4.  IL SETTECENTO

Il Rococò e il vedutismo

Il Rococò: il gusto del capriccio, dell'irregolarità, della sorpresa

Al grande fervore Intellettuale che distingue il XVIII secolo si accompagnano, nelle arti, un’estrema varietà di stili e tendenze e una sorprendente rapidità di cambiamento. La prima metà del secolo è caratterizzata dall’affermazione di un orientamento bizzarro e prezioso, ricercato e stravagante insieme, chiamato convenzionalmente Rococò. Il termine deriva da rocaille, "roccia artificiale", o meglio roccia in forma di valva di conchiglia diffusa nelle grotte, pure artificiali, dei giardini italiani manieristi e barocchi. Il gusto della rocaille è dunque quello della roccia o della valva, ma per traslato anche di innumerevoli altri motivi ornamentali tratti dal mondo naturale organico e inorganico (fiori, frutta, alghe, foglie, radici, pavoni e perfino draghi alati di origine orientale). Tra gli anni Venti e Trenta del secolo questo stile passa in Francia e si dispiega non più solo in ambienti esterni ma nelle sale e negli arredi di palazzo. È un gusto per l’eccessivo e il bizzarro, per l’imitazione delle apparenze spinta sino all’estremo limite dell’artificio e al tempo stesso svelata come gioco, capriccio, divertimento volubile e passeggero; per il dettaglio esotico, sorprendente, arcano. Il Rococò è uno stile ornamentale, che si diffonde soprattutto nella decorazione architettonica. Con riferimento al solo caso francese, tuttavia, possiamo parlare di Rococò anche a proposito delle arti figurative "maggiori" (secondo la gerarchia accademica in vigore al tempo). In pittura prevalgono orientamenti sensuali e malinconici, arcadici: temi della poesia amorosa classica ed episodi desueti della mitologia sono reinterpretati con grazia o sofisticata malizia cittadina. Si accentua, in pittori come Watteau, Boucher e i tanti emuli o seguaci, la ricerca di delicati effetti atmosferici e il gusto per colori morbidi e accesi.
All’epoca in Francia si parla di Rubenisme: i pittori rococò condividono la più grande ammirazione per la pittura fluida e cangiante di Rubens unita all’interesse per motivi "minori", come scene campestri, danze, episodi tratti dalla commedia dell’arte.
A differenza del grande precursore fiammingo, si preferisce però disinteressarsi alla storia politica o militare e alla loro drammatica gravità. In scultura il proposito di illusione vince sulla severità, e gli artisti rivaleggiano nel desiderio di trasmettere alle forme scolpite il senso del movimento, quasi del fremito e della calda pulsazione organica.

Internazionalità dell'arte italiana

La vitalità artistica e culturale della Penisola non appare diminuita da decenni di guerre e tentativi di annessione. Roma, Napoli, Bologna, Genova e soprattutto Venezia sono centri di livello europeo e la notorietà raggiunta dagli artisti italiani all’estero è senza precedenti: li troviamo attivi presso questa o quella corte, responsabili di questo o quel progetto di palazzo, arredo, affresco.
Si consolida l’attenzione ai temi sociali e l’arte trae spunto dall’osservazione in misura inedita: emergono orientamenti critici e di denuncia anche aspri e più in generale si sviluppa una complessa percezione del mutamento che investe la Penisola, non importa se frammentata in senso politico, economico, linguistico.

La veduta

Lo sviluppo del turismo internazionale favorisce nuovi generi figurativi e modi di comprendere l’opera d’arte da parte di facoltosi collezionisti. Il Settecento è il secolo del Grand Tour, del viaggio di formazione in Italia: giovani aristocratici di tutta Europa girano la Penisola accompagnati dai loro precettori. Hanno facoltà di spesa, talvolta si interessano di arte e desiderano portare in patria ricordi dei luoghi visitati: quadri recanti vedute fedeli o fantastiche di città, monumenti, campagne. La richiesta di quadri-souvenir spinge non pochi artisti a specializzarsi in un genere, quello della veduta, che ha in Canaletto, Bellotto e Guardi gli esponenti più celebrati e presto di fama internazionale.

Dossier Arte - volume 2
Dossier Arte - volume 2
Dal Quattrocento al Rococò