Francesco Hayez

   2.  L’ETÀ ROMANTICA >> Il Romanticismo

Francesco Hayez

Francesco Hayez (Venezia 1791-Milano 1882) è stato un artista estremamente longevo e prolifico: la sua pittura evolve da un tardo Neoclassicismo verso un pieno Romanticismo, in particolare di matrice storico-patriottica. Hayez ha una prima formazione all’Accademia di Belle Arti dove, nell’aprile del 1805, si distingue con un premio per il disegno dal nudo. Nell’ottobre del 1809 si trasferisce a Roma dove può contare sulla presenza di un altro veneziano, Antonio Canova, che lo accoglie nel proprio studio e soprattutto lo introduce negli ambienti colti e aristocratici della città. La sua produzione è ancora improntata a un linguaggio neoclassico che egli interpreta già in maniera più libera dei suoi predecessori, lasciando intuire gli esiti romantici della maturità.

Rinaldo e Armida

Rappresentativo di questo periodo è l’ambivalente dipinto Rinaldo e Armida (16), che Hayez invia a Venezia a prova del buon esito del suo Pensionato romano. Il tema è ripreso dalla Gerusalemme liberata di Torquato Tasso; la composizione è classica, il disegno pulito, il pathos controllato ma la sensualità della figura di Armida e l’eccessivo spazio concesso al paesaggio circostante lasciano intuire una sensibilità preromantica.
Gli anni romani, segnati da una vita sentimentale rocambolesca, corrispondono anche alla scoperta, da parte di Hayez, delle Stanze Vaticane, in particolare del colorismo di Raffaello, e alla frequentazione degli artisti ospiti a Villa Medici – Ingres in particolare – nonché dei puristi che influenzarono l’evoluzione della sua pittura in senso romantico. Nel giugno del 1817 rientra a Venezia su invito del conte Leopoldo Cicognara, storico dell’arte e bibliografo, che lo coinvolge nell’ Omaggio delle Provincie Venete, una complessa impresa decorativa in onore dell’imperatrice Carolina Augusta di Baviera, neosposa dell’imperatore Francesco I.

Milano e i circoli patriottici

La carriera di Hayez si svolge però interamente a Milano, dove si trasferisce nel 1822, quando è già in contatto con gli ambienti dell’alta borghesia liberale, della nobiltà e dei circoli patriottici per i quali diventa l’artista di riferimento.

Pietro Rossi prigioniero degli Scaligeri

Due anni prima, nel 1820, Hayez aveva esposto l’opera Pietro Rossi prigioniero degli Scaligeri (17) alla mostra annuale di Brera. Il dipinto, realizzato a Venezia nel 1818, nella città lagunare non aveva suscitato entusiasmi; al contrario, la critica meneghina lo accoglie come il manifesto della nuova pittura romantica.
La modernità del dipinto inizia fin dalla scelta del tema, ispirato non più alla storia antica, ma a una vicenda trecentesca legata alla lotta tra Venezia e Verona: Pietro Rossi è il condottiero al quale il doge Dandolo affida il comando della resistenza veneziana contro gli Scaligeri . Nell’impianto compositivo della scena Hayez tiene conto dei grandi teleri di Giovanni e Gentile Bellini e di Vittore Carpaccio, ma tratta la luce con intensi effetti chiaroscurali che accentuano la drammaticità della storia. La donna in lacrime, sulla destra del dipinto, simula la posa dell’Italia piangente sulla tomba di Vittorio Alfieri (18), poeta dai profondi contenuti patriottici, realizzata da Canova nel 1810 e collocata nella Basilica di Santa Croce a Firenze. La scelta di citare un dettaglio di così alto valore simbolico accentua il tono sottilmente patriottico del dipinto, esposto in due città – Venezia e Milano – ancora soggette alla dominazione austriaca. I dipinti di Hayez anticipano l’imminente successo del romanzo storico: è del 1827 infatti la prima edizione dei Promessi sposi di Alessandro Manzoni, seguito da La disfida di Barletta e Niccolò de’ Lapi (1833 e 1841) di Massimo d’Azeglio.

La congiura dei Lampugnani

In linea con una pittura storico-patriottica, nel 1829 Hayez licenzia La congiura dei Lampugnani (19), in riferimento a un episodio della storia della Milano quattrocentesca: il momento in cui, il 26 dicembre 1476, tre giovani milanesi – Giovanni Andrea Lampugnani, Girolamo Olgiati e Carlo Visconti – si preparano ad assassinare Galeazzo Maria Sforza nella Chiesa di Santo Stefano per porre così fine alla sua tirannide. Il dipinto è stato realizzato seguendo nella composizione uno schema piramidale: i tre giovani sono posti diagonalmente sul piedistallo della statua di sant’Ambrogio, di cui Hayez mostra solo la parte inferiore; alla base opposta della piramide l’umanista Cola Montano, l’anziano educatore e ispiratore dei congiurati, prega il santo affinché protegga l’impresa. Nella costante ricerca della verosimiglianza storica, l’artista recupera l’aspetto romanicogotico della chiesa che nell’Ottocento aveva al suo interno una decorazione barocca. Hayez cerca di ricostruire nei propri dipinti un’ambientazione “in stile”, al pari di quanto stava avvenendo in Italia in alcuni restauri architettonici, impostati sul recupero delle forme originarie. Il soggetto, apparentemente distante nel tempo, nasconde invece un carattere fortemente patriottico che però sfugge alla censura austriaca: i tre giovani, pronti al sacrificio per assassinare il tiranno che affliggeva Milano, sono la metafora dei giovani carbonari votati alla liberazione del Paese dallo straniero.

Dossier Arte - volume 3 
Dossier Arte - volume 3 
Dal Neoclassicismo ai giorni nostri