Jacques-Louis David

   1.  L’ETÀ NEOCLASSICA >> Il Neoclassicismo

Jacques-Louis David

Jacques-Louis David (Parigi 1748-Bruxelles 1825) ha una prima formazione all’Accademia di Belle Arti a Parigi, che nel 1775 gli assegna il Prix de Rome. Il premio era un passaggio importante nella formazione di un artista perché permetteva al vincitore di trascorrere un tempo più o meno lungo a Roma. David parte dunque alla graduale scoperta dell’Italia, scendendo attraverso le Alpi, passando per il Veneto, poi Parma, dove scopre Correggio, Bologna, dove resta incantato dal classicismo del Seicento, quindi Firenze, capitale del Rinascimento, e infine Roma, dove si trattiene sino al 1780.
Gli anni romani rappresentano per l’artista un momento di crescita e di elaborazione di un proprio linguaggio artistico, improntato sul diretto contatto con l’Antico mescolato alla lezione del vero di Caravaggio. Nel 1779, in occasione di un soggiorno a Napoli, passando come di consuetudine per Ercolano e Pompei, egli dichiara di osservare l’Antico con occhi nuovi, testualmente, come se fosse stato «operato di cataratta». Ristabilitosi a Parigi, David è tra i sostenitori della Rivoluzione francese e appoggia apertamente Robespierre, una posizione che paga con il carcere dall’agosto al novembre del 1794. Affascinato in seguito dall’ascesa di Napoleone, il 18 dicembre 1804 diviene il pittore di corte dell’imperatore e quindi, dopo la sua caduta, David è costretto all’esilio in Belgio. A Bruxelles, ormai politicamente disilluso, torna a una pittura di soggetto mitologico, distante dai fatti della vita e persino ironicamente stucchevole.
Tra il 1784 e il 1785 David ha l’occasione di trascorrere ancora qualche tempo a Roma, di rivedere le Stanze Vaticane e fare propria quella che per lui era la più grande qualità della pittura raffaellesca: oltre alla chiarezza disegnativa, l’Urbinate era capace di isolare le singole figure di un quadro e assegnare loro una dignità propria e un ruolo specifico all’interno della scena.

Giuramento degli Orazi

Durante il suo secondo soggiorno romano David realizza il Giuramento degli Orazi, una grande tela firmata e datata al 1784, opera voluta dal re di Francia e che nel 1785 viene presentata al Salon, l’annuale esposizione che si teneva nelle sale del Louvre a Parigi (26).
In questo grande quadro è raffigurato un episodio, narrato da Tito Livio, legato alla guerra tra Roma e Albalonga; per risolvere in modo definitivo il conflitto, le due città fecero combattere in duello tre valorosi soldati per ogni parte: i fratelli Orazi, romani, contro i Curiazi, albani. Con un atteggiamento teatrale, i giovani Orazi stendono il palmo destro giurando sulle spade che il padre sta consegnando loro. David ambienta la scena nell’atrio di una casa romana, nella quale la luce mette in evidenza gli elementi di maggior significato del dipinto: le braccia degli Orazi, le spade incrociate e infine il gruppo delle donne alle quali è affidato l’aspetto emotivo del dipinto

La madre degli Orazi è in ombra e copre i due figli più piccoli con un manto scuro, presagio di lutto; la sorella, Camilla, siede rivolgendosi sconsolata alla cognata Sabina, moglie del maggiore dei fratelli. In linea con l’ideale neoclassico, David non mette in scena il combattimento, con inevitabili immagini cruente, ma gli preferisce il momento solenne del giuramento, lasciando presagire l’imminente tragedia.

L’influenza della Rivoluzione francese

Il 13 luglio 1793 l’erudito illuminista e rivoluzionario Jean-Paul Marat, fervente giacobino (i giacobini erano i repubblicani più intransigenti) e direttore del giornale “L’Ami du peuple” (L’amico del popolo), viene trovato ucciso, pugnalato nella sua vasca da bagno, dove era solito trascorrere lungo tempo per lenire una dolorosa dermatite. La Convenzione giacobina chiede a David di realizzare un dipinto che renda onore al martire rivoluzionario.

Marat assassinato

Pur trattandosi di un fatto di cronaca, anche in questo caso David evita di mostrare il momento dell’assassinio, evocato solo dalla presenza a terra del coltello ancora insanguinato, e soprattutto di soffermarsi sulla descrizione dei numerosi dettagli forniti dalla stampa d’epoca. Eludere il momento della lotta equivale a condannare l’assassino all’oblio. L’artista ritrae Marat esanime ma senza alcuna espressione di sofferenza: la parete spoglia diviene lo sfondo perfetto su cui collocare il mezzobusto inerme del rivoluzionario (27). Gli arredi, volutamente sobri – la vasca da bagno, il ripiano in legno ricoperto da un telo verde, il lenzuolo rattoppato – rimandano a un ambiente monastico che testimonia la virtuosa povertà di Marat, repubblicano incorruttibile, ucciso a tradimento dalla nobile girondina Marie-Anne-Charlotte de Corday d’Armont, che si era fatta ricevere con l’inganno.
Un’informazione, quest’ultima, che David inserisce nel dipinto lasciando leggibile la supplica del biglietto che Marat tiene ancora nelle mani. Il braccio, abbandonato lungo la sponda della vasca, risponde a un codice linguistico antico: è la posa per eccellenza di un corpo abbandonato dalla vita. Un gesto che si trova già nei sarcofagi antichi e che David ebbe modo di ammirare anche nelle Deposizioni di Raffaello (28), Caravaggio (29) e nella Pietà di Michelangelo in San Pietro.

Dossier Arte - volume 3 
Dossier Arte - volume 3 
Dal Neoclassicismo ai giorni nostri