Monumento funebre a Maria Cristina d’Asburgo
Nell’impostazione dell’opera Canova recupera il progetto, mai realizzato, di una tomba per Tiziano a
forma di piramide che è in assoluto la più antica tipologia di arte funeraria, simbolo essa stessa di eternità
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L’artista addossa la struttura piramidale alla parete della chiesa, la sopraeleva di tre gradini, spazio necessario per mettere in scena un vero corteo funebre diretto verso la porta d’accesso al sepolcro. La scelta delle figure allegoriche segue precise direttive del committente, attento alla simbologia evocata dalle statue, che rimandavano alle virtù della defunta e ai valori della Fede.
Al culmine della piramide, la Felicità sta apponendo un medaglione che ritrae il profilo dell’augusta defunta: il cammeo è incorniciato da un serpente che si morde la coda, emblema dell’eternità. La figura della Virtù, avvolta in un’ampia e morbida veste, apre la fila: il capo è reclinato e nelle mani tiene un’urna. Le due ancelle ai fianchi reggono l’estremità di una ghirlanda che dall’urna scende sino ai gradini. Chiudono il corteo la figura della Beneficenza (talvolta letta anche come Pietà) che sostiene la fragile figura di vecchio. Dalla porta, che va letta come la soglia dell’eternità, scende un tappeto che, con grande virtuosismo, Canova colloca sopra i gradini creando un collegamento visivo tra
il mondo dei vivi e quello dei morti. Sulla destra lo scultore pone un genio alato, che si appoggia al grande leone accovacciato; entrambi osservano silenziosi il corteo.
Il monumento è svelato nell’ottobre del 1805, nella Augustinerkirche (Chiesa degli Agostiniani) a Vienna, alla presenza dello scultore stesso che ha saputo dare prova di una grande capacità narrativa: ha raccontato la storia di un passaggio dalla vita terrena alla vita eterna secondo modalità facilmente comprensibili. Lo scultore stesso in una lettera, in riferimento al monumento viennese, scriveva: «Se questo mio intendimento è chiaro e si legge da tutti, sono contento». A dispetto di tutti i significati allegorici dunque, il fine ultimo di Canova è una riflessione universale sul concetto di monumento, il cui primo scopo è il mantenimento di una memoria consolatrice, come scriverà anche Ugo Foscolo nel carme Dei Sepolcri (1807).