DOSSIER: Il naufragio della Speranza
dossier l'opera
Caspar David Friedrich
IL NAUFRAGIO DELLA SPERANZA
- 1823-1824
- olio su tela, 98x128 cm
- Amburgo, Kunsthalle
Il tempo e il luogo
Nel 1820 il collezionista tedesco Johann Gottlob von Quandt affida la realizzazione di due paesaggi a due differenti artisti: commissiona a Johann Martin von Rohden (Kassel 1778-Roma 1868) l’incarico di dipingere gli assolati paesaggi del Sud, a Friedrich il freddo Nord. Nel 1821 quest’ultimo è ancora in attesa dell’ispirazione che viene «di tanto in tanto in un sogno». Nel frattempo però realizza numerosi studi dei banchi di ghiaccio che si formano sul fiume Elba, nei pressi di Dresda. Una volta ingrandite, queste stesse lastre ghiacciate saranno l’elemento più spettacolare del Naufragio della Speranza, un dipinto esposto nel 1822 a Dresda, oggi perduto, e di cui è nota solo la versione presentata due anni più tardi all’Accademia di Praga. Entrambi i dipinti restano invenduti poiché da quel momento la pittura di Friedrich comincia a non essere più apprezzata.
L’attitudine malinconico-meditativa ha ormai meno presa in Germania rispetto all’inizio del secolo e persino Goethe, che fu uno dei primi sostenitori dell’artista, nel 1820 scrive: «Friedrich sprofonda ogni anno di più nelle spesse nebbie del misticismo, niente è per lui abbastanza nebbioso e bizzarro, almanacca e combatte affinché il sentimento sia teso all’estremo. Le sue immagini hanno in parte già smesso di essere opere d’arte».
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La descrizione e lo stile
Il pubblico del tempo riconosce immediatamente nel dipinto il rimando al naufragio della nave HMS Griper
– ipotesi confermata dall’iscrizione sul relitto – che l’ammiraglio inglese William Edward Parry
aveva guidato alla scoperta del Polo Nord, tra il 1819 e il 1820.
Il dipinto mostra effettivamente un mare di ghiaccio nel quale, solo in un secondo momento, si scorge
il relitto di una nave incagliata fra i lastroni: se ne riconosce la poppa, l’albero inclinato nella
stessa direzione delle lastre di ghiaccio e un brandello di vela. I ghiacci sono resi con grande
virtuosismo pittorico, frutto dello studio dal vero. Il dipinto è costruito secondo un preciso ed
estenuante incrocio di diagonali che si sovrappongono sino a formare una piramide,
allo stesso modo di un altro celebre naufragio, quello della Medusa di Gèricault. A differenza
del pittore francese, Friedrich non è interessato alla narrazione del fatto drammatico; non vi sono
personaggi che lottano per la sopravvivenza: qui, ormai, la morte incombe su tutto.
Il tema della navigazione è ricorrente nella poetica romantica perché rappresenta l’ossessiva peregrinazione dell’uomo verso
l’ignoto, consapevole di correre un terribile pericolo ma al tempo stesso inevitabilmente attratto
dalla sfida con la natura. Il naufragio dunque diviene la metafora stessa della fragilità umana che si trova in balia degli elementi. Friedrich immagina i giorni successivi alla tragedia sulla
quale è calato un silenzio di ghiaccio. L’evidente somiglianza dei banchi di ghiaccio a pietre tombali trasforma il mare in una sorta d’immenso cimitero per i naufraghi scomparsi. Tutto è sospeso, come
sospeso è il succedersi delle stagioni al Polo Nord; il paesaggio, immutato e immutabile, rende tangibile
il concetto di eternità e di Dio stesso. E la nave, imprigionata tra quei ghiacci, al pari della
vita, non può sfuggire all’eternità della morte e al mistero divino. Friedrich lancia un monito:
ogni tentativo umano di penetrare il mistero del divino è destinato a fallire.
Il Naufragio della Speranza si è prestato anche a una lettura in chiave politica, quale
simbolo della caduta degli ideali e delle illusioni della Restaurazione tedesca.
dossier i confronti
Il dipinto di Friedrich, che non poteva essere compreso a pieno negli anni Venti dell’Ottocento, oltre a divenire una delle icone del Romanticismo, segnerà l’elaborazione del linguaggio surrealista di Max Ernst: un dipinto come Totem e tabù, al di là dell’evidente ripresa di forme geometriche quadrangolari, ha un impianto compositivo netto e il paesaggio è avvolto da un silenzio immobile.
Dossier Arte - volume 3
Dal Neoclassicismo ai giorni nostri