La descrizione della vita quotidiana

   4.  IL SETTECENTO >> Il Rococò e il vedutismo

La descrizione della vita quotidiana

Giuseppe Maria Crespi e la scena bolognese 

Nel Settecento Bologna è un centro di grande vivacità culturale: vi risiedono artisti, scrittori, eruditi, scienziati di fama internazionale. Prevale, in ambito figurativo, un orientamento naturalistico contemperato di classicismo, di ascendenza carraccesca. L'istituzione dell'Accademia Clementina, nel 1710, corrisponde al proposito di preservare l'eredità secentesca e spingere i giovani artisti a intrecciare intimamente studio della natura ed elaborazione formale. Nel contesto artistico cittadino spicca Giuseppe Maria Crespi (Bologna 1665-1747), particolarmente apprezzato per le scene di genere. Nella sua opera si uniscono due tradizioni naturalistiche, quella italiana e quella fiammingo-olandese. Attivo anche come pittore di storia e mitologia, Crespi svolge temi in apparenza "minori" riconoscendo loro pari dignità: avvicina figure popolari e situazioni quotidiane con gravità quasi religiosa.„ 

La sguattera 

Proprio nell'ambito dei temi "minori" si inscrive La sguattera (22), una composizione databile al 1725 circa. In una cucina tenuta nell'oscurità la figura di una servitrice è mostrata intenta a lavare i piatti. Alla sua destra la piccola fiamma, le braci di un fuoco acceso. Scorgiamo anche un gatto che sonnecchia sulla sedia. La luce scende dall'alto e illumina la donna a mo' di pioggia, modellando morbidamente le superfici. Le ombre si insinuano in profondità tra le pieghe, gli interstizi, i margini dei corpi accentuandone pienezza e rotondità. Tra la figura femminile e le cose si stabilisce un rapporto di fiduciosa intimità, intenso e quieto. Le brocche riposano sugli scaffali e attendono al posto consueto. I piatti asciugano in verticale sul piano d'appoggio. Il mantice spicca al di sotto della trave del camino. Il quadro è un invito all'osservazione psicologica e di costume. La sguattera è rivolta non verso di noi ma verso la parete di fondo: non ne incontriamo lo sguardo. Ricostruiamo il suo mondo interiore da gesti e ambientazioni. Nel suo modesto angolo di regno la donna è sovrana.

Giacomo Ceruti 

Ritrattista affermato, Giacomo Ceruti (Milano 1698-1767) dipinge quadri di soggetto religioso e nature morte. Deve tuttavia la sua notorietà alle immagini di poveri e "pitocchi": mendici, pellegrini, contadini, artigiani minuti impegnati nelle loro attività quotidiane o colti in momenti di pausa. Vicino a pittori secenteschi animati da propositi religiosi come i fratelli Le Nain o Murillo, Ceruti è interprete di un'arte dall'aspetto semplice e popolare; i personaggi dei suoi quadri sono contadini indigenti e poveri delle città. La committenza di Ceruti è aristocratica: le immagini di povertà edificano,attestano consuetudini filantropiche, muovono in taluni casi al riso secondo quanto stabilito dalla tradizione carraccesca. Ragazzo con cane (23) è un'immagine sottilmente allegorica: tenuta sui toni del bruno e del nero, ha un apice cromatico in corrispondenza del cappello rosso. Non è un ritratto, come pure può sembrare, m aun elogio moraleggiante della concordia e della fedeltà: il proposito edificante sorregge lo studio delle apparenze naturali.

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Alessandro Magnasco

Alessandro Magnasco (Genova 1667-1749), detto anche il Lissandrino, è artista che sfugge a facili classificazioni. Nato a Genova e formatosi giovanissimo con il padre Stefano, è a Milano già nel 1677, assistente di bottega. Si dedica alla produzione di scene religiose e di genere e collabora, in qualità di pittore di figure, con paesaggisti, vedutisti e autori di capricci. A Firenze per lunghi periodi tra il 1703 e il 1711, studia i pittori olandesi e fiamminghi prediletti dai granduchi medicei. Forte di una pittura di singolare intensità e violenza, che intreccia i colori freddi e le forme emaciate di El Greco all’impetuosa e fluente pennellata rubensiana, torna a Milano e vi rimane fino al 1735. In contatto con le famiglie dell’aristocrazia "illuminata", si specializza nella raffigurazione di temi inusuali: riunioni di quaccheri, convegni di briganti, tribunali dell’Inquisizione, santi ed eremiti. Evoca un mondo miserabile e attraversato da pulsioni primarie, brutale e pervaso di tenebra, dove persino la santità è accompagnata da violenza: ladri che irrompono nella chiesa commettendo furto sacrilego, torture ecclesiastiche, delinquenti accampati ai piedi di dilapidate rovine, eremiti estenuati da privazioni feroci. La posizione dell’artista riguardo alle scene raffigurate non è chiara, anche se sembra di poter scorgere spunti di satira o propositi di denuncia: incultura, pregiudizio, avidità e fanatismo sono obiettivi polemici.

Cappuccini attorno al camino 

In questa tela (24) Magnasco appaga la propensione enigmatica e bizzarra: eseguiti con pennellate veloci e serpentine, dalle figure allungate, i frati appaiono stringersi alla fiamma in un grande refettorio umido e oscuro. L’artista li ritrae in quieta operosità o riposo. Molti leggono, alcuni dormono. Un gran vecchione si appoggia al bastone sulla destra; ai suoi piedi vediamo una scimmia. All’animale spesso si associano al tempo atteggiamenti di sensuale e sciocca vanità: il suo inserimento nell’immagine "fratesca" equivale forse, da parte dell’artista, a una caustica postilla, un commento moraleggiante sull’esteriorità della fede se sprovvista di vocazione.

Predica ai monaci penitenti 

In questo secondo dipinto (25) anch’esso dedicato a frati, le figure sono raccolte attorno al frate più anziano, seduto al centro, ancora in un ambiente oscuro in cui la luce cade a illuminare il teschio sovrastato dal Crocifisso. Molti dei frati, tutti col capo chino, sono inginocchiati e i due in primo piano quasi prostrati in un’atmosfera di scenografica teatralità.

Dossier Arte - volume 2
Dossier Arte - volume 2
Dal Quattrocento al Rococò