Joan Miró
Nel 1917 il catalano Joan Miró (Barcellona 1893-Palma di Maiorca 1983) conosce a Barcellona Francis Picabia; a seguito di questo incontro, decide di trasferirsi a Parigi. Durante il primo soggiorno nella capitale francese, risalente al 1920, Miró frequenta le mostre dadaiste, fa visita all’atelier di Picasso, conosce Tzara e parallelamente studia l’arte antica frequentando il Museo del Louvre. Un momento di grande fermento creativo per la sua ricerca, accompagnato da un riscontro importante da parte del pubblico e della critica, coincide con il 1925, quando si unisce ai surrealisti ed espone alla prima mostra surrealista tenutasi alla Galerie Pierre, dove in quello stesso anno tiene anche un’esposizione personale di successo.
Miró declina un linguaggio in bilico tra figurazione e astrazione, per mezzo del quale dà vita a un mondo fantastico e incantato, pervaso da un intenso vitalismo. «Il quadro deve essere fecondo – osserva l’artista – deve far nascere un mondo. Deve essere come le scintille, deve sfavillare come quelle pietre che i pastori dei Pirenei usano per accendere la pipa».
Se artisti come Ernst, Dalí e Magritte si muovono in un ambito linguistico figurativo, Miró indaga la dimensione fantastica del sogno attraverso una ricerca più astratta, che esalta ed esplora
elementi come la linea, il colore e le forme. La sua poetica è pertanto caratterizzata da questa continua oscillazione tra figurazione
e astrazione, che può essere paragonata, seppure con le dovute differenze e su un piano di ricerca linguistica diversa, a quella di Paul Klee.