La pittura fiamminga

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La pittura fiamminga

La nuova visione rinascimentale affermatasi nella prima metà del XV secolo ha origine in due luoghi ben definiti: a Firenze (e da qui nel resto della Penisola) e, pressoché negli stessi anni, nelle Fiandre, o per meglio dire, negli antichi Paesi Bassi, appartenenti al Ducato di Borgogna con capitale a Bruxelles. Questi ultimi erano caratterizzati nel primo quarto del XV secolo da una notevole prosperità economica, fondata sulla ricchezza mercantile e finanziaria di alcuni centri: Gand, Bruges, Tournai e Bruxelles. 
In particolare, la città di Bruges riveste un ruolo fondamentale per favorire lo scambio tra la cultura fiamminga e quella fiorentina. Numerosi mercanti fiorentini residenti nei Paesi Bassi commissionavano dipinti ai maggiori artisti fiamminghi e li inviavano in patria; i medesimi mercanti spesso portavano con loro al Nord opere toscane. Bruges era al centro di questa rete di scambi: era infatti la sede della più importante filiale europea del Banco dei Medici, alla cui direzione si susseguirono gli esponenti più prestigiosi dell’aristocrazia mercantile e finanziaria fiorentina: i Tani, i Portinari, i Baroncelli. Il proficuo movimento di opere di cui furono responsabili questi committenti crea riflessi tangibili in molti pittori fiorentini della prima metà del secolo: saranno profondamente influenzati da queste novità molti artisti attivi in Toscana, da Beato Angelico a Filippo Lippi, da Andrea del Castagno a Domenico Veneziano. In tutti questi pittori si ritrova chiarissimo il più importante insegnamento fiammingo, quello sulla valenza unificante della luce e la sua capacità di distribuirsi omogenea sulla superficie pittorica. Caratteristica della pittura fiamminga è anche una visione analitica della realtà: ogni dettaglio, del paesaggio, della natura, delle vesti dei personaggi è descritto con attenzione minuziosa. 

Rogier van der Weyden

Un esempio del diretto scambio e contatto tra l’universo pittorico fiammingo e quello fiorentino è sicuramente il viaggio in Italia di Rogier van der Weyden (Tournai 1399 ca.-Bruxelles 1464). Questi raggiunge Roma in occasione del Giubileo del 1450, effettuando varie tappe presso le corti di Milano, Mantova, Ferrara, Firenze e Napoli: l'itinerario gli permette di assumere un ruolo di primo piano nell'ambito del mutuo dialogo fra le due culture. Il grande artista fiammingo non esiterà a reinterpretare l'opera dei maggiori pittori italiani, come nel caso del suo Compianto sul Cristo morto degli Uffizi, eseguito per la corte estense di Ferrara, chiaramente ispirato al Compianto di Beato Angelico (► p. 78). 

Deposizione 

Caratteristica della sua arte è la capacità di rendere i materiali più diversi tramite sottili variazioni dei riflessi luminosi, come è già evidente nella giovanile Deposizione (84) ora al Prado di Madrid, databile tra il 1433 e il 1435, realizzata per la Chiesa di Notre-Dame nella città belga di Lovanio. Il pannello, che forse in origine era parte di un trittico, presenta una composizione emozionante e drammatica: Maria ricalca la posa di Cristo, a sottolineare la sua partecipazione anche fisica alle sofferenze del figlio, e tutta la scena si svolge in una finta nicchia, poco profonda, che le figure molto plastiche, quasi sculture dipinte, occupano per intero.

Madonna Medici 

A Firenze Van der Weyden esegue invece la cosiddetta Madonna Medici (85), raffigurante la Madonna del latte in piedi tra i santi Pietro, Giovanni Battista, Damiano e Cosma. Il dipinto fu commissionato con ogni probabilità dai Medici, forse da Piero e Giovanni, figli di Cosimo il Vecchio, ed è un’interessante testimonianza di come i fiorentini apprezzassero le novità prodotte nelle Fiandre. Al confronto con i contemporanei esempi italiani, presenta due importanti innovazioni tecniche: è eseguito su due tavole di legno di quercia, al pari della maggioranza delle opere fiamminghe, mentre in Italia si prediligeva il legno di pioppo, ma soprattutto si tratta di un dipinto a olio, una tecnica che in realtà ha origini antiche, ma che furono indiscutibilmente gli artisti fiamminghi a perfezionare e usare in maniera sistematica. In questa tecnica (► p. 139), i pigmenti ottenuti dalla macinazione di sostanze coloranti di origine vegetale o animale erano mescolati a oli; ne risulta così una pittura molto fluida, con effetti di luminosità finora ignoti all’arte italiana.
La Madonna Medici costituisce un chiaro esempio di molte delle caratteristiche che colpiranno il gusto dei committenti e dei collezionisti italiani. Ogni dettaglio è trattato con una cura quasi maniacale , dal baldacchino, foderato da preziose stoffe damascate, fino al movimento sospeso con cui ogni santo compie un gesto caratteristico della sua leggenda: Cosma, per esempio, sta mettendo una moneta nel borsello appeso alla cintura, riecheggiando così l'episodio in cui fece infuriare il fratello Damiano che lo accusava di avidità per aver accettato da una donna un piccolo compenso per una prestazione medica.

Dossier Arte - volume 2
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Dal Quattrocento al Rococò