Saturno che divora i suoi figli
I dipinti sui tragici avvenimenti del maggio del 1808 vengono realizzati però nel 1814, quando ormai la monarchia borbonica è stata restaurata con Ferdinando VII, che si dimostrerà un sovrano dispotico e ben poco illuminato, dunque motivo di delusione e sconforto per l’artista. L’oscurantismo stava sopravanzando la ragione: in preda a pessimistiche riflessioni sulla situazione spagnola e sulla natura umana, tra il 1819 e il 1823 Goya decora le pareti di una casa nei pressi di Madrid, la Quinta del
sordo (Casa del sordo) con scene violente e allucinate, che la critica definirà le "pitture nere”, sia per i toni generalmente cupi che dominano le atmosfere sia per la scelta dei soggetti stessi.
Una delle scene più terribili dipinte su una parete della Quinta del
sordo riprende il mito di Saturno, colto nell’atto di divorare i propri figli (3): un soggetto atroce che incarna una brutalità cieca. Il dio del tempo è ormai pressoché un mostro deforme, di cui a stento si riconoscono le membra del corpo: ha capelli lunghi e incolti che si confondono con l’incarnato e stringe violentemente il corpo ormai senza testa di uno dei figli. Esso è in realtà una grande metafora
della situazione politica spagnola, in cui il monarca, temendo l’usurpazione, ricorre a metodi repressivi. Quando Ferdinando VII ordina la soppressione della costituzione, Goya decide di abbandonare la Spagna; trascorrerà i suoi ultimi anni tra Bordeaux e Parigi, rinnovando ulteriormente il proprio linguaggio pittorico e accostandosi quasi naturalmente ai giovani esponenti del Romanticismo francese.