Dossier Arte - volume 3 

   1.  L’ETÀ NEOCLASSICA >> Il Neoclassicismo

Le committenze straniere

Nell’agosto del 1798, quando la carriera di Canova ha al suo attivo anche grandi monumenti funerari, il duca Albert von Sachsen Teschen chiede allo scultore di realizzare un monumento funebre per onorare la memoria della consorte, l’arciduchessa Maria Cristina, scomparsa pochi mesi prima.

Monumento funebre a Maria Cristina d’Asburgo

Nell’impostazione dell’opera Canova recupera il progetto, mai realizzato, di una tomba per Tiziano a forma di piramide che è in assoluto la più antica tipologia di arte funeraria, simbolo essa stessa di eternità (21).
L’artista addossa la struttura piramidale alla parete della chiesa, la sopraeleva di tre gradini, spazio necessario per mettere in scena un vero corteo funebre diretto verso la porta d’accesso al sepolcro. La scelta delle figure allegoriche segue precise direttive del committente, attento alla simbologia evocata dalle statue, che rimandavano alle virtù della defunta e ai valori della Fede.
Al culmine della piramide, la Felicità sta apponendo un medaglione che ritrae il profilo dell’augusta defunta: il cammeo è incorniciato da un serpente che si morde la coda, emblema dell’eternità. La figura della Virtù, avvolta in un’ampia e morbida veste, apre la fila: il capo è reclinato e nelle mani tiene un’urna. Le due ancelle ai fianchi reggono l’estremità di una ghirlanda che dall’urna scende sino ai gradini. Chiudono il corteo la figura della Beneficenza (talvolta letta anche come Pietà) che sostiene la fragile figura di vecchio. Dalla porta, che va letta come la soglia dell’eternità, scende un tappeto che, con grande virtuosismo, Canova colloca sopra i gradini creando un collegamento visivo tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Sulla destra lo scultore pone un genio alato, che si appoggia al grande leone accovacciato; entrambi osservano silenziosi il corteo.
Il monumento è svelato nell’ottobre del 1805, nella Augustinerkirche (Chiesa degli Agostiniani) a Vienna, alla presenza dello scultore stesso che ha saputo dare prova di una grande capacità narrativa: ha raccontato la storia di un passaggio dalla vita terrena alla vita eterna secondo modalità facilmente comprensibili. Lo scultore stesso in una lettera, in riferimento al monumento viennese, scriveva: «Se questo mio intendimento è chiaro e si legge da tutti, sono contento». A dispetto di tutti i significati allegorici dunque, il fine ultimo di Canova è una riflessione universale sul concetto di monumento, il cui primo scopo è il mantenimento di una memoria consolatrice, come scriverà anche Ugo Foscolo nel carme Dei Sepolcri (1807).

Il successo al Salon di Parigi

Già dalla fine del XVII secolo a Parigi si organizzava periodicamente presso il Museo del Louvre un’esposizione di pittura e scultura (il famoso Salon), dove le opere erano accettate in base alle scelte insindacabili di una giuria.

Maddalena penitente

Anche Canova riuscì a esporre in questo luogo prestigioso nel 1808, portando la sua Maddalena penitente (22). La scultura fu accolta con entusiasmo ma anche con qualche critica. Fu comunque acquistata da Raffaele de Ferrari, politico e filantropo, per la sua casa parigina, e in seguito donata al museo genovese. Il soggetto, più patetico e sofferto dei precedenti d’ispirazione mitologica, mette alla prova il senso dell’equilibrio della scultura canoviana.
La Maddalena è seduta, abbandona le braccia stese lungo le cosce, tenendo in mano un crocefisso sul quale si posa lo sguardo in una consapevole riflessione. Il volto reclinato, le spalle lievemente curvate in avanti e le natiche appena scostate dai talloni lasciano emergere con chiarezza la sofferenza per il percorso di sincera e dolorosa penitenza che la Maddalena ha compiuto sui propri gesti. Nella resa dei capelli sciolti della figura Canova tocca un virtuosismo altissimo: scendono sulle spalle e sulla schiena, sottili, seguendo un andamento nervoso a ribadire il patimento della donna. All’accenno sensuale del marmo Canova risponde ponendo un teschio, anch’esso meravigliosamente modellato, all’angolo del gruppo; un memento mori che ribadisce il contrasto tra la sensualità di un corpo ancora attraente e il suo annientamento nella consapevolezza del peccato e nell’evocazione del perdono divino.

Dossier Arte - volume 3 
Dossier Arte - volume 3 
Dal Neoclassicismo ai giorni nostri