Donatello

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Donatello

La data di nascita di Donatello (Donato di Niccolò di Betto Bardi, Firenze 1386?-1466) è incerta: secondo alcuni documenti sarebbe nato nel 1386, secondo altri nel 1390 o, meno probabilmente, nel 1383. In ogni caso, tra il 1404 e il 1407 Donatello, giovane e talentuoso, è a bottega da Ghiberti, dove fa pratica sia come orafo sia come scultore in bronzo, anche se già entro il 1406 è attivo come scultore di marmi. D’importanza fondamentale per la sua formazione è certamente il viaggio a Roma compiuto nel 1402 con l’amico e collega Filippo Brunelleschi, più anziano di circa dieci anni, per studiare e copiare le opere della tradizione classica. Nel 1404 Donatello è di ritorno a Firenze, per collaborare fino al 1407, nella bottega di Ghiberti, alla creazione dei modelli in cera per la porta nord del Battistero, un’esperienza sicuramente fondamentale per la sua formazione. 
 Accanto all’architetto Brunelleschi e al pittore Masaccio, Donatello completa la triade dei padri fondatori del Rinascimento italiano: egli contribuì in modo fondamentale al rinnovo della scultura e all’abbandono degli stilemi tardogotici che ancora caratterizzavano l’arte del suo maestro Ghiberti.
Donatello muore a Firenze nel 1466, vent’anni dopo Brunelleschi e quasi quarant’anni dopo Masaccio: nella sua lunghissima carriera produce opere per Firenze e la vicina Prato, ma anche per Padova, dove si trasferisce per un decennio.

Gli esordi a Firenze

San Giovanni evangelista 

Una delle prime opere documentate, eseguita nel contesto della collaborazione con la bottega di Ghiberti, è il San Giovanni evangelista, commissionato nel 1408 per decorare una nicchia della facciata della cattedrale fiorentina, all’epoca ancora incompiuta (41). La statua fu probabilmente realizzata solo alcuni anni dopo, attorno al 1413-1415 ed è testimonianza esemplare della prima attività dello scultore. Già in quest’esemplare precoce, infatti, si riscontrano alcune caratteristiche peculiari della sua lunga parabola artistica: la forte concentrazione espressiva, il timbro emotivo grave, la complessa, tormentata articolazione dei panneggi. Anche se la posa elegante e la definizione dei riccioli dei capelli e della barba denunciano ancora l’eredità gotica, la figura rispetto al passato si muove più liberamente nello spazio, con il busto frontale, la testa leggermente inclinata, le gambe che accennano un moto, come se il santo stesse per alzarsi. Il volto è concentrato e severo, i panneggi, soprattutto nella parte inferiore del corpo, si dispongono liberamente intorno alle gambe, seguendone il movimento appena accennato.

Crocifisso di Santa Croce

 Tra le prime prove dell’artista è anche il Crocifisso eseguito per la Basilica di Santa Croce a Firenze tra il 1406 e il 1408 (42). Secondo un aneddoto, Brunelleschi, che era legato da profonda amicizia con lo scultore, affermò dopo averlo visto che Donatello «avesse messo in croce un contadino, et non il corpo di Christo» e decise così, come prova d’artista, di reagire con un elegante e armonioso Crocifisso  (43). La veridicità del racconto è messa in dubbio da alcuni studiosi, anche perché trascorrono alcuni anni fra l’esecuzione delle due opere. Tuttavia l’aneddoto riflette in qualche modo l’impatto sconcertante suscitato dal naturalismo quasi brutale che caratterizza l’opera di Donatello: il Cristo è costruito sottolineando la sofferenza e la verità umana del soggetto, forse anche per soddisfare le richieste dei committenti francescani, sempre interessati a figure patetiche che colpissero i fedeli, facendoli partecipare alle sofferenze di Gesù. Non a caso, come nei crocifissi devozionali medievali, le  braccia del Cristo sono snodate: nei riti della Pasqua la statua poteva essere spostata dalla sua collocazione, portata in processione e addirittura fatta muovere. 
Il corpo sofferente della statua donatelliana è composto con un modellato energico e vibrante e si dispone sulla croce in modo quasi sgraziato. Il dolore fisico è evidenziato anche dai lineamenti contratti del volto, con la bocca dischiusa, gli occhi semiaperti, i capelli incollati dal sudore.      

Le statue per Orsanmichele

Come già per Ghiberti, le commissioni più importanti della fase giovanile arrivano a Donatello dalle corporazioni fiorentine delle Arti, che avevano la loro sede nella Chiesa di Orsanmichele. Dal 1411 inizia infatti a lavorare alla decorazione delle nicchie di Orsanmichele, realizzando alcune statue, tra cui San Marco e San Giorgio. 

