La scultura romantica in Francia e in Italia

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La scultura romantica in Francia e in Italia

La scultura romantica ha uno sviluppo più lento rispetto alla pittura o alla letteratura; nei primi decenni dell’Ottocento il suo linguaggio è ancora segnato da un evidente classicismo. La natura stessa della scultura, saldamente legata alla materia, ne fa l’espressione artistica forse meno adatta a esprimere concetti di “intangibile” e “infinito”. Attorno agli anni Trenta essa si apre a soggetti estremi – animali selvatici, battaglie, ritratti esotici o figure storiche – che le consentono dunque di dare forma a reazioni incontrollate. Alla “nobile semplicità e quieta grandezza” presupposta da Winckelmann a cui mirava Canova, lo scultore romantico preferisce l’azione e la passione, un intento che si traduce inevitabilmente in una perdita di compostezza, cedendo il passo a un maggiore realismo e a un’inevitabile volgarizzazione dell’opera.

Antoine-Louis Barye e la svolta antiaccademica in Francia

I primi segni di ribellione alla regola accademica e ai precetti dell’Antico si avvertono al Salon parigino del 1831, dove lo scultore francese Antoine-Louis Barye (Parigi 1796-1875) presenta Giaguaro che divora un coccodrillo, nato dalla scrupolosa osservazione delle fiere nel momento della lotta selvaggia. Tale soggetto è uno dei preferiti da Barye, tanto da essere noto come uno dei migliori scultori specializzati nella raffigurazione di animali, capace di una vivace resa del vero, una dote e una passione che, a partire dall’ottobre 1854, gli varranno l’incarico di professore di disegno di zoologia al Museo di Storia Naturale di Parigi.

Leone che schiaccia un serpente

Anche la scultura romantica, apparentemente più disincantata, è passibile di una lettura politica: il Leone che schiaccia un serpente (22), presentato al Salon del 1833, diviene il simbolo del potere della Monarchia di Luglio, proclamata tre anni prima da Luigi Filippo d’Orléans. Il Leone di Barye viene acquistato dallo Stato francese per essere fuso e collocato nei Giardini delle Tuileries a Parigi, un gesto che trasforma la scultura animalista da mera decorazione da salotto a monumento pubblico.

Carlo VI spaventato nella foresta di Le Mans

Allo stesso Salon Barye presenta anche Carlo VI spaventato nella foresta di Le Mans (23) che riprende la nota leggenda medievale secondo cui, nell’agosto del 1392, il monarca venne aggredito da un vecchio mendicante che si aggrappò alle briglie del cavallo urlando e imprecando. Carlo VI, ritratto in armatura, alza le braccia perdendo il controllo del destriero: è una metafora di quanto sarebbe accaduto poco dopo, quando il re, uscito dal bosco, in preda a un attacco di follia, avrebbe ucciso quattro dei suoi uomini. Il soggetto storico diviene il pretesto per dare forma alla follia, un aspetto dell’essere umano che affascina la cultura romantica.

François Rude e il rifiuto del modello antico

Al Salon del 1833, un altro scultore francese, François Rude (Digione 1784-Parigi 1855) si distacca dalla regola neoclassica proponendo Giovane pescatore napoletano che gioca con una tartaruga (24), un soggetto di genere, restituito con grande vivacità e senza alcun rimando a un modello antico.

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La Marsigliese

In questo stesso anno Rude dà inizio alla Marsigliese (25), il grande altorilievo scultoreo destinato alla colonna orientale dell’Arco di Trionfo. Il monumento, voluto da Napoleone nel 1806 per celebrare le armate imperiali, viene portato a termine solamente nel 1836 con l’installazione del gruppo che mostra la partenza dei volontari del 1792. L’episodio segna l’inizio della campagna di conquista napoleonica e lo fa con un’enfasi emotiva sconosciuta alla scultura neoclassica.
La scena si differenzia in due piani orizzontali: quello terreno in cui i militari si preparano a partire, e quello superiore completamente dominato dalla figura di Bellona, la dea della guerra, che li incita alla battaglia. I soldati indossano armature su modello di quelle romane, quando non sono addirittura nudi: anche se la rappresentazione formale ricorda formule stilistiche neoclassiche, la concitazione della scena è tale da stravolgere qualsiasi rimando al classico. I gesti sono così teatralizzati da lasciar scaturire un’energia incontenibile; non a caso la scultura di Rude è stata paragonata alla musica di Ludwig van Beethoven.

Un esempio della scultura romantica in Italia: Vincenzo Vela

In Italia la scultura romantica ha un andamento del tutto autonomo: gli artisti che dissentono dal Classicismo scelgono la via del Purismo come Lorenzo Bartolini o di un timido verismo come Giovanni Dupré. Tuttavia una declinazione romantica, maggiormente in linea con gli esiti francesi, in Italia prende piede solo attorno agli anni Cinquanta. A seguito dei moti risorgimentali si sviluppa una scultura a carattere patriottico, sia per il soggetto sia per l’adesione degli artisti alla causa unitaria.

Spartaco

Nel 1850 lo scultore Vincenzo Vela (Ligornetto, Canton Ticino 1820-1891), fervente patriota, espone a Milano il suo grandioso Spartaco (26), suscitando lo scalpore della critica per la “brutalità” della posa. Vela modella un uomo, seminudo, mentre ha appena spezzato le catene di cui porta il segno alla caviglia e incede con passo deciso. L’espressione del volto, la mano destra chiusa a pugno e la sinistra che brandisce un pugnale sono elementi che concorrono a creare tensione emotiva: Spartaco simboleggia un’ira incontenibile. Il personaggio è tratto dalla storia romana del I secolo a.C.: il gladiatore Spartaco che, alla guida di un manipolo di schiavi, sfidò il potere di Roma. Naturalmente, a due anni di distanza dai tragici fatti del 1848, la scultura venne interpretata come una presa di posizione contro l’occupazione straniera in Italia.

Dossier Arte - volume 3 
Dossier Arte - volume 3 
Dal Neoclassicismo ai giorni nostri