Ritratto di Alessandro Manzoni
In un celeberrimo ritratto dell’autore dei Promessi sposi (20) Hayez dimostra di aver ben assimilato la lezione di Jacques-Louis David e di Jean-Auguste-Dominique
Ingres: Manzoni è immortalato seduto, su uno sfondo pressoché monocromo, come era d’abitudine per
David, mentre un raggio di luce illumina appena il bracciolo della poltrona come accadeva per il
Ritratto di Monsieur Bertin (► p. 38). La posa colloquiale dello scrittore,
con le gambe accavallate, la mano appoggiata sulla scatola del tabacco da fiuto, gli occhi segnati
e i capelli appena spettinati, rivela una consuetudine tra i due che effettivamente esisteva, dal
momento che condividevano gli stessi ambienti della Milano liberale. È un ritratto posato,
misurato ma che, al contempo, lascia emergere la forza interiore e la rettitudine morale dello scrittore.
Rispetto all’ampia gamma cromatica dei dipinti di storia, i ritratti si giocano su pochi toni – gli
ocra, i grigi, il nero – ravvivati in questo caso dal forte contrasto tra il bianco abbacinante della
camicia e il nero dei velluti. Una scelta che accentua il senso d’intimità del dipinto.