L’architettura neoclassica

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L’architettura neoclassica

L’architettura neoclassica è uno stile architettonico che si sviluppa in Europa, Stati Uniti, Russia e America Latina, improntato al recupero di elementi basilari: colonna, frontone e pianta regolare, accorpati nel rispetto delle proporzioni e della pulizia formale a discapito degli elementi decorativi che sono ridotti al minimo. 

Gli anni di sviluppo dell’architettura neoclassica coincidono in linea di massima con quelli della Rivoluzione industriale (1780-1830): questo comporta una diretta ricaduta sulle modalità costruttive. L’edificio neoclassico non è più una macchina per stupire, come era stato nel Barocco e nel Rococò, ma è un modello di rigore formale, specchio di una società guidata da saldi principi etici e morali. La monumentalità è data dai volumi imponenti e dalla ripetitività di moduli classici: dal repertorio dell’architettura antica, in particolare quella ionica, vengono recuperati elementi come l’arco, il frontone e la colonna. Questo lessico classico si combina con elementi di grande funzionalità che contribuiscono a uno sviluppo geograficamente molto ampio di questo stile architettonico.

Étienne-Louis Boullée e l’utopia architettonica

Étienne-Louis Boullée (Parigi 1728-1799) è stato l’architetto francese che si è maggiormente distaccato dalla tradizione Rococò. Non a caso il suo Cenotafio di Newton è divenuto l’emblema stesso dell’architettura di stampo illuminista.

Cenotafio di Newton

Si tratta di un progetto (4) che Boullée realizza nel 1784 in memoria dello scienziato che più di ogni altro, a suo avviso, aveva portato la luce nel mondo della conoscenza scientifica. Il progetto è basato sull’incastro di forme geometriche: un’immensa sfera cava, alta oltre 150 metri e sorretta da terrazzamenti decorati da cipressi, custodisce il sarcofago sopra il quale pende una sfera armillare, o astrolabio. Boullée progetta così un’immensa macchina scenica in cui il visitatore vive sensazioni intense che lo inducono a una riflessione sull’immensità del cosmo. Alcune fessure praticate nel soffitto avrebbero lasciato penetrare la luce del giorno dando l’impressione di trovarsi sotto la calotta celeste mentre, la notte, l’astrolabio al centro, funzionando come un grande sole artificiale, avrebbe emanato una luminosità intensa. Nonostante la pulizia formale, alcuni elementi del progetto, come l’evidente componente utopica e il confronto con il mistero dell’universo appartengono già alla cultura romantica.

Piermarini e Valadier in Italia

Giuseppe Piermarini (Foligno 1734-1808) fu uno dei protagonisti della stagione architettonica neoclassica italiana; a lui si devono il Palazzo Belgioioso (1772-1781) e il Teatro alla Scala di Milano e la Villa Reale di Monza (1776).

Teatro alla Scala a Milano

Iniziato nel 1776, il Teatro alla Scala (5) fu inaugurato il 3 agosto del 1778. La facciata è organizzata su tre corpi aggettanti; tra questi l’avancorpo centrale è costituito da un portico bugnato terrazzato a cinque ampie arcate (tre sul lato lungo e uno su ciascuno dei lati corti).

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La porzione di facciata del secondo corpo è invece scandita dall’alternanza di semicolonne binate (che si assottigliano agli angoli sino a diventare lesene) e di finestre sormontate da un frontone. La base del frontone è lunga esattamente quanto il porticato. Piermarini abbina al recupero degli ordini classici puri alcuni elementi dell’architettura rinascimentale, come per esempio la corona di balaustre che chiude la sommità dell’edificio, mantenendo tuttavia intatta la simmetria della costruzione. Lo scrittore francese Stendhal, in visita a Milano nel settembre del 1816, resta talmente colpito dall’architettura del teatro da scrivere che «è impossibile immaginare nulla di più grande, più solenne e nuovo».

Piazza del Popolo a Roma

Nel 1809 Roma diviene la seconda capitale dell’Impero napoleonico; il cambiamento politico si traduce in un adeguamento alle norme dell’urbanistica e dell’architettura neoclassica: vengono abbattuti alcuni edifici per lasciar spazio a giardini o a costruzioni dalle forme più lineari e le strade sono rese carrozzabili. Giuseppe Valadier (Roma 1762-1839) è tra gli artefici di quest’evoluzione verso una maggiore funzionalità: nel 1815 l’architetto comincia la riorganizzazione di Piazza del Popolo a Roma (6). L’architetto mantiene l’obelisco egizio al centro della piazza ma elimina la fontana di Giacomo della Porta. Dilata inoltre lo spazio tramite due addizioni laterali, due emicicli di muratura, uno verso il Tevere, e l’altro collegato ai giardini del Pincio con una serie di rampe carrozzabili. In seguito la piazza verrà completata da due propilei ionici progettati da Luigi Canonica che aprono l’entrata al giardino di Villa Borghese (7).

Dossier Arte - volume 3 
Dossier Arte - volume 3 
Dal Neoclassicismo ai giorni nostri