accademia napoletana, i quali deprecavano la produzione di paesaggio destinata a soddisfare la richiesta dei turisti a caccia di souvenir. Posillipo quindi, tappa immancabile dell’itinerario partenopeo, diviene sinonimo di una pittura “facile” destinata al mercato dell’arte. Anche se in verità i dipinti della Scuola di Posillipo erano destinati a un pubblico poco esigente, il loro modo di rappresentare la veduta – fresca, vivida e immediata – fu una rivoluzione nella maniera d’intendere la pittura di paesaggio.
Fattore scatenante nello sviluppo della Scuola di Posillipo fu la presenza in città di Anton Sminck van Pitloo (Arnhem 1790-Napoli 1837), un vedutista olandese che nel 1816 ottenne la cattedra di paesaggio all’Accademia di Napoli: egli aprì il proprio atelier agli artisti più giovani e invitò gli allievi a dipingere all’aria aperta (36)

La Scuola vera e propria nacque attorno al 1820 e tra il 1825 e il 1835 vi aderirono anche numerosi artisti campani come Achille Vianelli (Porto Maurizio 1803-Benevento 1894), Gabriele Smargiassi (Vasto 1798-Napoli 1882), Teodoro Duclère (Napoli 1816- 1867) e, il più celebre, Giacinto Gigante (Napoli 1806-1876). Sulla spinta di Van Pitloo gli artisti di Posillipo misero a punto una pittura che doveva rendere con immediatezza la bellezza e anche l’impetuosità del paesaggio. Soprattutto tra gli anni Venti e i Trenta i pittori aderenti alla Scuola svilupparono l’elemento del pittoresco, capace di riflettere umori romantici. In realtà, la rapidità di produzione di questi dipinti – per lo più di piccole e medie dimensioni proprio per la facilità del trasporto – permise un’ampia ricerca sul tema del paesaggio, nonché un più rapido aggiornamento alle novità europee, al di là di ogni convenzione accademica.

Amalfi con mare in tempesta

La Scuola di Posillipo poteva dunque dialogare con maggiore scioltezza con gli esiti pittorici di William Turner (► p. 84), che dimorò in città tra il 1819 e il 1828, o di altri artisti stranieri che soggiornarono a Napoli, attirati dalla magnifica luce napoletana. Per dipingere Amalfi con mare in tempesta (37), Gigante siede in cima alla scogliera cercando di catturare ogni possibile effetto luministico del paesaggio durante un temporale: si vedono le nuvole cariche di pioggia all’orizzonte, il golfo ancora riscaldato dai raggi solari e un’imbarcazione a vela che velocemente cerca di riparare in porto. Gigante recupera la tecnica compositiva dei grandi vedutisti settecenteschi: crea, cioè, una piccola zona d’ombra in primo piano che fa da cornice, permettendo all’osservatore di muovere lo sguardo scivolando dolcemente verso la luce e soffermandosi di nuovo sul blu dello sfondo. Rispetto ai terribili e sublimi paesaggi del Nord, la natura proposta da Gigante dispiega le sue forze, ma non valica la dimensione della spettacolarità, distante da drammi interiori o profondi simbolismi.

Constable: la resa atmosferica del paesaggio

Al Salon del 1824, da sempre ritenuto il momento del confronto tra il Romanticismo di Delacroix e il Classicismo di Ingres, il pittore inglese John Constable (East Bergholt 1776-Londra 1837) presenta alcuni dipinti che avranno un peso fondamentale sulla formazione della scuola di paesaggio francese, in particolare della successiva Scuola di Barbizon (1830-1870).
Figlio di un facoltoso mercante di grano, Constable si avvicina alla pittura in maniera spontanea e autodidatta guardando alla tradizione della pittura di paesaggio seicentesca, in particolare quella di Claude Lorrain (Chamagne 1600-Roma 1682). Si perfeziona poi nello studio di John Thomas Smith (Londra 1766-1833), colto pittore e collezionista di antichità, che però gli consiglia di restare in affari col padre. Nel 1799 finalmente Constable riesce a imporre la sua iscrizione alla Royal Academy, dove espone i primi dipinti a partire dal 1802. La sua pittura, libera da schemi convenzionali, ottiene riconoscimenti prima in Francia che in patria. Il paesaggio è pressoché l’unico soggetto della pittura di Constable, in particolare quello del natio Suffolk, fatto di ampie pianure, alberi frondosi, aria carica d’umidità, riflessi dei corsi d’acqua, cieli immensi e qualche rara incursione di vita contadina.

Flatford Mill

D’abitudine Constable realizza i dipinti in atelier, ma dopo aver realizzato alcuni bozzetti all’aria aperta: studi in cui appunta indicazioni sulla luce e sugli effetti atmosferici nei diversi momenti della giornata. Flatford Mill (38), capolavoro del paesaggismo romantico inglese, fa eccezione rispetto all’abituale procedimento di Constable. Nonostante le sue grandi dimensioni, il dipinto è stato realizzato per buona parte all’aria aperta; in seguito, nello studio, l’artista ha aggiunto la figura del ragazzo, del cavallo e della struttura in legno in primo piano. La scena si svolge sul fiume Stour, nei pressi del villaggio di Flatford appunto, dove un cavallo da tiro sta trainando un’imbarcazione. Il dipinto viene esposto la prima volta alla mostra della Royal Academy del 1817 col titolo Scene on a Navigable River (Scena su un fiume navigabile) e poi ripresentato l’anno successivo con l’attuale titolo, dopo aver completamente ridipinto il cielo e reso più frondose le cime degli alberi. L’infaticabile osservazione dal vero nel tentativo di restituire l’elemento atmosferico del paesaggio fa di Constable uno dei punti di riferimento per i paesaggisti francesi che, già a partire dalla metà degli anni Venti, si danno appuntamento durante l’estate, per dipingere all’aperto nella regione di Sèvres e di Saint-Cloud, della Manica e nella foresta di Fontainebleau.

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Dal Neoclassicismo ai giorni nostri