Nazareni e puristi

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Nazareni e puristi

I nazareni

I nazareni furono il primo gruppo di artisti che si opposero al Neoclassicismo. Sotto la guida del tedesco Friedrich Overbeck (Lubecca 1789-Roma 1869) presero dimora negli spazi dell’ex-convento di Sant’Isidoro a Roma dove, a partire dal 1810, diedero vita a un sodalizio basato sulla condivisione di principi stilistici e di una salda fede cristiana. L’appellativo deriva proprio dall’ accentuata sensibilità religiosa e dalla scelta di portare lunghi capelli biondi come il Nazareno, cioè Cristo.
La pittura nazarena affronta soggetti desunti dai testi sacri, ponendosi anche come un tramite di propaganda religiosa. L’intento didascalico presuppone un tipo di pittura d’immediata comprensione, costruita su un impianto classico, con un disegno che definisca chiaramente i contorni: sulla base di queste esigenze i nazareni guardano dunque alla pittura italiana del Quattrocento come al modello per eccellenza. Peter von Cornelius (Düsseldorf 1783-Berlino 1867), Philipp Veit (Berlino 1793-Magonza 1877), Wilhelm von Schadow (Berlino 1789- Düsseldorf 1862), Joseph von Führich (Chrastava 1800-Vienna 1876) costruiscono con Overbeck un tipo di sodalizio che andava oltre la sfera estetica della propria pittura e includeva scelte esistenziali. Essi proposero un modello di vita comunitaria ed eseguirono in gruppo alcuni dipinti, rifacendosi idealmente all’organizzazione del lavoro nelle botteghe quattrocentesche. La pittura nazarena è colta, letteraria, distante dalla ricerca di un rapporto con la realtà ma volta alla citazione costante dei grandi modelli del passato da identificarsi con Beato Angelico, Pietro Perugino, Pinturicchio, Raffaello e Albrecht Dürer. La ripresa di formule quattrocentesche implicava la rappresentazione di valori morali. La ricerca nazarena è dunque equidistante dal Bello ideale del Neoclassicismo quanto dalla “volgare” imitazione della natura.

Italia e Germania

Un anno dopo la fondazione della comunità nazarena, Overbeck comincia un dipinto con l’intenzione di farne dono all’amico Franz Pforr (1788-1812) ma, a seguito della morte dell’artista, lo abbandona per terminarlo solo nel 1828.
La tela (27) rappresenta la personificazione delle due patrie del pittoreItalia e Germania –, quella d’elezione e quella d’origine. L’Italia è connotata da una corona d’alloro e la Germania dal mirto; sono due giovani fanciulle, intente a scambiarsi gesti d’amicizia, a testimonianza del sentimento di sorellanza che legava i due Paesi. Le donne vestono abiti che rimandano al Quattrocento fiorentino; la scelta cromatica così vivace omaggia la produzione del primo Raffaello. Il paesaggio sullo sfondo – anch’esso di impronta quattrocentesca – è altrettanto allusivo ai due Paesi, diviso tra uno scorcio di campagna italiana sulla sinistra e un villaggio tipicamente tedesco sulla destra. Alla luce della storia che sottende la tela, il tenero intreccio di gesti può essere letto anche come la metafora dell’amicizia tra Overbeck e Pforr.

Dossier Arte - volume 3 
Dossier Arte - volume 3 
Dal Neoclassicismo ai giorni nostri