La pittura di storia in Italia

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La pittura di storia in Italia

Con l’espressione “pittura di storia” ci si riferisce al soggetto del dipinto, desunto da eventi storici – veri o letterari –, ricostruito attraverso un impianto compositivo saldo e un disegno rigoroso: non a caso per decenni è stata ritenuta il genere più completo, e dunque il più alto in grado, nel percorso di studio dell’Accademia.
La pittura di storia, praticata anche nei secoli precedenti, conosce nell’Ottocento un radicale sviluppo legato anche all’ascesa di Napoleone e al consolidarsi del sistema accademico. Gli artisti romantici rappresentano fatti accaduti in un tempo lontano, talvolta confusi nella fantasia, messi in scena in un contesto verosimile, cercando cioè di ricostruire al meglio le ambientazioni in costume. Il soggetto risponde spesso a un modello d’integrità etica e morale e, in epoca di dominazioni straniere, diviene una celata richiesta di libertà. Lo sviluppo della pittura di storia in Italia si assesta tra il 1785 e il 1870; in seguito all’Unità d’Italia i temi trattati si uniformeranno per lo più alla celebrazione dell’epopea risorgimentale.

Enrico Gamba

In un clima di accorato patriottismo preunitario, alcuni artisti evidenziano l’appartenenza alla nazione attraverso il recupero delle proprie radici storiche rivendicando il primato artistico del Rinascimento. Quando Enrico Gamba (Torino 1818-1887), dopo tre anni di lavoro, presenta alla mostra della Società Promotrice delle Belle Arti di Torino del 1856 i Funerali di Tiziano (13) intende anche porsi in linea di continuità con la grande tradizione della pittura italiana.

Funerali di Tiziano

L’episodio a cui l’artista si ispira è tratto dalle Vite degli illustri pittori veneti di Carlo Ridolfi, pubblicate tra il 1646 e il 1648, e narra dei sontuosi funerali che la Repubblica di Venezia avrebbe allestito in onore del pittore cinquecentesco. Gamba, affascinato dal testo letterario, ricrea un evento impossibile in una Serenissima funestata dalla peste; con buona probabilità infatti, la salma di Tiziano finì in una fossa comune. Il soggetto diviene il pretesto per celebrare uno dei grandi geni del passato, una ragione d’orgoglio per la nazione che si stava formando. I Funerali di Tiziano è un dipinto complesso, ricco di figure che si tengono in equilibrio sull’acqua in un’architettura di fantasia, ma ricostruita con grande puntualità, tanto che il dipinto valse a Gamba la cattedra di disegno all’Accademia Albertina di Torino. Il fulcro del dipinto è dominato dal catafalco galleggiante che trasporta la salma dell’artista, ma il primo piano è tenuto da un gruppi di personaggi: alcuni si disperano per la scomparsa di Tiziano, altri seguono la cerimonia di spalle e altri ancora, riversi a terra, sono vittime della peste. Proprio quest’ultimo dettaglio, reso con vivace crudezza, lascia intuire come Gamba conoscesse la Zattera della Medusa (► pp. 54-55) di Théodore Géricault.

Stefano Ussi

Come Gamba, anche Stefano Ussi (Firenze 1822-1901) basa su una fonte letteraria La cacciata del Duca di Atene (14), presentata alla I Esposizione Nazionale di Firenze del 1861.

La cacciata del Duca di Atene

Il soggetto è tratto da un episodio delle Istorie fiorentine di Niccolò Machiavelli, ripreso successivamente dal romanzo storico Il duca di Atene di Niccolò Tommaseo (1837): vi si racconta di come, nel 1343, il tiranno Gualtieri di Brienne, duca di Atene, venne cacciato dai fiorentini per l’eccessiva crudeltà. Ussi inizia il dipinto nel 1854 a Roma, dove si trovava avendo vinto il Pensionato artistico (una sorta di borsa di studio dell’epoca) e lo termina a Firenze sei anni più tardi: un arco di tempo che l’artista dedica alla ricerca della corretta costruzione plastica delle figure, impegno testimoniato anche dai circa sessanta disegni preparatori conservati nel Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi. Ussi pone al centro della scena il despota sanguinario e l’altrettanto temibile Cerrettieri Visdomini, ormai circondati dai congiurati tra i quali si riconosce, in primo piano, l’arcivescovo Acciaioli.
Una volta esposto, il dipinto viene acquistato per la Galleria d’Arte Moderna di Firenze e nel 1867 è scelto per essere inviato a Parigi all’Esposizione Universale, dove poi viene premiato con la medaglia d’argento. L’opera divenne quindi emblematica ed esemplare per quanto riguardava i parametri richiesti per questo genere pittorico, vale a dire la pittura di storia di stampo romantico: una teatralità calibrata, un chiaro impianto compositivo e un’ attenta ricostruzione dell’epoca storica.

Amos Cassioli

Allievo di Luigi Mussini all’Accademia di Siena, Amos Cassioli (Asciano 1832-Firenze 1891) è un altro esponente di spicco della pittura di storia in Italia. Grazie a una borsa di studio del granduca Leopoldo, trascorre cinque anni a Roma (1856-1860) dove può confrontarsi con gli artisti francesi ospiti di Villa Medici.

Giuramento di Pontida

Cassioli è l’autore del Giuramento di Pontida (15), ovvero la cerimonia d’alleanza tra i Comuni lombardi contro il Sacro Romano Impero e Federico Barbarossa, un evento accaduto il 7 aprile 1167, la cui veridicità peraltro non è mai stata provata. I personaggi, disposti con grande equilibrio, sono la quinta perfetta su cui collocare le figure dai gesti estremamente eloquenti. Mentre i cavalieri si stringono la mano, uno di loro è ritratto di spalle nel momento del giuramento: proprio questo è il centro visivo del dipinto e opportunamente Cassioli lo veste di rosso, creando il punto focale della tela. L’artista immagina che l’interno della Chiesa di San Giacomo a Pontida, fondata nell’XI secolo, sia estremamente sobrio, con l’unico elemento decorativo del mosaico dell’abside alle spalle del giuramento. La doratura dell’abside riscalda i toni della luce, ponderatamente calibrata per illuminare i vari attori del giuramento.

Dossier Arte - volume 3 
Dossier Arte - volume 3 
Dal Neoclassicismo ai giorni nostri