DOSSIER: La Flagellazione

   dossier l'opera 

Piero della Francesca

LA FLAGELLAZIONE

  • 1460-1470 ca.
  • olio e tempera su tavola, 58x81 cm
  • Urbino, Galleria Nazionale delle Marche

    Il tempo e il luogo

    La Flagellazione è forse l’opera più esemplificativa dell’arte di Piero della Francesca e insieme una di quelle più enigmatiche. Si tratta di una tavola di piccole dimensioni, commissionata forse da un privato, ma di cui ancora oscure sono le ragioni di esecuzione. Anche se è generalmente riferita alla corte di Federico da Montefeltro, non è citata negli inventari di Palazzo Ducale, mentre è registrata in un inventario settecentesco del Duomo di Urbino. Alla metà del XIX secolo si trovava ancora nella sacrestia del duomo cittadino. È firmata alla base del trono su cui siede Pilato in lettere capitali romane, alla maniera delle epigrafi classiche: «OPVS PETRI DE BVRGO S[AN]C[T]I SEPVLCRI». 
    Controversa è la datazione dell’opera, ma la padronanza dei mezzi tecnici, unita alla sicurezza e precisione della struttura prospettico-spaziale, suggeriscono un’esecuzione riferibile agli anni centrali del percorso dell’artista, intorno al 1460, o al più tardi al decennio successivo.

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    La descrizione e lo stile

    In un’ambientazione che combina elementi antichi con edifici quattrocenteschi, la tavola raffigura due scene.
    In primo piano, a destra, sono tre personaggi: due indossano calzari, il più giovane è scalzo; in secondo piano, Cristo alla colonna è flagellato dai suoi torturatori, mentre il re Pilato, in trono, assiste alla scena.
    Il dipinto è ancora oggi oggetto di dibattito per quanto riguarda la sua precisa decifrazione iconografica. Il primo problema ruota intorno all’identificazione delle tre figure maschili in primo piano sulla destra e al rapporto con la scena della flagellazione in secondo piano. All’interpretazione tradizionale che identifica il giovane biondo scalzo con Oddantonio, fratellastro e predecessore di Federico da Montefeltro, ucciso appena diciassettenne in una congiura nel 1444 e posto addirittura a confronto con il Cristo flagellato, se ne sono aggiunte altre, ognuna delle quali mostra spunti interessanti e tuttavia non decisivi per sciogliere l’enigma. Le interpretazioni dei due personaggi laterali sono più complesse e spesso si accavallano: si va dallo stesso Federico (a destra) e il suo primo figlio legittimo Guidobaldo a due cattivi consiglieri, responsabili con le loro azioni della morte di Oddantonio, o anche due membri delle famiglie coinvolte nella congiura.
    Forse più verosimile è l’ipotesi che vede nel quadro non una celebrazione di Oddantonio, ma un riferimento alla politica contemporanea urbinate. Secondo l’interpretazione della storica Silvia Ronchey, del 2006, che non manca tuttavia di alcune incongruenze, tutte le figure sarebbero legate a Giovanni Bessarione, il delegato bizantino che aprì il Concilio di Ferrara e Firenze del 1438-1439 per la riunificazione delle Chiese orientale e occidentale. Il Cristo flagellato rappresenterebbe allora sia Costantinopoli, assediata dagli Ottomani, sia in senso più ampio la cristianità intera. Ponzio Pilato sarebbe così Giovanni VIII Paleologo, l’imperatore bizantino, mentre le tre figure sulla destra rappresenterebbero da sinistra, Bessarione, il fratello dell’imperatore, Tommaso Paleologo, futuro imperatore, quindi scalzo, e Niccolò III d’Este, signore di Ferrara, città dove ebbe inizio il Concilio. Piero della Francesca dipinge quasi vent’anni dopo il Concilio, quando Costantinopoli è ormai conquistata dagli Ottomani: la tavola sarebbe così un riferimento e insieme un invito alla crociata, invocata da papa Pio II e da Bessarione. Nonostante queste molteplici proposte, ancora ci sfugge il significato complessivo del dipinto: questo doveva essere tuttavia chiaro al committente quattrocentesco, che probabilmente suggerì al pittore la scelta di precisi rimandi iconografici che facilitassero l’identificazione per i contemporanei di Piero, come per esempio, gli elaborati indumenti dei personaggi in primo piano.
    Come in altri suoi dipinti, l’orizzonte è situato piuttosto in basso, mentre l’asse che divide in due parti ben distinte l’opera, coincide con l’ultima colonna della fila destra dell’ambiente in cui si svolge la flagellazione. Dal punto di vista prospettico il dipinto è uno degli esempi più alti del Rinascimento italiano, non soltanto per la realizzazione pittorica, ma soprattutto per quanto riguarda l’esattezza matematica della restituzione dello spazio e delle figure, al punto che in passato sono state proposte ricostruzioni grafiche della Flagellazione in pianta e in alzato.

    Dossier Arte - volume 2
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