San Marco 

L’evangelista Marco era patrono dei linaioli, e documentata è la commissione dell’Arte a Donatello nel 1411, che si impegnò a consegnare entro il 1° novembre del 1412 la scultura finita, «dorata e ritta con ogni ornamento opportuno» (44) . In realtà la statua fu probabilmente completata e collocata nella sua nicchia l’anno successivo. Significativo è che alcuni cronisti raccontino come, vista da terra, nella bottega, la statua non piacque ai committenti, che proposero al maestro alcune modifiche. Una volta però collocata nella nicchia, l’opera risultò perfetta: l’aneddoto permette di capire che Donatello, nel concepire la statua, aveva ben presente le condizioni di visibilità della sua opera, situata a un’altezza lievemente maggiore rispetto allo sguardo di un passante e quindi alcune lievi sproporzioni si sarebbero annullate con la posizione rialzata.
L’evangelista, barbuto e solenne, assomiglia a un filosofo antico: il suo corpo massiccio sporge leggermente dalla nicchia, con una posizione che non è perfettamente frontale e che vivacizza la composizione.

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San Giorgio 

La rottura definitiva con la tradizione gotica avviene in modo deciso con il San Giorgio (45), eseguito sempre per una nicchia di Orsanmichele per l’Arte dei Corazzai e Spadai tra il 1417 e il 1420. Il santo è raffigurato nelle vesti, classiche, di un condottiero romano, saldo sulle gambe e appoggiato a un ampio scudo, mentre la spada in bronzo stretta nella mano sinistra è oggi scomparsa. Solenne, fermo, concentrato, sembra in procinto di muoversi dalla nicchia, lo scudo è infatti appena ruotato, mentre i due piedi, disposti secondo lo schema classico del chiasmo, impongono a tutto il corpo una leggera rotazione. Sul basamento del condottiero, Donatello raffigura un episodio raccontato nella raccolta medievale di vite di santi composta da Jacopo da Varagine, la Legenda Aurea, con il santo che lotta con un drago per liberare una principessa.
Per rendere la tridimensionalità, l’artista applica per la prima volta in scultura l’invenzione brunelle-schiana della prospettiva. Crea infatti per lo sfondo il celebre "stiacciato", un rilievo, schiacciato, molto basso e spesso soltanto pochi centimetri, che serve a dare l’illusione della distanza  (45).

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La compagnia con Michelozzo e le opere della maturità

Dal 1425 al 1433 circa Donatello formò una "compagnia", associandosi con lo scultore e architetto Michelozzo di Bartolomeo (1396-1472): Michelozzo era molto affermato in città e soprattutto vicino alla ricchissima famiglia di banchieri dei Medici. Questo permise a Donatello di accrescere i suoi contatti, e di ricevere prestigiose committenze. Tra il 1430 e il 1433 Donatello è di nuovo a Roma, questa volta con Michelozzo: studia l’arte classica, ma anche quella paleocristiana e, al suo ritorno a Firenze, avvia una bottega propria.

Convito di Erode 

A testimonianza della fama sempre maggiore raggiunta dallo scultore, nel 1423 Donatello ricevette dall’Opera del Duomo di Siena la commissione di un rilievo in bronzo dorato raffigurante il Convito di Erode (46), consegnato poi nel 1427. Il rilievo era destinato al fonte battesimale del Battistero di Siena e racconta l’episodio del Vangelo di Marco: Salomè, figliastra del re Erode, dopo aver magnificamente danzato, ottiene dal re che un suo desiderio sia esaudito. Sobillata dalla madre Erodiade, la fanciulla chiede e ottiene la testa di Giovanni Battista, che aveva condannato la scandalosa condotta della coppia reale.
Il bassorilievo è d’importanza fondamentale nell’ambito degli sviluppi della raffigurazione dello spazio interno, poiché l’artista rinuncia per la prima volta a mostrare l’intero edificio in cui si svolge la scena e si sofferma solo su una sezione, funzionale a concentrare l’azione drammatica, con il servo inginocchiato che presenta al re la testa di san Giovanni su un piatto, mentre gli altri convitati reagiscono con sconcerto. Lo spazio prospettico è reso da Donatello attraverso l’uso dello "stiacciato", già sperimentato nel basamento del San Giorgio, sfruttando solo 7 cm di profondità. In questo piccolissimo spessore, tutti i piani sono scalati con estrema perizia, dal rilievo sporgente dei personaggi, fino ai musici in secondo piano, appena disegnati, o agli archi incisi sullo sfondo. Alla perfetta illusione di uno spazio tridimensionale contribuisce anche il pavimento, il cui decoro bicromo imposta le linee di fuga della composizione.

Dossier Arte - volume 2
Dossier Arte - volume 2
Dal Quattrocento al Rococò